Macabro rinvenimento minatorio recato presso l’abitazione del Gip M.Francesca Mariano
Una testa di capretto scuoiata, e trafitta interamente da un grosso coltello, è quanto la Giudice per le indagini preliminari della Corte d’Assise di Lecce Maria Francesca Mariano, già sotto scorta per precedenti avvertimenti di carattere minatorio dei suoi confronti assieme al pubblico ministero Carmen Ruggiero, ha rinvenuto sull’uscio della propria abitazione a Lecce, poco dopo la mezzanotte di ieri. La testa dell’animale, porta su un pezzo di cartone, risultava “illustrata” da un’inquietante scritta che recitava semplicemente: “Così”.
L’increscioso episodio ha determinato un’immediata riunione, nella mattinata di venerdì, del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica da parte del prefetto di Lecce Luca Rotondi, al quale hanno preso parte i vertici delle forze dell’ordine, al fine di stabilire nuove, ulteriori, misure di sicurezza per le due professioniste. Il Gip Mariano, del resto, è un personaggio in vista anche in virtù delle iniziative pubbliche sui temi della legalità alle quale prende parte.
Le due magistrate erano state raggiunte lo scorso anno, in due occasioni, già da minacce scritte, nel caso del Gip Mariano pervenute addirittura fin sulla sua scrivania di lavoro e vergate con del sangue, verosimilmente prodotte dalla stessa mano, con riferimenti di carattere satanico e con allusione alla morte. La direzione nella quale gli inquirenti si stavano muovendo per addebitare la matrice di quelle lettere, si era diretta nei confronti del clan della SCU Lamendola-Cantanna, al centro dell’operazione “Wow”, che ha portato al rinvio a processo di ben 38 affiliati, operanti nel brindisino, ai quali si contestano reati quali l’associazione mafiosa, il traffico di stupefacenti, tentati omicidi, la detenzione ed il porto illegale di armi, estorsioni, violenza privata e lesioni personali, ricettazione e autoriciclaggio.
In particolare, Gianluca Lamendola ed il padre Cosimo, considerati rispettivamente capo e organizzatore del clan, sono stati arrestati a seguito di un breve periodo di latitanza passato, rispettivamente, in l’Emilia e in Valle d’Itria. Il 34enne aveva poi voluto, nell’interrogatorio di garanzia, prendere le distanze dalle lettere minatorie, dichiarando di non esserne lui il responsabile, pur avvalendosi per il resto della facoltà di non rispondere.