Zona 30 già attuata in Puglia. Sicurezza ok, qualità dell’aria no.
L’ultima polemica politica nazionale è sorta a seguito del provvedimento politico emanato dalla giunta di centro-sinistra alla guida del Comune di Bologna di emanare una zona “30” nell’area urbana, con sanzioni amministrative annesse a prova di autovelox. Si tratta di un’idea che rientra all’interno della cosiddetta “mobilità sostenibile”, una locuzione con la quale si intendono indicare gli stili di guida, le modalità d’uso dei veicoli ed anche la scelta degli stessi in funzione di parametri quali l’impatto ambientale e la sicurezza maggiore per tutte le categorie di utenti che utilizzano le strade: automobilisti pedoni e ciclisti le principali.
La scelta effettuata dall’amministrazione felsinea ha trovato, paritariamente, grandi consensi nel mondo ambientalista e dissensi nei settori della Maggioranza di governo, a partire dal ministro dei Trasporti Matteo Salvini il quale, già intenzionato a porre una normativa nazionale che regoli il ricorso indiscriminato da parte delle amministrazioni cittadine agli autovelox, ha annunciato un provvedimento ministeriale d’indirizzo organico per la prossima settimana, a partire dalla necessità di far coesistere l’obiettivo della sicurezza stradale con pratiche che non siano vessatorie nei confronti dell’automobilista che rispetti il codice della strada.
Nei comuni capoluogo pugliesi sono per la verità già tante le realtà nelle quali specifiche aree urbane sono sottoposte al vincolo, più o meno prescrittivo della “zona 30”: Bari e Lecce, Taranto e Brindisi, ma anche centri più piccoli, sperimentano l’utilizzo di dissuasori di velocità come i dossi artificiali, anche pedonali, allo scopo di rallentare, anche forzatamente, la velocità con cui procedono le automobili. Sul Quotidiano di Brindisi di oggi sono ospitate le testimonianze dei rispettivi responsabili dell’ordine pubblico e della sicurezza stradale, e tutti concordano sul fatto che le limitazioni della velocità rendono più sicure le strade e meno problematici, di conseguenza, gli eventuali incidenti.
Questa è un’evidenza solare, sebbene giovi ricordare come, nelle grandi città, pedoni e ciclisti sono a rischio per la mole di traffico, non tanto per un fatto di velocità, quanto per il volume dei mezzi a motore in circolazione, tanto è vero che a Milano molti incidenti mortali, negli ultimi mesi, sono stati causati del fatto che mezzi pesanti quali corriere e camion per la raccolta rifiuti hanno investito delle persone svoltando per una strada, quindi a bassa velocità, semplicemente perché l’autista, dalla sua postazione, non è in grado di scorgere un passante o una persona in bicicletta, se la incroci in una curva.
C’è però un altro aspetto per il quale le zone 30 sono state introdotte, quello di abbassare il tasso di inquinamento dell’aria grazie alle minori, supposte, emissioni degli scarichi. Ebbene su questo, una ricerca condotta nel 2018 dal CNR, il Centro Nazionale per le Ricerche, massima autorità italiana in materia di tecnologia, smentisce le motivazioni “green” del comune di Bologna.
Il minimo delle emissioni inquinanti per le vetture a benzina (grafico a sinistra) si ha intorno ai 50 km/ora, mentre per i Diesel intorno ai 70 km/ora. Tra 0 e 30 km/ora le emissioni aumentano molto significativamente: per i benzina del 50% e per i diesel fino al 500%. Inoltre vi è pure la beffa che per i veicoli a benzina che marciano sotto i 30 km/ora risulta che le vetture Euro 4 inquinano meno delle euro 6 o 5. Come dimostra il grafico di copertina, l’inquinamento da traffico potrebbe addirittura aumentare, anche in ragione del fatto che, rallentando la circolazione, i veicoli inquineranno per un più lungo arco di tempo a parità di chilometri.
Quindi in conclusione, tirando le somme, questione sicurezza più sì che no, questione ambientale pare proprio di no.