Quella di Antonio Picciolo era una morte evitabile? Il Perrino sprovvisto di radiologia interventista.

La morte del 39enne brindisino Antonio Picciolo, venuto a mancare a causa di un’emorragia cerebrale presso il SS. Annunziata di Taranto ma dopo aver perso, inutilmente, tre forse decisive ore di tempo presso l’ospedale “Perrino” di Brindisi, sprovvisto del reparto di radiologia interventista e del relativo medico specialista, ha scosso profondamente l’opinione pubblica locale ed il mondo della politica, che ora si è attivata, sull’onda emotiva seguita al tragico evento, per cercare di porre rimedio alla situazione.
Sono due le iniziative più significative prese in queste ultime ore: un’interrogazione parlamentare, depositata dal parlamentare di Forza Italia brindisino Mauro D’Attis, e rivolta al Ministro della Salute Orazio Schillaci, per chiedere un’ispezione urgente al fine di verificare come sia possibile che un ospedale di II livello, quale è sulla carta il Perrino sia sprovvisto, da anni, di un reparto importantissimo nelle situazione d’emergenza, nelle quali è in gioco la vita delle persone. La politica regionale, invece, si è impegnata per dedicare alla questione una seduta monotematica della Commissione Sanità regionale, che si terrà il prossimo martedì, decisione presa dopo una telefonata fra il sindaco di Brindisi, Giuseppe Marchionna, ed l’assessore regionale alla Sanità, Rocco Palese.
Ma come si è arrivati a questo punto? Radiologia interventista era uno dei reparti fiore all’occhiello dell’ospedale Perrino, nei primi anni dalla sua inaugurazione, avvenuta nel 2000, così come lo era del resto l’Utin, il reparto riservato alla rianimazione neonatale, recentemente chiuso. La direzione generale dell’ASL di Brindisi fa presente che la situazione incresciosa è venuta a crearsi a seguito dell’assenza di medici specialisti in radiologia interventista, e che peraltro il concorso svolto nel 2022 per reperirne uno, è andato deserto. Come si è cercato di supplire, allora? Lo si è fatto cercando di stipulare convenzioni con specialisti in servizio presso gli ospedali di Taranto e di Lecce, gli stessi ai quali si è dovuta chiedere la “carità dell’accoglienza” nella notte dell’Epifania, perdendo ore forse determinanti nel rendere la situazione medica del giovane padre brindisino purtroppo irreversibile. Anche in questo giunge facile il parallelismo con l’Utin, giacché anche per la neonatologia la direzione ASL del Perrino è dovuta andare alla ricerca di ben remunerate prestazioni esterne con medici provenienti in questo caso da Bari, prima di alzare definitivamente bandiera bianca.