La violenza della bestia, quando l’idillio amoroso diventa un incubo
La violenza della bestia, quando l’idillio amoroso diventa un incubo Ci siamo sempre chiesti cosa spinge gli uomini ad essere violenti e non siamo riusciti a trovare una risposta che non sia quella che da Benedetto Croce ad Asimov veniva definita come una “debolezza”, una sorta di rifugio di quelli che vengono definiti degli “incapaci sociali”.
Il terzo millennio che sta correndo velocemente, ci fa porre degli interrogativi perché i dubbi sono tanti sulla condizione della bestialità umana. Ma la cosa che più colpisce è, la giovane età dei protagonisti (o del protagonista-bestia), perché se una relazione finisce, finisce!
Finiscono le passioni, finiscono le magie degli incontri, non c’è più la dolcezza degli sguardi e quando inizi a capire che stai insieme ad un corpo quasi estraneo dove ogni sentimento è stato consumato, dove l’inesorabile avidità del tempo ha usurato un rapporto, lì occorre finire perché non c’è nessuna storia d’amore più importante della vita stessa.
La gelosia dev’essere forma soave di un sentimento, la bellezza di misurare quel senso amoroso che sfocia nel piacere dei sensi e non un ossessivo crimine fatto di violenza e di persecuzione.
Quella non è gelosia, è malattia, patologia grave da sottoporre a terapia medica.
Una cosa è certa al di là di ogni ragionevole dubbio, che in quest’ultima storia terrificante, ci saranno delle “merde umane” che resteranno tali.
La violenza della bestia, quando l’idillio amoroso diventa un incubo
Si è soliti pensare che, chi picchia una donna, sia un delinquente, di poca cultura, dall’aspetto rude, ma non è sempre così. Spesso si nasconde dietro una apparente faccia insospettabile.
La storia di Giulia è la storia di un amore disfunzionale, ma lei lo sapeva. Vittima di soprusi e maltrattamenti da parte di un uomo, il suo uomo. In Italia nell’82% dei casi chi fa violenza su una donna, non bussa, ha le chiavi di casa.
La violenza di genere è un problema di tutti, non solo di Giulia, riguarda ogni regione d’ Italia, non rileva la cultura, il censo, è un fenomeno trasversale.
Solo i pregiudizi e gli stereotipi di genere, costituiscono la matrice della violenza contro le donne, favorendo la concretizzazione dell’aggressività maschile in violenza agita fuori e dentro le mura domestiche, nella quasi collettiva difficoltà ad accettare i cambiamenti palesatesi negli ultimi anni che hanno e stanno provocando una profonda crisi nella storica asimmetria relazionale tra uomo e donna. Il processo di individuazione delle donne, sembra stia destabilizzando il predominio dell’uomo capo famiglia.
Voltaire disse che “Soltanto i deboli commettono crimini: chi è potente e chi è felice non ne ha bisogno”, ma nemmeno nel Medioevo che tanto ha dato alla civiltà moderna, accadevano simili nefandezze.
Quella bestia di nome Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, quella bestia era un debole, altrimenti non si spiegherebbe la sua reazione drammatica, il suo sentimento di non accettazione di un sentimento finito, perché un uomo che non si è fatto scrupolo ad accoltellare, inveire ed occultare il cadavere, così freddamente e senza esitare contro la sua la sua ragazza, la “sua” Giulia. Era una bestia debole!
Un corpo martoriato quello di Giulia, il corpo di una ragazza di soli 22 anni, laureanda: una donna che per mano assassina di chi diceva di amarla, le ha strappato tutto quello che di prezioso ha un essere umano: la libertà di vivere.
Giulia uccisa freddamente a coltellate, l’ennesima vittima uccisa dall’uomo che l’amava, e sono saliti dall’inizio dell’anno le donne uccise da uomini, che non sanno parlare d’amore né amare, ma spacciano con un inganno malato tale sentimento, uomini che non conoscono altra cultura se non quella della violenza fisica.
La violenza della bestia, quando l’idillio amoroso diventa un incubo
C’è un aumento notevole di casi di femminicidio dove gli assassini hanno un’età compresa tra i 18 e i 35 anni, così come anche le donne ammazzate. Ma se queste bestie dovrebbero in teoria rappresentare il futuro della nostra civiltà, ma che razza di futuro patriarcale ci ritroveremo?
La violenza di genere è un fenomeno purtroppo in espansione a livello mondiale. In Italia, nel 2023, sono 83 le vittime di femminicidio e l’anno non è ancora finito: nell’83% dei casi il delitto avviene tra le mura domestiche; ma molte altre sono le donne che sopravvivono subendo violenze di tipo fisico, sessuale e psicologico. Inoltre, da una ricerca fatta dall’Unione Europea in Italia il 19% delle donne ha subito nel corso della vita violenze fisiche o sessuali, il 38% delle donne ha subito abusi psicologici e il 9% delle donne ha subito stalking (quasi sempre dai loro ex). Il 62% dei maltrattamenti sulle donne sono avvenuti in presenza dei figli.
Sono troppi i giovani uomini pronti non solo ad uccidere, ma anche a minacciare e soprattutto perseguitare le donne come se dovessero essere di “loro proprietà”.
La cosa che più ci rabbrividisce oltre al crimine stesso è l’età degli assassini, perché di assassini si tratta che eseguono un omicidio e tale va punito come un omicidio con la certezza della pena in quanto nessuno, ha il diritto di interrompere anzitempo una vita umana e farla finire dentro una bara.
Al primo schiaffo occorre allontanarsi, e se il caso anche segnalare prima che sia troppo tardi perché se si scampa una volta non ci sarà una seconda volta e se non capiterà a voi, capiterà a qualcun’altra.
Occorre iniziare dalle scuole ad impartire l’educazione al rispetto della donna, non c’è altra soluzione. Spiegare che gli amori finiscono e che nessuno è proprietà di nessuno. Non bisogna seguire, pedinarle, renderle la vita difficile, molestarle o altro, semplicemente occorre rassegnarsi perché anche la rassegnazione è un sentimento umano e nobile ricco di dignità. La stessa miserabile dignità che ci accompagna tutti nella nostra seppur già breve esistenza.
È inutile installare panchine rosse perché di rosso resterà sempre il sangue di una donna ammazzata.
Ecco, riflettiamo su questo e sulle “cure” per combattere questa mattanza. Bisogna educare i ragazzi all’uguaglianza intervenendo sulle nuove generazioni affinchè il fenomeno sia arginato.
Non si uccide per amore ma solo perché si è criminali.
Fermare il femminicidio e la violenza contro le donne vuol dire anche puntare sulla collaborazione tra istituzioni e volontariato e riconoscere la giusta importanza ai centri antiviolenza.
In molte città sono nati dei tavoli interistituzionali, promossi dai Centri antiviolenza che coinvolgono enti pubblici tesi ad elaborare protocolli operativi e progetti coordinati di rete per aiutare le donne a uscire dalla violenza.
In alcune città i Comuni gestiscono i centri antiviolenza, mentre il modello prevalente è quello di gestione del Centro da parte di associazione di donne, impegnate politicamente nella lotta contro la violenza di genere. L’importante è che le istituzioni siano vicine alle donne in tutti i modi possibili.
Non voltatevi dall’altra parte! Quello che si cerca di far capire che il termine “femminicidio” è soltanto un concetto astratto eufemistico: chi ammazza è un assassino e basta, e tale va punito con il massimo della pena. Nella sua certezza senza distinzioni di sorta e di benefici.
La violenza della bestia, quando l’idillio amoroso diventa un incubo
La speranza è che la gente non finga più di vedere e che le donne che subiscono maltrattamenti si ribellino, denuncino avendo il coraggio di amare ed essere amate per amore e non per solitudine o opportunità varie.
Bisognerebbe porre l’accento sulle ataviche differenze di genere esistenti tra uomo e donna. All’origine del fenomeno c’è la percezione antica che al padre-padrone forte, corrisponda l’idea di una donna debole e inferiore. Ed è per questo che le violenze più frequenti avvengono in ambito domestico. Ciò succede quando la relazione di coppia è disfunzionale.
Alla base c’è sempre una gelosia di varia natura (sentimentale, economica, sociale) che porta ai conflitti e quindi alla violenza. Soprattutto quando l’uomo non accetta ciò che sente come umiliazione. Spesso i bambini che assistono alla violenza familiare diventano, a loro volta, adulti violenti. Fondamentale è, quindi, fare prevenzione sin da piccolissimi.
Chi apprende queste atrocità non può non restare inerme, specie chi oggi è genitore e vive ogni giorno con la preoccupazione sugli incontri e su quei percorsi che le scarpe dei propri figli calpesteranno insieme alle insidie del loro tracciato di vita.
Shakespeare: “Per tutte le violenze consumate su di Lei, per tutte le umiliazioni che ha subito, per il suo corpo che avete sfruttato, per la sua intelligenza che avete calpestato, per l’ignoranza in cui l’avete lasciata, per la libertà che le avete negato, per la bocca che le avete tappato, per le ali che le avete tagliato, per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna”.
Oggi è il tempo di uscir dalla nebbia,
Quiete violata,
Riveder le stelle del cielo che brillano.
Basta spalle voltate e silenzi,
Porte serrate.
Non mi sento più sola e ferita,
Stammi vicino
Anche tu coi tuoi mille da fare
ASCOLTAMI ( P. Ferrara docet )
In ricordo di Giulia Cecchettin, la 22enne uccisa a coltellate dal suo ex fidanzato.