Martina F.- Dibattito aperto dopo l’articolo del direttore. Mino Marzulli: Ecco cosa penso sul PUG

Il Contributo dell’Arch. Mino Marzulli: Un Invito al Dibattito Pubblico sulla Sostenibilità Urbana
Nella complessa tessitura delle nostre città, i dilemmi urbanistici e le sfide dell’urbanizzazione sostenibile sono al centro di un acceso dibattito.
In questo scenario, l’intervento dell’Arch. Minino Marzulli emerge come una voce chiara e penetrante, un racconto che cattura le essenze e le contraddizioni delle metropoli moderne. Con una prospettiva unica e un occhio attento ai dettagli, Marzulli ci invita a riflettere su come possiamo costruire un futuro urbano più giusto, equilibrato e sostenibile.

Marzulli scrive:
Egregio Direttore, ho letto il suo articolo: “PUG: ME CONTRO TE Conflitto tra Franco Ancona e Donato Pentassuglia” e, prima di affrontare l’argomento del conflitto mi permetto di esprimere alcuni concetti di quello che dovrebbe essere un Piano Urbanistico in generale ed in particolare il Piano Urbanistico Generale il cui acronimo è appunto PUG.
Oggi una pianificazione per la città dovrebbe, prioritariamente, nascere a seguito di confronto fra tecnici, Amministrazione e, soprattutto, Città, quale insieme di cittadini.
La Città intesa come comunità composta da territorio sul quale vivono ed operano le diverse componenti umane.
La moderna Urbanistica si distingue, o si dovrebbe distinguere, dalla pianificazione tradizionale in una diversa concezione del PRG o PUG che si voglia definire.
La pianificazione tradizionale oltre ad essersi dimostrata inadeguata e non soddisfacente si basava sostanzialmente sulla crescita edilizia di una comunità.
Questo, se pur contestabile, era giustificato dalla crescita demografica delle città che richiedevano un maggiore numero di alloggi che la crescita demografica imponeva.
Quindi si può affermare che la pianificazione tradizionale è stata ridotta, in sostanza, ad una mera regolamentazione dell’attività edificatoria e dell’uso dei suoli, priva di tutte le parti filosofiche e sociali che avrebbero dovuto caratterizzarla.
Se a quanto detto si aggiunge che la pianificazione era calata dall’alto nelle realtà sociali e culturali che spesso non l’hanno accettata e condivisa si può immaginare che il risultato è stato un fallimento totale.
Oggi la visione dell’Urbanistica è completamente cambiata, il tema da affrontare non è più quello della espansione urbana, ma quello della ristrutturazione e di una riconfigurazione della città. Una specie di “Renovatio Urbis” basata su “una serie di interventi puntuali e limitati disposti strategicamente entro la città attraverso i quali ridare senso all’intera compagine urbana”.
Questo pensiero di Maria Chiara Tosi è condiviso dall’intera compagine degli Urbanisti.
A Martina Franca, invece, la pianificazione proposta tende nuovamente all’espansione del centro urbano, per dirla in volgare “costruire nuovi palazzi”.
Considerato che un elemento fondamentale, posto alla base dell’eventuale crescita edilizia, è la crescita demografica e che quest’ultima è pari a zero e che la nuova pianificazione non potrebbe prevedere un aumento dell’edilizia urbana, sono state adottate delle strategie che mirano allo sconvolgimento delle peculiarità del territorio.
Questo “costruire nuovi palazzi” non potendo giustificarlo con l’incremento demografico, che di fatto non esiste, viene giustificato eliminando le zone residenziali del precedente PRG e trasportando quella cubatura nel centro urbano.
Si potrebbe leggere: togliere ai tanti cittadini, vista la frammentazione della proprietà nelle aree incluse nelle zone residenziali, per consentire a pochi di incrementare il proprio patrimonio.
Una considerazione di carattere urbanistico va fatta ponendosi la domanda: che cosa è l’urbanistica e la pianificazione?
Senza scomodare Urbanisti lontani dalla nostra realtà regionale, ma basandoci su Urbanisti della nostra Regione si può rispondere alla domanda con considerazione della Professoressa Barbanente che definisce: l’Urbanistica è un campo aperto e mutevole di pratiche sociali.
Il prof. Borri sintetizza la pianificazione territoriale come un Processo di formulazione e gestione di un piano al livello di un territorio più o meno ampio (definito in base a perimetrazioni amministrative o di altro tipo), finalizzato al conseguimento di obiettivi generali di sviluppo economico e sociale della comunità, di uso ottimale delle risorse, di protezione ed assetto ottimale dell’ambiente.
Quale sarebbe l’obiettivo da raggiungere nel campo della crescita economica, sociale, culturale della nostra Comunità secondo lo strumento che si vuole, ancora una volta, propinare alla Città?
Forse si può ipotizzare una crescita economica e sociale dalla trasformazione delle Zone Residenziali in aree agricole dopo che per trenta anni e passa i proprietari delle aree incluse in quelle zone hanno pagato le imposte come suoli edificatori?
Questo meccanismo di depauperare aree densamente urbanizzate dalla loro capacità edificatoria e residenziale è solo un escamotage per consentire la realizzazione di altri “palazzi” nel centro urbano: “togliere a chi per dare a chi”.
Forse si può ipotizzare uno sviluppo socio culturale ed economico la trasformazione dell’area definita dall’attuale P.R.G. Agricola Residenziale: F2/2, in zona agricola con un lotto minimo di 8.000 mq?
Non è trasformando la Zona Agricola Residenziale in zona agricola che si possa ignorare la presenza delle abitazioni presenti sul territorio, non è trasformando la Zona Agricola Residenziale in zona agricola che si possono ignorare le 4000 pratiche di condono edilizio giacenti presso gli uffici che rappresentano altre unità abitative.
Queste pratiche rappresentano non un’edilizia sommersa, ma una realtà evidente che si vuole ignorare per evitare di trovarsi di fronte ad un eccesso di case rispetto alla demografia statica.
Questo Territorio è stato, da sempre, caratterizzato dalla presenza di abitazioni nell’agro, che hanno rappresentato le case di tanti cittadini che non potevano permettersi un’abitazione in città ed in un momento di contingenza economica, come l’attuale, rappresentano ancora oggi una possibilità per i giovani di avere la possibilità di acquisire un’abitazione propria.
E’ interesse dei cittadini limitare questa possibilità? Mi chiedo sia possibile ignorare una realtà tanto evidente!
Forse si può ipotizzare una crescita economica l’aver trascurato, o meglio ignorato, che per oltre 60 anni sono stati fatti investimenti in questo territorio trasformandolo e caratterizzandolo, mantenendo una tradizione, per la presenza di residenze nell’agro, come territorio altamente urbanizzato?
Caratteristica questa che ha reso unico, forse in tutta la Nazione, il nostro territorio. Togliere la caratteristica della residenzialità nell’agro a questo territorio significa cancellare oltre quattro secoli di storia, tradizione e cultura locale.
Con l’attuale proposta tutti gli investimenti in urbanizzazione, fatti nei vari decenni passati, sarebbero buttati al vento e la caratterizzazione di questa parte di territorio trasformata in mera zona agricola, dove la parcellizzazione è tale da far sorridere la ricerca di lotti di 8.000 metri quadri.
Quando parliamo di urbanistica e, conseguentemente, di pianificazione urbanistica questa deve tenere in considerazione i problemi territoriali, i problemi sociali, i problemi economici ed i problemi ambientali, unitamente ai problemi della mobilità, dell’uso delle parti di territorio definito “territorio pubblico”, nel rispetto della storia, delle peculiarità del territorio, ma soprattutto nel rispetto della gente che abita il territorio, con un occhio attento a quanto circonda la realtà che si sta trattando ed in modo particolare alla salvaguardia dell’ambiente del paesaggio e dei beni presenti sul territorio.
Per garantire un risultato soddisfacente risulta necessario coinvolgere nel processo una serie di saperi, in particolare ciò che può essere definito “sapere esperto” e “sapere comune”. Il “sapere comune” comprende una serie di conoscenze quali: sapere ambientale, sapienza del dettaglio, conoscenza dei contesti locali, memoria sociale, insieme di norme pratiche, giudizi morali significativi che discendono dall’essere immersi in una società, buon senso.
Il “sapere esperto” è il risultato della ricerca scientifica inglobato nel sapere comune.
Riconoscere non solo ad un professionista, ma ad una pluralità di attori il ruolo di operatori della connessione tra scienza ed azione. Guardare alla soluzione dei problemi attraverso interazioni in grado di poter sostituire l’azione al pensiero.
Infine per affrontare una seria pianificazione è necessario avere chiara quale sarà la strada da percorrere per garantire lo sviluppo socio economico della collettività in modo da tracciare il percorso per il raggiungimento dell’obiettivo.
Mi permetto di riportare un pensiero di una Urbanista, l’Arch. Lucia Lancerin, esperta in processi di partecipazione che sostiene “ora abbiamo città senza cittadini, ambiente senza abitanti. Le persone sono scollegate dal luogo in cui vivono.
La partecipazione è, al contrario, un processo per arrivare a risentirsi parte di una comunità, di una città e di una società di individui. In queste dinamiche i saperi esperti hanno sempre paura di essere “svalutati”, ma in realtà, anche dal punto di vista dei professionisti, questo approccio alla pianificazione ha solo aspetti positivi. Progettare in modo partecipato, infatti, dà la possibilità di veder realizzati i propri progetti percependo l’aumentare di un sentire diffuso ed andando a costruire dei ponti tra istituzioni, professionisti e cittadini che potranno nutrire con il loro sapere storico, la progettazione”.
Senza passare attraverso la partecipazione, attuata non con la partecipazione all’arena decisionale di associazioni vere o fantomatiche, ma coinvolgendo direttamente i cittadini, qualsiasi pianificazione proposta non troverà corretta e totale implementazione e, per ottima che possa essere, resterà una mera utopia.
Tornando al PUG non si intravede al suo interno nessuno dei sani principi di una moderna visione della città e, di conseguenza, del governo del territorio, che, senza ombra di dubbio, è parte fondamentale se non addirittura la stessa Urbanistica.
Una pianificazione che tende solo a trasportare capacità edificatoria da un punto all’altro del territorio, senza alcuna giustificazione concreta e condivisa con i cittadini, una pianificazione che non tiene conto della peculiarità di un territorio, che non tiene conto della realtà storica, che ignora gli investimenti fatti per oltre 60 anni, che non propone atti puntuali di recupero di realtà consolidate, che ignora fattori fondamentali quali, per esempio, eliminare l’isolamento nel quale è stata portata negli ultimi decenni la Città, che non propone una visione strategica, che non incentiva ciò che caratterizza il territorio, ma che pianificazione è?
Pertanto, bene fa l’Assessore Regionale Pentassuglia prendere le distanze dal PUG proposto dalla precedente amministrazione, per due motivi:
il primo perché quel PUG è frutto di una ideologia che, a mio parere, non gli appartiene in quanto tende a penalizzare fortemente il ceto medio e la proprietà privata, che da sempre sono nelle mire del comunismo;
il secondo, essendo lui di estrazione democristiana, (memore delle battaglie fatte dall’amministrazione dell’epoca dell’attuale PRG, che con tutte le pecche ha consentito uno sviluppo della città per oltre 40 anni) presumo voglia proporre alla città una pianificazione che possa portare benefici all’intera comunità, che tolga, finalmente Martina dall’isolamento e dalla sudditanza, che conservi le peculiarità del territorio e che le valorizzi e non che le distrugga, spero voglia ascoltare tutti i ceti sociali e le loro richieste e che possa rendere partecipi della pianificazione la collettività intera, senza limitarsi all’utilizzo di internet, ma andando fra la gente ad “ascoltare”.
Leggo nel suo articolo, testualmente: “Ma vogliamo confidare ed avere fiducia, a questo punto, sugli organismi professionali.
Quelli che dovrebbero essere i veri difensori del futuro della città, affinché si esprimano in modo imparziale per il bene comune, prendendo decisioni unanime e non lasciandole a singoli rappresentanti.”
Egregio Direttore, io non ho la medesima fiducia negli organismi professionali, fatta eccezione per qualche Ordine, posso assicurarle che non saranno in grado di esprimere giudizi imparziali e, tantomeno, pregni di conoscenza.
A tal proposito voglio ricordarle l’immobilismo dei citati organismi professionali di fronte ad una precisa accusa rivolta dal Sindaco e Assessore all’Urbanistica Ancona nei confronti dei professionisti in una conferenza stampa, in data 21/03/2018, (visibile sulla pagina Facebook del Geom. Francesco Pizzigallo alla data del 22/03/2018) pubblicata in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 27/03/2018, durante la quale ha espressamente indicato i Tecnici, quali causa dei ritardi nell’espletamento delle pratiche edilizie, additandoli come bugiardi e falsificatori di documenti.
Di regola gli organismi da lei citati avrebbero quantomeno chiesto chiarimenti ed avviate verifiche se non esporre denunzie. A sua memoria, ricorda che ci siano state azioni messe in essere dagli organismi professionali? Io non ricordo, ma se ci fossero state sono pronto a ricredermi.
Quindi, come può pensare che tali organismi possano essere risolutori nella questione PUG?
Sarebbe auspicabile che anche il Sindaco Gianfranco Palmisano, dalla parte dell’Assessore Pentassuglia, prendesse le distanze dal PUG proposto del quale, chi sa perché, si spinge per l’approvazione.
Cordialmente
Mino Marzulli
Puglia Press vuole aprire un dibattito vero sul PUG, soprattutto ascoltando le opinioni di tutti, ma prevalentemente quelle non celate da mentite spoglie.
Insomma vogliamo dare il nostro contributo per contribuire a creare una città da poter donare alle future generazioni senza gli “interessi occulti dei nonni”
Il contributo di Marzulli non è solo un’analisi incisiva delle problematiche urbanistiche, ma un appello a un dialogo più ampio e inclusivo.
È un invito a politici, architetti, urbanisti, e menti pensanti di ogni sfumatura a unirsi nel dibattito, a condividere idee e a lavorare insieme per realizzare una visione condivisa di ciò che le nostre città potrebbero e dovrebbero essere.
La complessità delle questioni affrontate richiede una conversazione collettiva, un impegno comune, e una volontà di mettere in discussione le convenzioni.
Unisciti a noi in questo dibattito pubblico, perché la tua voce conta, e insieme possiamo plasmare il futuro delle nostre città.
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