Vertenza lavoro Puglia, Toma (UIL): “Sarà un autunno caldissimo, a rischio 45.000 lavoratori”
Servizio a cura di Antonello Corigliano
E’ un dato allarmate quello che viene dal paese Italia: agosto amaro per 95mila lavoratori, il cui futuro è appeso a un filo. Sono infatti ancora 147 i tavoli di crisi aperti al ministero dello Sviluppo economico. In calo rispetto al 2021, ma pur sempre troppi. Si tratta soprattutto di posti di lavoro che provengono dal settore automotive. Seguono siderurgia, aeronautica ed elettrodomestici. E a settembre, avvertono i sindacati, le cose potrebbero peggiorare ancora.
In Puglia le cose pare non siano così diverse come il resto del Paese e il punto della situazione lo abbiamo fatto con Andrea Toma segretario regionale UIL Puglia comparto industria (deleghe artigianato, chimico, tessile, energetico e edilizia industriale)
Andrea Toma, segretario Regionale UIL Puglia, comparto industria
Toma il dato nazionale sulle vertenze fanno tremare i polsi. Com’è la situazione in Puglia?
La Puglia rispetto ad altre regioni d’Italia, a livello di vertenze aziendali, soffre di più a causa di una transazione energetica. Se uno volesse fare l’esame del PNRR si accorgerebbe che tutti i settori presenti in Puglia sono investiti dalla transizione energetica. Questo significa che le aziende in Puglia devono cambiare il paradigma produttivo e non cercare dal PNRR liquidità fresca per uscire da una crisi aziendale.
Nel salento prevale il settore del tessile, che è addirittura in fortissima espansione, con una piccola parte dell’ automotive.
Nel territorio tarantino abbiamo il siderurgico, ex Ilva, che soffre proprio la transizione energetica.
Il siderurgico è in stallo da tempo compromettendo la produttività e i livelli occupazionali.
Nel territorio brindisino abbiamo il settore energetico che viene investito dalla transazione energetica, si veda Cerano ovvero la centrale a carbone. Con una precisazione doverosa: mentre l’Eni di Taranto si occupa di raffinazione di carburanti a Cerano si fa energia. Solo 2 moduli nella centrale di Cerano sono stati convertiti a idrogeno, con gli altri moduli non si è riusciti. Adesso però lì la situazione si è ulteriormente complicata per la guerra in Ucraina a causa della quale pare ci sia un ritorno proprio al carbone. Nel territorio barese abbiamo la prevalenza di industria automobilistica che con lo stop della auto a gasolio e con l’avvento delle auto elettriche – di cambio marce e frizione – anche questo settore risulta in sofferenza.
Riusciamo a dare dei dati più analitici?
Attualmente le vertenze sindacali sono 51 di cui il 38% sono legate al settore dell’industria. C’è da fare una precisazione. Di questo 38% è esclusa ex Ilva, attualmente Acciaierie Italia, che viene trattata non a livello regionale perché verticalizzata, se ne occupa lo Stato centrale. La crisi dell’indotto dell’ex Ilva invece resta in capo alla Regione. Inserendo il siderurgico tarantino nelle 51 crisi aziendali presenti in Puglia la crisi dell’industri schizzerebbe al 43%. In Puglia abbiamo 35.000 lavoratori in crisi occupazionale.
Non vedo dati sul settore del turismo, siamo in presenza di una piccola isola felice?
Il 63% del Pil della Regione Puglia è a trazione industria. Sento parlare di turismo che, per carità, è un settore che sicuramente è in forte espansione in Puglia ma non di certo crea ricchezza e posti di lavoro necessari per coprire la domanda occupazionale. Sicuramente tra qualche anno il turismo sarà uno degli ingranaggi essenziali per la nostra Regione.
con il segretario generale UILM Rocco Palombella
Lei è tarantino e sicuramente segue la vertenza dell’ex Ilva con occhi differenti. A che punto siamo?
L’ex Ilva è una situazione complessa. Con lo scoppio di Ambiente Svenduto la fabbrica veniva considerata già morta perché troppo inquinante. Ma io penso che una strada che viene bagnata da un’acqua malsana non la si chiude. La si bonifica per ridarla alla sua normale funzione. Ad oggi questo processo è lento e farraginoso. Il siderurgico, come dicevo prima, ha bisogno di questa importante transizione produttiva facendo attenzione a non modificare in peggio la qualità del suo acciaio. Pensare a un siderurgico senza un’area a caldo non è praticabile. Bisogna guardare a quai Paesi dove si fa acciaio con modelli che non compromettono il prodotto finito e la qualità della vita dei cittadini e operai.
Ancora. Parliamo tanto di energie pulite. Basta andare ad esempio in Capitanata e ci accorgeremmo che alcune pale eoliche sono ferme. Questo perché la rete non riesce a convogliare l’energia prodotta. Siamo ancora una volta lenti e lontani dall’obiettivo per far affidamento sulle energie rinnovabili.
Altro problema è legato a Leonardo, cosa sta accadendo?
Leonardo è l’azienda dalla quale provengo. In Puglia abbiamo 3 divisioni: aerostrutture (Foggia e Grottaglie), elicotteri (Brindisi), elettronica per la difesa (Taranto, quartiere Paolo VI). L’azienda non ha mai sofferto il processo di transizione essendo stata sempre hi tech. Il comparto difesa ed elicottero è in salute. Il comparto aerostrutture, quello di Grottaglie, soffre attualmente perché ha trattato solo l’aspetto dell’aerostruttura civile ma questo lo sapevamo dall’inizio. C’è da dire che nel resto di Italia tutti i comparti di Leonardo sono in totale espansione. A Grottaglie si decise di puntare su di un mercato che era in crisi in un territorio già di per sé in forte crisi. Come Pomigliano insegna.
Che mesi ci dobbiamo aspettare?
Purtroppo in Puglia abbiamo siglato tantissime cassaintegrazioni straordinarie. Molte imprese, alla fine di questo ammortizzatore, avevano già fatto sapere che rischiavano la chiusura. Ma per restare ancora sul mercato, per il rispetto dei lavoratori, avevano proposto una cassaintegrazione per cessione di attività.
E’ intervenuto il Governo con il “decreto aiuti 1” all’interno del quale c’è stata la cassaintegrazione per transizione occupazionale. Misura che ha durata di 12 mesi e che a fine autunno sarà terminata rischiando di mandare a cara 45.000 lavoratori pugliesi.