Ceglie Messapica: da “accusatore ad accusato”, avvocatessa condannata per calunnia
È stata condannata per calunnia dal tribunale di Brindisi, sezione penale un’avvocatessa di Ceglie Messapica, al termine del primo grado di una vicenda giudiziaria durata otto anni a seguito di un incidente stradale. Il sinistro, avvenuto nell’ottobre 2013, aveva coinvolto l’avvocatessa e un altra persona, che successivamente è stato il suo difensore. Sul posto intervenirono i carabinieri della locale stazione tra i quali un ex maresciallo, che accertati solo i danni alle auto e in assenza di feriti, andarono via. A distanza di un’ora, si presentò in caserma il conducente dell’altra macchina coinvolta nel sinistro al quale l’avvocatessa non aveva fornito né i propri dati e né gli estremi della polizza assicurativa, andando via. Solo dopo i relativi accertamenti da parte delle forze dell’ordine, si scoprì che l’auto dell’avvocatessa era priva di copertura assicurativa. Contattata l’avvocatessa dal militare rispetto ai fatti del sinistro, la donna, accusò quest’ultimo di non essere intervenuto nonostante avesse chiesto il loro intervento e che quanto prodotto sarebbe stato sicuramente un abuso. Da quella circostanza sono state prodotte dalla donna tre denunce nei confronti dei militari per aver “formato atti falsi” allo scopo di favorire la controparte e il suo legale. Questo ha avuto come conseguenze procedimenti disciplinari a carico dei carabinieri e in particolare, per l’ex maresciallo si aprì un giudizio dinanzi al tribunale militare e la richiesta di trasferimento in altra sede per incompatibilità ambientale. La donna, nonostante fosse consapevole che l’auto fosse priva di copertura assicurativa, aveva anche fatto richiesta di risarcimento danni alla Systema Compagnia di Assicurazioni spa, addebitando l’intera responsabilità all’altro conducente, fornendo una dinamica travisata, passando però dalla parte del torto dopo le verifiche della compagnia. Un comportamento quelli della donna “di mala fede”, una “condotta gravissima e più che pervicace” come scrive il giudice. Il tribunale non ha concesso le circostanze attenuanti generiche, condannandola alla pena di 2 anni e 9 mesi di reclusione, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento danni delle parti costituite.