A Taranto va in scena la storia di una fine annunciata
Rinaldo Melucci non è più il sindaco di Taranto. A sfiduciarlo 17 consiglieri comunali che hanno deciso di mettere la parola fine all’esperienza amministrativa cominciata nel 2017.
Erano settimane ormai che crescenti malumori affioravano, rigorosamente a mezzo stampa, tra le fila della ex maggioranza.
Una scelta ritenuta da alcuni legittima (prevista tra l’altro dal Testo Unico degli Enti Locali), nata dall’esigenza di costruire un’alternativa di governo della città, da troppo tempo succube del malgoverno della sinistra.
Il primo leader nazionale ad intervenire sulla vicenda è stato Matteo Salvini che ha dichiarato: «per il centrodestra è una grande occasione per offrire una seria proposta di buongoverno, allargata a chiunque voglia mettersi al servizio della città».
Di tutt’altro tenore le dichiarazioni rilasciate dal Movimento Taranto Crea, hub politico-culturale costituito da Fabrizio Manzulli e Ubaldo Occhinegro nella fase immediatamente successiva alla loro sostituzione nella giunta comunale: «Diciassette nomi che sono il simbolo della grettezza politica, del tradimento della fiducia umana e politica».
A poco più di un mese della conferenza stampa di Rinaldo Melucci, alla presenza del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, nella quale veniva presentato ufficialmente alla città il nuovo assetto della giunta comunale, resta alla mente l’immagine di Massimiliano Stellato – consigliere regionale e comunale del movimento Puglia Popolare fondato dall’ex forzista Massimo Cassano – e Walter Musillo (già segretario provinciale del PD, primo dei non eletti nelle liste di Puglia Popolare alle regionali, fondatore di Idea Indipendente) seduti in prima fila ad applaudire le parole proferite da Emiliano. Quelli stessi Musillo e Stellato che oggi sono sul banco degli imputati quali “traditori” nei confronti di Melucci.
«Non c’è nessuna candidatura alternativa a Rinaldo Melucci – ribadiva un mese fa Emiliano – la maggioranza di centrosinistra, come accade spessissimo in tante città, ha un sindaco al primo mandato e come ovvio lo ricandida per il secondo mandato».
Nelle ore immediatamente successive alla consegna delle dimissione dei 17 consiglieri, Rinaldo Melucci ha dato vita ad una vera e propria operazione trasparenza nella quale ha fatto chiaramente i nomi e cognomi di chi, in maggioranza, ha determinato una congiura di palazzo: «La caduta del Consiglio comunale non è un fulmine a ciel sereno. Sono mesi e addirittura anni che un manipolo di persone ricatta l’amministrazione e frena lo sviluppo della città, percependo nel contempo lauti stipendi in qualità di assessori, presidenti di partecipate o altro. Quella sfiducia è un atto contro tutto quello che è avvenuto di positivo in questo mandato, contro l’operato di tutta la giunta comunale. Oggi, almeno per dignità, l’assessore Deborah Cinquepalmi, cugina di Walter Musillo, responsabile del gruppo Idea Indipendente, l’assessore Simona Suma e il presidente Francesco D’Errico, entrambi in quota ai consiglieri comunali Carmen Casula e Massimiliano Stellato, del gruppo di Puglia Popolare, già in maggioranza con il centrosinistra nel Consiglio regionale, l’assessore Gabriella Ficocelli e il componente del cda Claudio Stola, entrambi in quota ai consiglieri comunali Salvatore Brisci e Salvatore Ranieri, che per ultimi hanno tradito la maggioranza di Palazzo di Città, dovrebbero semplicemente dimettersi, senza ricavare altri vantaggi ai danni della comunità da qui alle elezioni amministrative».
Fin qui la cronaca.
Guardando quanto accaduto con gli occhi degli osservatori, scevri da condizionamenti, non possiamo non rilevare alcune significative anomalie. Prima fra tutte la tempistica.
Il prossimo dicembre sono in programma le elezioni provinciali: è dunque evidente che queste dimissioni non hanno di fatto solo ripercussioni sulla vita politica del capoluogo ma creano uno scenario del tutto inedito all’interno dell’intero scacchiere jonico. Nell’ambito dei voti ponderati i consiglieri comunali di Taranto hanno sempre avuto un grande peso: basti pensare che alle ultime consultazioni il singolo voto di un consigliere eletto a Taranto aveva un valore ponderato di 1060, contro un valore di 285 per un eletto a Grottaglie o Massafra.
Ci chiediamo legittimamente se sia stata risarcita, da chi e con quali strumenti e mezzi, la famelica voglia di protagonismo che ha caratterizzato soprattutto i 17 dimissionari nel loro percorso amministrativo.
Alcuni uomini molto vicini al ex sindaco parlano di una seconda anomalia: a nostro avviso un imperdonabile errore da parte di Melucci. Aver deliberatamente scelto di tenere le tre società partecipate senza consiglio d’amministrazione per ben 2 mesi. Sulle partecipate Kyma Ambiente, Kyma Servizi e Kyma Mobilità gli “errori” non finiscono qui: invece di rinnovare i CdA per un triennio, come consolidata consuetudine, Melucci ha deciso di dare loro mandato solo per 12 mesi.
Questo, per la dignità di un uomo politico, magari con un significativo consenso in città, è davvero troppo: gli effetti di tale strategia sono stati nefasti.
Altra anomalia ravvisata in questi anni è legata allo staff del sindaco ed alla gestione dei rapporti con ampi pezzi della maggioranza, non a caso quella con il numero di preferenze più alte.
Apprezzabili i risultati di questa amministrazione in termini di immagine (Sail GP a nostro avviso resta la più bella fotografia di Taranto negli ultimi 30 anni) ma le indagini del Sole24Ore sulla vivibilità hanno in questi 5 anni sempre condannato la città dei due mari ai bassifondi della classifica.
La politica è passione, idealità, propulsione programmatica, ma anche inesorabilmente aritmetica.
Quella aritmetica che oggi condannerebbe l’ex sindaco ad una sicura sconfitta nel caso l’alternativa fosse rappresentata da un fronte civico moderato allargato a chi è stato per quasi 5 anni all’opposizione di Melucci.
Per alcuni il vero regista, il senior consultant di questa operazione, non risiede a Taranto bensì a Roma.
Si tratta di un già parlamentare, già assessore regionale, da sempre inviso a certi ambientalisti, che fu messo da Melucci alla porta di Palazzo di Città il giorno seguente del suo insediamento, dopo aver vinto in maniera rocambolesca quelle elezioni grazie al grande impegno di questo big della politica tarantina, un uomoche ha avuto in Walter Musillo il suo unico erede.
Scriveva Charles Pinot Duclos: “l’ingratitudine domanda senza pensare, riceve senza pudore e dimentica senza rimorsi” ed aggiungiamo noi, si paga a caro prezzo.
I limiti di lungimiranza sono plasticamente rappresentati dall’ex assessore Viggiano presentatrice di un ricordo procedurale circa le dimissioni dei 17 consiglieri: al di là della legittimità dello stesso, non possiamo non pensare a cosa ci si inventi per restar attaccati qualche altra settimana alla “cadrega”.
Il vostro Edmond Dantès