FABIO BUONAFEDE, UN TUTOR CHE SI MUOVE SILENTE FRA I PICCOLI DEL CALCIO DI TARANTO
Fabio Buonafede, da anni segui i piccoli del calcio. Lo fa in maniera silenziosa ma con grandi risultati. Non deve tenere a bada solo i piccoli ma, spesso, anche i genitori… e non sempre sono i papà i più caldi.
Fabio, raccontaci chi sei.
Il mio ruolo era il portiere, diciamo che nei campi in terra battuta era praticamente cosa ordinaria uscire con le ginocchia sbucciate. Dopo tanti anni di sport a livello dilettantistico che mi ha visto calcare campi di eccellenza, promozione nelle varie società di Taranto e provincia, ho deciso di buttarmi nel calcio a5.
I tuoi esordi.
Ho esordito a Roma con la Tuta Costruzione, squadra che militava in Serie A. Da quel momento non mi sono più staccato da questo sport. Dopo molti tornei vinti, anche a livello nazionale, e alcuni campionato di Serie C, ho deciso di intraprendere la strada per diventare allenatore.
Come ci si arriva?
Mi iscrissi ad un corso che si svolgeva a Bari. Insieme ad altri miei colleghi del tarantino, organizzammo una macchina per frequentare il corso. Da quel momento la mia vita è cambiata. A Taranto il calcio a5 mancava. Nacque così la TorreRossa, il presidente era il mio amico Daniele, che ripose in me piena fiducia. Vincemmo il campionato di C2 regionale con giocatori del capoluogo tarantino ed andai avanti fino alla C1, ma poi arrivò il fallimento. Creai di conseguenza la mia prima società, la New Taranto con annesso settore giovanile. Anche in questo caso conquistano il campionato di C2, con una festa finale al Tursport. Il palazzetto era pieno di bambini della scuola calcio per festeggiare la promozione. L’anno successivo facemmo l’iscrizione al campionato di C1, ma purtroppo lasciai la società ad un mio caro amico di infanzia, Luca malizia. Ho creato poi la mia nuova realtà, la Virtus Taranto. Ci occupiamo solo di attività non agonistica per il momento, ma abbiamo un progetto che farà parlare molto nel mondo del calcio.
Bravo Fabio. Ora aspettiamo i successi con i più piccoli. Lo meriti.
Francesco Leggieri