Suor Anna Monia Alfieri: “Sulla chiusura delle scuole dobbiamo spiegare alle famiglie pugliesi cosa sta succedendo”.
Scuole aperte, scuole chiuse. Famiglie comprensibilmente sull’orlo delle crisi di nervi. Alunne e alunni sballottolati e disorientati. Docenti esponenzialmente sovraccaricati di lavoro e spremuti nella loro professionalità, dirigenti scolastici costretti a perenne reperibilità e pronta reattività per adattare le strutture complesse loro affidate a ordinanze e normative emanate a getto continuo.
Il Covid-19 è un disastro non soltanto sanitario; lo sappiamo, lo stiamo scoprendo giorno dopo giorno, da un anno a questa parte. Per quanto riguarda nello specifico la scuola i guai sono cominciati esattamente un anno fa, tra gli ultimi giorni di febbraio e i primi giorni di marzo 2020, quando l’impennata – repentina e inarrestabile del contagio – costrinse gli istituti di tutta Italia a chiudere i battenti, approdando con molta difficoltà e altrettanta voglia di continuare alla ormai nota didattica a distanza.
Ma com’è ora la situazione? Le recenti ordinanze emanante dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, una delle quali sospesa dal TAR, mettono in difficoltà l’intera rete scolastica regionale (una delle maggiori in Italia) e le famiglie coinvolte. Pur comprendendo in effetti la gravità della situazione sanitaria e l’intenzione di tutelare la salute di studenti e docenti, il valzer delle ordinanze/sospensioni sta creando davvero grossi problemi che – stando alle più recenti informazioni – in altre regioni vengono affrontati in modo differente.
Una delle voci che più tonanti si leva in questi mesi è quella di suor Anna Monia Alfieri, legale rappresentante dell’ente Casa Religiosa Istituto di Cultura e di Lingue Marcelline e consulente per diverse istituzioni su politiche scolastiche e libertà educativa. Originaria di Nardò ma operativa in Lombardia da circa un ventennio, appartenente alla Congregazione delle Marcelline, conta al suo attivo numerose pubblicazioni e ben tre lauree: in Giurisprudenza, Economia e in Scienze religiose. Da molti “invocata” – in occasione del recente cambio di governo – fra le possibili guide del Ministero dell’Istruzione, risponde che il suo impegno è legato alla vocazione educativa parallela a quella per la vita consacrata. Su scuola e pandemia afferma perentoria: “Io non sono una virologa, avendo studiato economia e diritto. So che è trascorso ormai un anno dalla comparsa del Covid-10 in Italia e siamo ancora in emergenza, senza aver trovato soluzioni stabili in particolar modo per la scuola. Dobbiamo ammettere che la scuola in Italia ha chiuso perché la pandemia ha “stressato” il sistema mettendo a nudo i grossi limiti della scuola italiana quali sovraffollamento e sovrautilizzo delle scuole statali e sottoutilizzo di quelle paritarie, con carenza di organico e dei mezzi di trasporto”.
Problematiche, quelle indicate da suor Alfieri, che riguardano il “sistema scuola” nel suo complesso, fatto non solo di docenti e studenti ma anche di famiglie e dell’intera rete relazionale che vi gira attorno. “I cittadini – spiega suor Anna Monia – non sono più quelli del pre-Covid; si dovrebbe dire – come in riferimento alla nascita di Cristo, a.C. e d.C. – prima del Covid e dopo il Covid. Le persone ormai non sono più disposte ad accettare qualsiasi idiozia. Ora con ferite fresche sulla propria carne, nessuno di noi è più disposto a farlo. Perché, per esempio, i bambini di Milano possono andare a scuola e quelli di Foggia non possono? Sono abituata, dopo diversi anni che vivo in Lombardia, al fatto che le decisioni dalle istituzioni vengono prese nei tavoli in cui il presidente e la giunta regionale incontrano sindacati, associazioni, scuole statali e paritarie, comuni, delegazioni dei genitori. È chiaro che se questa concertazione non è avvenuta, come nel caso della Puglia, il margine di errore è molto elevato. Le istituzioni dialogano con le parti sociali non per mero senso di democrazia ma per conoscere i problemi dalla voce di chi li vive. Alla luce di quanto accade, noi dobbiamo spiegare alle famiglie pugliesi che cosa sta succedendo: io, per esempio, ho dovuto dire ai miei amici pugliesi di mandarmi una sintesi di che cosa stesse succedendo in Puglia in riferimento alla chiusura delle scuole, alla sospensione dell’ordinanza di chiusura disposta dal TAR e a tutto il resto. Inoltre a settembre la scuola è ripartita con ritardi per le elezioni, avviata per poco e poi chiusa, successivamente DaD, poi DiD e DaF (facoltativa)… tutto questo mentre si si era in zona arancione e in Lombardia, zona rossa, si frequentava”.
Sempre sul ruolo delle famiglie, spesso in imbarazzo nella gestione della DaD, suor Alfieri ricorda: “Non tutte le famiglie hanno strumenti per la DaD. I limiti sono non solo fisici… oltre a computer c’è bisogno di tener conto di buone connessioni e della problematica dei bambini piccoli con la in didattica a distanza… chi li accompagna? E i genitori come lavorano? Io sono a favore della famiglia, per scelta educativa, senza discriminazioni economiche. E a chi pone la dicotomia scuole statali/paritarie faccio presente che si tratta di un concetto desueto perché ormai le problematiche sono comuni”. Inoltre l’esperta di politiche scolastiche puntualizza: “Quando le persone vivono un prolungato tempo di emergenza possono non comprendere neanche più il pericolo che determina paura e che quindi, quando continua, non viene più avvertita. Sotto tanti punti di vista ritengo controproducente agire costantemente in emergenza perché si abbassa il livello di attenzione dei cittadini, rischiando di non scappare quando si deve scappare” ed aggiunge: “A livello nazionale noi abbiamo invocato tre cose: un governo di unità nazionale; una trasversalità politica per evitare continui scaricabarile; la scelta di tecnici alla guida di ministeri chiave e un leader europeista convinto, che sa che in Europa le scuole non hanno mai chiuso per evitare divari sui territori e disagi. In Francia, per esempio, guardandoci, penserebbero che siamo nel teatro dell’assurdo… circolari di notte, famiglie che non sanno che cosa fare poche ore prima dell’inizio della giornata scolastica. Serve quindi: acquisire certezza dei dati per evitare discriminazioni e ingiustizie; convocare le più ampie task force con specialisti che offrirebbero al governo regionale consulenze e informazioni; dare risposte alle famiglie che non siano il frequente trincerarsi dietro al silenzio o a una nota. Proprio alle famiglie dico: non siete soli, noi siamo con voi e diamo il nostro impegno sia per le famiglie che per gli studenti”.
Per Roberto Calienno, segretario regionale di CISL scuola Puglia, “Sono diversi i problemi da evidenziare e su cui far chiarezza. Partendo dall’alto numero di ordinanze sulla scuola già emanate, ormai dieci o undici. Troppe. La quantità è eccessiva e la maggior parte di queste ordinanze è stata emanata un attimo prima che entrassero in vigore, creando sconcerto e confusione negli studenti, fra i docenti, per le famiglie. Come sindacato abbiamo rappresentato sempre l’esigenza di non applicare ulteriori limitazioni alla scuola in Puglia perché c’è già un DPCM con integrazioni che indicavano in che modo dovesse funzionare la scuola a seconda dei “colori”. Con ultimo DPCM abbiamo preso atto che la scuola deve funzionare ed essere aperta, anche se non a pieno regime, a prescindere dal colore della regione, favorendo la frequenza in presenza in zone gialle e arancioni. Qualcuno quindi ci deve dire che cosa avviene in Puglia, se siamo davvero o non siamo in zona gialla e che il dato endogeno di contagio sia tanto pericoloso da imporre ulteriori restrizioni. Se queste sono le condizioni, si prenda atto che c’è una condizione grave, si dimostri e si chiudano le scuole, altrimenti si tengano aperte e in sicurezza, non riversando sulla scuola il limite nel nostro territorio di altri settori, come quello dei trasporti, della capacità ospedaliera e tante altre questioni complementari. L’istruzione è un diritto costituzionale, quindi se c’è diritto dall’altra parte c’è dovere, la frequenza dunque non sia lasciata al libero arbitrio ma messa in relazione al pieno rispetto dell’autonomia scolastica e dell’intera comunità educante. Inoltre chiediamo l’immediata attivazione del piano vaccinale per tutte le scuole di ordine e grado, con tutti gli operatori di qualsiasi tipo. Infine vogliamo l’attivazione di quel piano sanitario che prevedeva 355 unità di personale sanitario che nelle scuole dovevano occuparsi di tracciamento, screening, supporto per monitorare diffusione contagio nelle scuole. Noi abbiamo raggiunto accordo su queste tre questioni ma non se ne vede ancora l’applicazione. Le scuole devono funzionare e devono funzionare in sicurezza”.
Una situazione che coinvolge milioni di pugliesi – tra studenti, docenti e famiglie – e che per suor Francesca Palamà, coordinatrice didattica e referente USMI scuola per la Puglia, sta causando “una situazione confusa e strana. La scuola – ricorda suor Palamà – da sempre è faro nella crescita per le nuove generazioni e invece viene trattata come una realtà da ultimo posto. Le famiglie non hanno possibilità di scegliere e questo ci fa tanto male perché l’alleanza tra scuola e famiglia è il cuore pulsante per educare bene ed essere nel territorio per le nuove generazioni punto di riferimento che però in tal modo viene meno. Stiamo vivendo continue ordinanze che si susseguono in tempi stretti – chiosa la referente regionale USMI – e che vedono un piano vaccinale in cui nulla è monitorato. Nella mia scuola siamo stati tutti sottoposti a vaccino: 37 dei miei dipendenti hanno segnalato febbre altissima, con effetti collaterali in massa. Il giorno successivo la mia scuola è stata in ginocchio, non abbiamo potuto aprire e dare servizio alle nostre famiglie”.
Per Stefania Tetta, docente e coordinatrice didattica, referente di FIDAE per Puglia e Basilicata, c’è da rimanere sconcertati da ordinanze repentine, emanate a ridosso della notte. “Ha lasciato particolarmente sconcertati – specifica Stefania Tetta – quella dello scorso 14 febbraio, perché le famiglie hanno comprensibilmente intasato i canali di comunicazione delle scuole, non sapendo come potersi riorganizzare a distanza di due giorni un’intera famiglia. Noi ovviamente sappiamo che la situazione è molto complessa, la posizione del presidente Emiliano non è semplice, ma chiediamo che le decisioni siano prese su dati oggettivi”.
Fabio Daniele, referente di FISM Puglia, esperto in politiche educative nella fascia 0/6 anni, ovvero per gli asili nido e le scuole dell’infanzia, denuncia la scarsa attenzione per i più piccoli: “I più piccoli non sono stati toccati dalle ordinanze fino allo scorso 20 febbraio. Ma ora? Come si crede di poter fare DaD o DiD con i bambini di 3 anni? È impossibile e anche se ci si organizza c’è comunque bisogno della presenza dei genitori. Non si parla semplicemente di scuola, ma, per i più piccoli, di un ambiente di aggregazione. Si poteva comprendere una sorta di DaD per questa fascia di età durante il lockdown dello scorso anno, in emergenza, per mantenere necessari legami, ma ora i bambini non possono fare orario scolastico completo, restando per cinque o sei ore davanti a dispositivi. Serve andare a scuola perché stando a casa bambini e ragazzi perdono tanti aspetti della vita scolastica, delle relazioni, della vita sociale come incontrare gli amici, rispettare delle regole, alzarsi presto per arrivare in orario e avere cura di se stessi. Molti sono i casi di bambini demotivati a prendersi cura di sé (lavarsi, pettinarsi) perché non devono andare a scuola”.
Nel complesso la battaglia scuola aperta/scuola chiusa si basa quindi sui dati e il loro utilizzo. Lucida l’analisi di Roberto Romito, presidente regionale per la Puglia dell’ANP, che informa: “Per lungo tempo non abbiamo avuto a disposizione i dati allegati all’ultima ordinanza regionale sulla scuola. Come associazione abbiamo creato un piccolo, ma operativo osservatore per dedurre dati su frequenza e situazione sanitaria nelle scuole. Suscita perplessità il fatto che i dati ora pubblicati fossero raccolti fin da gennaio e mai condivisi. Mi chiedo, in questo “tsunami della normativa”, ma nella scuola il pericolo c’è o non c’è? Se c’è allora a questo punto si dovrebbero chiudere totalmente le scuole e mettere in DaD il 100% degli alunni, senza eccezioni, perché le eccezioni e la facoltà di frequentare in presenza vedono l’80% nella scuola primaria, il 50% nella scuola media e il 20% nella scuola superiore. Insomma… uno scaricabarile da parte di chi governa su scuole e famiglie”.
Per Romito, che di scuola ne sa per via di una lunga esperienza, “la concertazione portata avanti dalla Regione Puglia ha larghi vuoti di rappresentanza avendo visto interessati soltanto i sindacati. È necessario sentire anche la voce di altre parti sociali, come associazioni, scuole paritarie (su cui valgono ugualmente le norme emanate). Abbiamo inoltre chiesto garanzie e informazioni di ordine sanitario, chiare per tutti, su tracciamento e monitoraggio. Confidiamo di essere ascoltati”. Il dibattito promosso dalla nostra testata su Puglia Press TV è stato il più autorevole che sia stato fatto in questo momento. Grazie a tutti gli intervenuti.
Pier Damiano Mazza