Approvata la nuova PAC
Scontenti gli ambientalisti: “Grean Deal sconfessato”. Diverso il parere di Paolo De Castro E Herbert Dorfmann: “Adesso si è pronti a difendere le nostre ambiziose posizioni nei negoziati con Commissione europea e Consiglio dei Ministri per una politica che è stata il cemento della costruzione dell’Europa e che, oggi, assume un valore straordinariamente strategico per il nostro futuro”.
La riforma della Politica Agricola Comune (PAC) è realtà. È stata approvata lo scorso 23 ottobre ed entrerà in vigore dal 2023. In particolare, è stata licenziata la modifica dei tre Regolamenti, che sono alla base della prima fonte comunitaria di sussidio al settore primario. A votarla favorevolmente sono stati: Gruppo Partito Popolare Europeo (PPE); Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D); Alleanze dei Liberali, Democratici per l’Europa, Partito Democratico Europeo (Recuw Europe). In cifre: 425 voti a favore, 212 contrari, 52 astenuti. Complessivamente, sono 309 miliardi di euro i quattrini disponibili e da distribuire a circa 9 milioni di agricoltori europei per il periodo 2021-2027.
L’approvazione, comunque, è giunta non senza difficoltà: 1350 gli emendamenti presentati, in un Parlamento decisamente frammentato sulle posizioni ambientali che fanno da ossatura al “Green Deal” (Affare Verde).
Ora il Parlamento Europeo potrà iniziare i negoziati con la Commissione e il Consiglio. Nel frattempo si potrà procedere con i regolamenti transitori, dal momento che le regole attuali scadono il prossimo 31 dicembre. Con le modifiche proposte, almeno il 30% dei finanziamenti del “secondo pilastro” della PAC sarà destinato ad agricoltori che implementano regimi ecologici volontari; il 20% del “primo pilastro” si chiede di destinarli agli eco-schemi, politiche green quali agricoltura di precisione, agroforestale e agricoltura biologica. Inoltre, il Parlamento vorrebbe utilizzare almeno il 35% dei fondi del “secondo pilastro” per finanziare qualunque iniziativa legata al clima o all’ambiente. Il massimale degli aiuti diretti è stato fissato a 100mila euro annui. Per salvaguardare le piccole e medie imprese, almeno il 6% dei pagamenti diretti nazionali dovrà essere destinato ed esse, e almeno il 2% a sostegno dei giovani agricoltori.
“Il Parlamento ha riconosciuto ed esplicitato il legame tra il settore agricolo e l’Accordo di Parigi. Combina gli attuali finanziamenti diretti con nuovi eco-schemi e un fondo green dedicato”, è questo il pensiero di Peter Jahr (Democratico Cristiano tedesco), membro dell’Ufficio di Presidenza del Gruppo PPE. Anche Teresa Bellanova, ministro italiano delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, ha condiviso la decisione dell’Europarlamento, auspicando “una politica agricola sempre più attenta alle esigenze ambientali e che contrasti efficacemente i cambiamenti climatici. Diametralmente opposta la reazione di Greenpeace, Legambiente e WWF. Per Federica Ferrario, responsabile campagna agricoltura di Greenpeace Italia, “miliardi di euro di denaro pubblico spingeranno ulteriormente l’agricoltura verso la catastrofe climatica. A meno che la Commissione europea non cestini questa proposta e ricominci da zero. Doveva essere l’occasione storica – spiega Ferrario – per promuovere la riconversione ecologica di un settore, che ha livelli di produzione insostenibili per l’ambiente ed è spesso anche poco remunerativo. Per tanti agricoltori italiani è diventata l’ennesima riprova del potere delle lobbies dell’agricoltura industriale e della priorità che hanno i loro interessi sulla salute di persone e ambiente”.
Non dissimile la convinzione dell’European Policy Office del WWF: “Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’UE hanno chiuso gli occhi e le orecchie di fronte alla biodiversità e alle crisi climatiche, avviando un futuro della politica agricola comune con poca credibilità ambientale. In un modo sorprendentemente coordinato, poi, sia in termini di tempistica che di contenuto, i co-legislatori si sono opposti fermamente alla Commissione europea e al suo Green Deal diminuendo le condizioni ambientali di base legate ai sussidi agricoli dell’UE. L’inverdimento della politica agricola dipenderà ora in gran parte dagli eco-schemi, un nuovo e non testato sistema di incentivi per gli agricoltori”.
Stefano Ciafani, Presidente nazionale di Legambiente: “Così com’è la PAC tutela solo gli interessi dei maggiori produttori industriali e dei proprietari terrieri più ricchi. Agricoltori, natura e ambiente sono stati messi da parte e gli obiettivi climatici dell’UE sono ora a rischio. Siamo profondamente delusi perché si dissolve la speranza che la PAC possa essere parte sostanziale del Green Deal europeo. Le misure agroambientali non verranno adeguatamente sostenute e si continuerà a finanziare un modello agricolo che porta alla perdita di biodiversità, contribuendo alla crisi climatica”. Il suggerimento di Ciafani: “Quasi 60 miliardi di euro dei contribuenti dell’UE vengono spesi ogni anno per i sussidi della PAC, per lo più allo scopo di finanziare un modello di agricoltura intensiva e di allevamento industriale. Be’, vanno aboliti e riconvertiti in incentivi per favorire la riduzione degli impatti su acqua e aria, e la conservazione della fertilità del suolo e degli ecosistemi. L’auspicio – aggiunge – è che nell’iter conclusivo di approvazione della PAC si trovi spazio per recuperare almeno una parte degli sforzi fatti dalla Commissione Von Der Leyen per garantire la transizione ecologica. Chiediamo che, in maniera vincolante, vengano incorporate nella PAC e nella sua attuazione italiana le strategie dell’Unione europea Farm to fork e Biodiversità”.
Dice la sua anche il Commissario europeo per l’agricoltura, Janusz Wojciechowski: “Alcuni degli emendamenti concordati non condividono la nostra ambizione per una PAC più verde ed equa”. Insomma, il futuro della PAC è nelle mani dei negoziati a farsi tra Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione Europea, dove verranno definiti i nuovi criteri di funzionamento di uno strumento che da solo assorbe circa un terzo dell’intero bilancio della UE.
All’insoddisfazione e critiche, comunque, fa da contraltare la contentezza di Paolo De Castro e Herbert Dorfmann, Coordinatori S&D e PPE della Commissione Agricoltura al Parlamento Europeo. All’unisono sostengono: “Con il voto favorevole sulla PAC, l’Europarlamento ha lanciato un segnale ai nostri agricoltori: l’Europa è al vostro fianco nella transizione verso sistemi produttivi sempre più sostenibili e redditizi. L’equilibrio trovato nel compromesso raggiunto, dopo mesi di negoziazioni, garantirà sostegno e sicurezza ai nostri agricoltori per il prossimo decennio, con una nuova PAC più sostenibile non solo dal punto di vista ambientale, ma economico e sociale”. La puntualizzazione: “La politica agricola comune aveva bisogno di un cambiamento per accompagnare i nostri agricoltori a fare un ulteriore salto di qualità nell’erogazione di servizi ambientali a beneficio dell’intera collettività. Abbiamo insistito per ottenere un budget minimo più elevato per i nuovi eco-schemi, la misura che dovrà guidare verso pratiche produttive ancora più sostenibili. Per quanto riguarda lo Sviluppo Rurale, sono state elevate al 35% le spese per i provvedimenti ambientali, quali l’agricoltura biologica”. Per De Castro e Dorfmann, inoltre, l’Unione ha “la responsabilità di fornire prodotti alimentari salubri e di altissima qualità a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro potere d’acquisto. Non accetteremo mai che i prodotti europei diventino riservati a un’élite di consumatori, come invece vorrebbero altri”. Il messaggio a chi ha orecchi per intendere: “La dimensione economica della PAC non è stata mai messa in discussione perché il suo obiettivo è quello di migliorare la produttività e sostenere il reddito degli agricoltori. Per questo abbiamo lottato per un’agricoltura più forte e competitiva, salvaguardando le misure economiche del primo pilastro. Ossia, i pagamenti diretti e accoppiati alle nostre produzioni strategiche e redistributivi per i piccoli agricoltori, oppure finanziamenti per l’attività dei giovani agricoltori”. La consapevolezza finale: “Non potevamo accettare l’esautorazione delle nostre Regioni nella PAC. Tant’è siamo riusciti a salvaguardarne il ruolo cruciale, certi che solo tramite il pieno coinvolgimento si potrà rispondere ai bisogni dei nostri agricoltori e delle nostre aree rurali. Serviva altresì un’armonizzazione dei livelli di pagamento all’interno degli Stati membri, obiettivo che abbiamo raggiunto non senza difficoltà”.
RAFFAELE CONTE