Museo delle Scienze Naturali e Ambientali
L’entomologo Valentino Valentini lo propone da oltre 20anni ma la politica gli sbatte le porte in faccia. Eppure, i musei didattico-scientifici rappresentano una realtà nella responsabilizzazione e democratizzazione delle società, per costruire un futuro sostenibile.
“Da oltre vent’anni cerco di far comprendere ai vari sindaci l’importanza dell’istituzione di un museo delle “Scienze Naturali e Ambientali”. È stato un vano prodigarsi. Forse, legato ad endemico “menefreghismo”’ per gli ambienti naturali, pur con le emergenze climatiche attuali che diventano sempre più problematiche in un territorio manomesso da svariate forme d’inquinamento”. Sembra una dichiarazione richiamante la guerra eterna tra uomo e ambiente; invece, racchiude la speranza del noto naturalista-entomologo-scrittore tarantino, Valentino Valentini. Il suo sogno è di “poter vedere apprezzare la sacralità della vita attraverso la consapevolezza di tutti che l’ambiente va culturalmente preservato, esplorato e diffuso”. Di qui l’auspicio del dottor Valentini di riuscire a realizzare il museo in specie almeno nel comprensorio del parco “Terra delle Gravine”. Si appella a tutti e 14 i sindaci dei comuni facenti parte del comprensorio, da Ginosa a Villa Castelli (Brindisi), compreso Taranto e Martina Franca..
Dottor Valentini, perché questo coinvolgimento generalizzato?
Intanto, chiedo mi si dia un motivo del perché la comunità jonica debba essere privata d’un bagaglio culturale tanto utile quanto indispensabile. Ritengo che il Museo di “Scienze Naturali e Ambientali” costituisca un validissimo strumento di cultura, didattica e ricerca. Altresì, “risuscitare” anche economie e occupazione per giovani laureati e diplomati.
Lei parla di cultura, dalle nostre parti bisogna intendersi meglio.
Non vi è né può esserci contrapposizione tra cultura umanistico-letteraria e quella scientifica. Anche se la prima è preponderante specie nelle Regioni che si affacciano sul Mediterraneo. Però, lo si spieghi ai grandissimi del passato: Erodoto, Platone, Plinio, Aristotele, Giacomo Leopardi.
Cosa c’entra in tutto ciò il parco “Terra delle Gravine”?
C’entra, eccome. I rispettivi territori hanno valenze floro-faunistiche di gran pregio. Ne deve essere proclamata l’unicità della conoscenza, che è letteraria e umanistica, ma anche scientifica.
Quale tipo di museo vuole realizzare?
Permanente, di cultura “nuova”, moderna. Priva di piante e animali morti rinsecchiti di “vittoriana” memoria. Deve dare migliore conoscenza delle piante spontanee e degli animali selvatici dei nostri ambienti naturali, delle loro funzioni ed interazioni. Iniziando dalla microfauna, comprendendo i lineamenti di Ecologia (struttura e funzioni degli ecosistemi naturali a grandi linee), con doverosa estensione alla Entomologia agraria e al controllo biologico degli Insetti in agricoltura: Xylella docet. Avvicinarsi, di fatto, alla Natura in modo corretto ed elegante, ma anche emozionante e divertente. Lo vedo luogo di luci, colori, fondali, diorami, pannelli disegnati e dipinti interamente a mano, supportati da brevi didascalie che diano al visitatore riconoscimento scientifico, senso dell’accomunamento e della familiarità. Che offra approfondimenti rispetto a culture vernacolari da Oriente ad Occidente del Globo, che ancora oggi considerano la Natura come “teofania”, cioè manifestazione della divinità.
Insomma, un museo-laboratorio come quello unico nazionale della “Fauna Minore” da lei ideato, realizzato e diretto a San Severino, nel parco del Pollino?
Sissignore, speculare.
Il costo?
Necessitano alcuni locali privi di umidità, vetrine espositive per le collezioni microfaunistiche, testi, materiali ed attrezzature per entomologia, disegnatori o modellisti guidati ed istruiti da me. Sono pronto a donare la vasta e importante rassegna personale di esemplari del territorio (valore inestimabile) tassonomicamente organizzati secondo classe, ordine, famiglia, genere e specie.
Non solo le città joniche sembrano distratte dall’importanza della biodiversità. Ossia, l’enorme varietà di geni, specie ed ecosistemi. Tutti legati tra loro, tutti indispensabili per la vita.
La biodiversità è un patrimonio universale inestimabile, frutto di tre miliardi e mezzo di anni di evoluzione. All’idea dell’esistenza di una diversità biologica riguardante tutti i viventi, l’uomo era già pervenuto più volte nel corso della sua storia: la vedeva addirittura nel frumento Tito Lucrezio Caro (nell’opera “De Rerum Natura”), dopo che Aristotele aveva improntato tutta la sua impostazione naturalistica nella grande complessità e molteplicità del mondo della natura vivente. Due naturalisti (Lucrezio e Aristotele) classici per eccellenza richiamati per una formulazione assonante delle parole che definiscono buon senso e arguzia. Come scrive il grande ecologo Ernst Mayr per sopravvivere, ogni organismo vivente (quindi, anche l’uomo) dipende dalla conoscenza della diversità del suo ambiente, o, almeno, dalla sua capacità d’affrontarla.
Può un museo di storia naturale essere utile alla comunità tarantina e non, per comprendere meglio il concetto di biodiversità?
La risposta è decisamente affermativa, specialmente nel caso in cui tale museo non presenti solamente una sistematica rassegna di specie con relative didascalie, magari “chilometriche”. Piuttosto offra una visione d’insieme della diversità biologica e degli ecosistemi naturali, non trascurando l’effetto della “stupefazione” che disegni, diorami e grandi modelli in scala possano sortire nei visitatori.
Il modus operandi virtuoso del dottor Valentini è stato sempre quello di unire gli sforzi verso un obbiettivo condiviso. Lavorare sull’organizzazione, sul coordinamento, sulla valorizzazione di un patrimonio comune o comunque affine, all’insegna della sussidiarietà… Sussidiarietà: un concetto antico che riporta alla mente il lavoro di bottega, in cui il fine comune era sostenuto da un lavoro di gruppo, teso alla realizzazione di opere d’arte o architetture che, ancora oggi, rappresentano la geografia artistica del nostro Paese, quella che l’intero mondo ci invidia. Perché è questo che accade, ancora oggi: l’invidia degli altri giustifica una stasi senza fine nel mondo della cultura, una stasi che a fatica tenta di muoversi nel basso della mediocrità, che affida ruoli politici alle più sonore incompetenze e ruoli di prestigio legati alla cultura ad esemplari da rivista e red carpet. La volontà e abnegazione con cui il dottor Valentini porta avanti l’istituzione del Museo Scienze Naturali e Ambientale (se si vuole: “Casa della Natura” o altro, qualora il termine “museo” evocasse “cose vecchie e polverose”), è quella di una giusta e sacrosanta cosa da far ricordare nei capitoli dei grandi manuali delle scienze naturali, riconoscendovi in essi la Storia dell’Uomo. La cecità dinanzi alla quale sempre più ci si ritrova, in un mondo troppo spesso fatto di sagre e lotterie di piazza, senza solitamente conoscere né la tradizione enogastronomica né le origini della piazza stessa. Chi non ha compreso che la cura per i mali del nostro tempo è la cultura, resterà malato di ignoranza. La sfida è certamente appassionata, spregiudicata di chi ama osare. E non poteva che essere un’idea di Valentino Valentini. Chi lo conosce sa bene due cose: egli è in grado di avere idee geniali, strettamente simbiotiche all’universo del logos, e sa risolvere, in modo impensabile, problemi, figlio di una sapiente techné. Chi non lo conosce molto bene può riconoscergli certamente un eclettismo di ampiezza immane, tal quale alla sua umiltà. Sindaci jonici, svegliatevi! Tenete quotidianamente presente la riflessione del Primo cittadino di Bilbao, Juan Maria Aburto, città ex industriale e portuale e fortemente inquinata, risorta come “Araba Fenice” dalle ceneri: “Sono convinto che non esisteranno città economicamente importanti che non siano, nello stesso tempo, culturalmente importanti”.
RAFFAELE CONTE