Questo matrimonio non s’ha da fare
Confagricoltura è contraria alla fusione delle Camere di Commercio di Taranto e Brindisi. “Invece di favorire la ripresa, con l’accorpamento si complicherebbe tutto”, è quanto sostiene Luca Lazzàro, Presidente regionale della medesima confederazione. Che aggiunge: “Apprendo con favore la notizia dell’approvazione da parte delle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Lavori Pubblici del Senato dell’emendamento per la sospensione sino ad almeno dicembre 2021 degli effetti del decreto legge per gli accorpamenti delle Camere di Commercio e auspico una piena convergenza da parte dei parlamentari pugliesi”. La riorganizzazione degli Enti camerali infatti volge alla fusione delle Camere di Commercio di Taranto e Brindisi.
La riforma, già in cantiere da cinque anni, ha registrato negli ultimi tempi un’accelerata improvvisa: il decreto legge dello scorso mese di agosto (104/2020) ha fissato al successivo 14 ottobre il termine per chiudere i lavori. Entro quella data, se non andrà in porto la sospensione sino a fine 2021, è previsto che le Camere di Commercio subiscano una energica riduzione: da 105 a 60. L’obiettivo, tra l’altro, è fissato dalla riforma della Pubblica amministrazione, emanata nel 2015 dal ministro Marianna Madia. Se la fusione non avesse termine entro la predetta data, il decreto legge prevede la nomina da parte del Ministero dello Sviluppo Economico di un commissario ad acta e la relativa decadenza di tutti gli organi di gestione; cosa già avvenuta con la nomina della dottoressa Claudia Sanesi, Segretario generale facente funzioni della Camera di Commercio di Taranto, chiamata a svolgere gli adempimenti necessari e propedeutici per l’integrazione delle due strutture ed a gestire le procedure per la costituzione degli Organi del nuovo Ente. Gli attuali resteranno in carica fino all’insediamento del nuovo Consiglio.
La riforma, è bene ricordarlo, rientra nella più grande revisione dell’architettura dello Stato che portò al referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. In quella consultazione referendaria gli italiani, a larghissima maggioranza, bocciarono i quesiti proposti da Matteo Renzi ed Elena Boschi, travolgendo anche il Governo. Oltretutto, i cittadini si espressero chiaramente nella direzione di non abolizione delle Province. Il caos fu innescato dalla riforma di Graziano Delrio, Ministro agli Affari regionali, pensata come ponte verso l’uscita delle Province dal testo della Costituzione. Ma i ‘No’ stravinsero e la Repubblica italiana continua a essere costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato (articolo 114 della Costituzione)), anche se nel frattempo tagli e mobilità ne hanno alleggerito i bilanci e desertificato gli organici.
Da allora, però, nulla è stato fatto sia per reintrodurre l’elezione diretta dei Consigli provinciali che per fermare la riduzione delle Camere di Commercio. Quella di Taranto-Brindisi, con sede legale a Taranto, fu istituita il 16 febbraio 2018, con specifico decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda. Il provvedimento definisce l’assetto territoriale delle Camere di Commercio italiane in attuazione dell’articolo 3 del Decreto legislativo 25 novembre 2016, numero 219. Concerne l’attuazione della delega di cui all’articolo 10 della legge 7 agosto 2015, numero 124, per il riordino delle funzioni e del finanziamento delle Camere di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura. Da subito, però, Alfredo Malcarne, Presidente dell’Ente camerale di Brindisi, aveva espresso la propria contrarierà, impugnando l’atto davanti al Tar del Lazio. “Il Decreto – sosteneva Malcarne – è già esecutivo. Hanno bypassato la volontà delle singole Camere di commercio e della Conferenza Stato-Regioni, che non ha dato il proprio consenso. Mentre il Governo, motu proprio, ha approvato il decreto nell’ultimo Consiglio dei Ministri utile, per far partire la procedura prima delle votazioni. Un colpo di mano, o meglio un colpo di coda”. Di parere completamente opposto, fu il presidente nazionale di Unioncamere, Ivan Lo Bello: “Questo passaggio – diceva – segna la fine dell’iter legislativo iniziato con la riforma della Pubblica Amministrazione e delinea chiaramente la nuova identità ed i nuovi compiti del sistema camerale nel Paese. Per sottolineare la nascita delle nuove Camere di commercio abbiamo lanciato un nuovo logo del sistema camerale, un segno moderno, inclusivo e partecipativo che ben rappresenta il segno di questo cambiamento”.
Per Lo Bello, “le Camere di Commercio si sono razionalizzate nella presenza sul territorio e, dalla riforma, si sono dotate di nuove funzioni innovative coerenti con i piani di sviluppo del Paese in tema di digitalizzazione, orientamento, formazione, turismo e cultura”. Senonché, il ricorso di Malcarne ha ottenuto la sospensiva da parte del Consiglio di Stato, con sentenza pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 31 agosto scorso. Adesso si attende la fissazione dell’udienza di merito, prima della successiva decisione finale, di fronte al Tar del Lazio. Era stato proprio il Tribunale amministrativo in specie, non solo nell’ambito del giudizio avviato dall’Ente camerale brindisino ma anche dalle Camere di Commercio di Massa Carrara, Rieti, Pavia e Terni, a rivolgersi alla Consulta, contestando la costituzionalità della legge delega sul riordino. Vicenda sulla quale la Corte si era già espressa in altra occasione, stabilendo che il decreto di attuazione del Ministro doveva essere adottato previa intesa con la conferenza Stato-Regioni. Di qui la chiusa di Confagricoltura: “Non siamo assolutamente d’accordo alla fusione delle Camere di Commercio di Taranto e Brindisi e, soprattutto, non condividiamo l’accelerata imposta dal decreto legge agostano che obbligherebbe a concludere le operazioni a ridosso di una delicata competizione elettorale per la Regione Puglia”. L’appello del Presidente Lazzàro e quello di Confagricoltura Brindisi, Antonello Bruno: “Auspichiamo una piena convergenza da parte dei parlamentari pugliesi. In caso di accorpamento i territori di Taranto e Brindisi verrebbero penalizzati. Sebbene confinanti, hanno esigenze e peculiarità economiche e produttive molto diverse. Non genererebbe alcun tipo di risparmio, in quanto personale e sedi rimarrebbero intatti.
Comporterebbe, invece, una penalizzazione delle realtà più piccole, un rallentamento nelle procedure e una riduzione della rappresentanza delle imprese in seno agli organi di governo delle due Camere, che non hanno alcun tipo di emolumento, sono a costo zero”. In seguito all’eventuale unione, Taranto e Brindisi dovrebbero dialogare con due Tribunali, due Province, due Prefetture, due Aree di crisi complesse e con due importanti Autorità del sistema portuale: Mar Jonio e del Mare Adriatico Meridionale. “Non sarà la presenza di più vice presidenti a risolvere il naturale rallentamento di tutte le numerose iniziative legate al mondo dell’impresa. Tutti gli sforzi – evidenziano Lazzàro e Bruno – devono essere concentrati verso la semplificazione della ripresa economica. Soprattutto in questo delicatissimo periodo afflitto dalla pandemia Covid-19. A parte le tante attività dei due territori che non sono ancora ripartite dopo la fine del lockdown, molte altre rischiano la chiusura e l’accorpamento non agevolerebbe. Quindi, si deve favorire la ripresa economica con la semplificazione, con interventi di sostegno rapidi e importanti e non imporre ulteriori e farraginosi lacci e lacciuoli”.
RAFFAELE CONTE