BAT – La cultura del dialetto nelle opere di Nicola Parente: l’intervista esclusiva.
Una vita per la poesia, dedicata alla continua riscoperta del dialetto.
Nicola Parente, originario di San Ferdinando di Puglia, commediografo, scrittore e poeta, ha riservato gran parte della sua vita nel raccontare a giovani e adulti l’importanza di quella lingua ormai desueta, ma sempre affascinante: il dialetto. Una sorta di battaglia per la riscoperta di questa forma di linguaggio così importante.
Le sue poesie sono incentrate, in diversi casi, su momenti importanti nella vita del suo paese d’origine, come la nascita della Fiera del Carciofo, rassegna al centro di una disputa storica con la vicina cittadina di Trinitapoli.
Tra le sue creazioni in vernacolo, numerosi sono stati negli anni i calendari da lui pubblicati sulla vita del suo paese.
Tra i maggiori riconoscimenti da lui conseguiti, è sicuramente da ricordare la pergamena consegnata allo scrittore dal Prof. Giovanni Moro, figlio dello statista scomparso, per la sua poesia dedicata alla memoria del padre, dal titolo: ” AD ALDO MORO “.
Degna di nota anche la targa conferitagli nel giorno 8 Maggio 1987dalla Regione Puglia ad opera del Procuratore della Repubblica DELL’ ANDRO e dell’assessore regionale Binetti.
Nelle sue poesie rivive l’amore per la sua terra, per quelle tradizioni ora meno usuali, ma sempre bellissime da ricordare, come anche il dialetto, forma di linguaggio oggi trascurata, ma dal fascino antico.
Queste le sue dichiarazioni ufficiali per Pugliapress:
Cosa cerca di trasmettere al pubblico con le sue poesie? A quando risalgono le sue prime composizioni?
” Nelle mie poesie esprimo sicuramente l’amore che nutro per il mio paese e per le tradizioni ormai scomparse. Ho cominciato a comporre le prime poesie nel 1982 e quattro anni dopo ho pubblicato la mia prima raccolta che si intitola ” U paiése méie” (Il mio paese).”
Una delle sue creazioni poetiche più conosciute riguarda la nascita della rinomata Fiera del Carciofo. C’ è qualche retroscena legato a tale componimento?
“La Fiera del Carciofo avrebbe dovuto inizialmente svolgersi a Trinitapoli. Gli abitanti del luogo volevano valorizzare il loro prodotto principale, ma non riuscirono a trovare uno spazio adeguato dove poter tenere tale avvenimento. Fu così che un nostro concittadino, il Prof. Vincenzo Bafunno portò questa fiera a San Ferdinando. Era il 1961. Tutto ciò io lo descrivo nella mia poesia ” Scarciofl”, per la quale sono stato omaggiato di una targa ricordo dall’ attuale Amministrazione comunale durante la Fiera del Carciofo 2017.”
Esiste ancora, secondo lei, la cultura delle tradizioni nel popolo di San Ferdinando?
“Negli anni il paese è molto cambiato, certi lavori sono scomparsi, molte delle tradizioni del periodo pasquale e natalizio, che io descrivo nelle mie poesie e a cui ero molto legato, oggi purtroppo non esistono più. Anche la festa patronale non è più come una volta. Le festività ora sono meno sentite, rispetto al passato.”
San Ferdinando di Puglia è stato il paese natale di grandi artisti del passato, come il batterista Franco Camporeale, il regista western Franco Di Leo, il musicista Enzo Di Paola. Pensa che le nuove generazioni possano continuare questo importante percorso artistico intrapreso dai loro predecessori?
“Purtroppo, se un sanferdinandese possiede una vena artistica, difficilmente viene valorizzato qui in paese, per cui molto spesso per emergere è costretto ad emigrare altrove. Come diceva Gesù : ” Nemo propheta in patria.”
Secondo lei, qual è il maggior pregio del popolo pugliese, e di quello di San Ferdinando in particolare?
“Uno dei pregi maggiori del popolo pugliese e anche del sanferdinandese è quello di essere grandi lavoratori e grandi organizzatori.”
Il dialetto, una forma di linguaggio forse un po’ trascurata oggi. Quanto è importante, secondo lei, andare a riscoprire le origini della lingua dei nostri avi, soprattutto per le nuove generazioni?
“Il dialetto è la nostra lingua madre, quella sonorità che percepiamo dai nostri nonni, dai nostri genitori, sin da piccoli. Il dialetto attuale, però, non è più quello di una volta: spesso si mescola all’ italiano, molti termini sono caduti in disuso e sono sconosciuti ai giovani. Quindi, secondo me, il dialetto dovrebbe essere insegnato anche nelle scuole. Nonostante tempo fa, mi fu detto da un esimio docente di continuare a zappare la terra e di non mettermi a fare il professore, alcune volte sono stato invitato nelle scuole e ho parlato con i bambini e con i giovani che si dimostrano sempre molto entusiasti di ascoltare le mie poesie, anche se il mio dialetto è molto diverso da quello che loro conoscono.”