Lo stadio di Roma, il progetto di F. Prosperetti e quello sciagurato disegno sbagliato.
Il 14 giugno del 2017 verrà ricordato come il mercoledì nero nella storia della Tutela dei Beni Culturali in Italia. Tutto ciò perché ieri, appunto, una commissione del Ministero dei Beni Culturali (MiBACT) ha deciso che il nuovo stadio per la A.S. Roma si potrà fare così come richiesto dai proponenti e soprattutto dove i medesimi vogliono sia costruito. Ciò comporterà l’abbattimento dell’ippodromo di Tor di Valle progettato dall’architetto J. Lafuente in occasione delle Olimpiadi di Roma del 1960. Ieri quindi una commissione olistica (invenzione sublime del ministro Dario Franceschini) ha stabilito che la proposta del vincolo sull’ippodromo è inaccettabile. Addirittura il soprintendente di Roma Francesco Prosperetti, unico architetto presente in questa commissione, ha definito quella proposta di vincolo «impraticabile», «inapplicabile» in barba al parere di tutti i comitati tecnico scientifici dello stesso MiBACT che invece riconoscevano a quell’architettura dignità di bene da tutelare. Questa storia, dai risvolti tutti da indagare e auguriamo qualcuno lo faccia al più presto, ci interessa oggi invece per l’aspetto “propositivo”. Lasciamo che siano le parole dello stesso Soprintendente F. Prosperetti a spiegare la sua proposta: « […] la procedura di vincolo non tutelava il bene in sé, ma in quanto testimonianza di una stagione storica e culturale. Il che spinge la proprietà a proporre di demolire la tribuna sostituendola con la ricostruzione di una sua porzione, progettata dall’architetto Paolo Desideri, alla quale viene annesso un museo che documenta gli impianti sportivi realizzati negli anni Cinquanta e Sessanta» (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2017/06/14/prosperetti-vincolo-inapplicabile-non-garantiva-la-gioielloRoma05.html?ref=search).
Idea terrificante questa esposta perché adotta una logica alla Las Vegas, città dei casinò per eccellenza, dove si ricostruiscono copie di monumenti celebri anche a scala ridotta perché tanto è la logica del fast-food a dominare. A Roma, non Las Vegas, vogliono distruggere in sostanza un “originale” bene architettonico dal riconosciuto valore storico sostituendolo con la copia di una sua parte, una fetta di monumento. A F. Prosperetti, visto che dal suo curriculum si apprende che parla un inglese fluente, verrebbe da ricordare il celebre ritornello di Renato Carosone ovvero: «Tu vuo’ fa’ l’americano ma si’ nato in Italy».
Al di là di questa estrosata paradisiaca colpisce però molto il progetto di quella “fetta di ippodromo” da ricostruire secondo l’idea di F. Prosperetti. Nel disegno di quel pezzo di tribuna scopriamo infatti qualcosa di molto interessante. Prima però bisogna ricordare un dettaglio fondamentale. Una delle ragioni, fortemente sottolineate dagli esperti di architettura inclusi i comitati tecnico scientifici ministeriali, che caratterizzano le coperture in cemento armato dell’ippodromo di J. Lafuente è la loro forma geometrica, quella di un paraboloide iperbolico.
Ritorniamo al disegno del progetto presentato da F. Prosperetti e scopriamo che il paraboloide iperbolico è sparito e sostituito da una piramide schiacciata e rovesciata.
Questo significa che non conoscono l’architettura dell’ippodromo, non sanno disegnare un paraboliode iperbolico ed ignorano pure la storia del monumento. Nonostante tutto queste stesse persone ne decretano la distruzione. Non abbiamo più parole se non quelle, ancora una volta, di R. Carosone: «Tu vuo’ fa’ l’americano siente a me chi to fa’ fa’».
Ce ne sono altre però e pesano invece come un macigno, quelle dette da Renato Nicolini, a proposito di un’altra vicenda, un altro abbattimento, quello del Velodromo, sempre a Roma, sempre un’opera per le Olimpiadi del 1960 e sempre legata allo stesso F. Prosperetti all’epoca Direttore Regionale del Lazio. R. Nicolini affermava nel 2008: « […] il fatto che il divieto a toccare il Velodromo da parte del ministero dei Beni culturali sia saltato così in fretta è il segno che questo non è un paese libero. Non lo può essere: è palese la subalternità dei tecnici ai poteri politici».
(http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/07/25/che-tristezza-era-il-capolavoro-di-mio.html)
Fabio A. Grasso
L’immagine della proposta Prosperetti è tratta da Repubblica del 14 giugno 2017.