Lo stadio di Roma e la profezia di quel “Faglielo fa’ sto stadio!”
Sono ancora vaghe le voci che trapelano dal complesso del San Michele a Roma dove ieri si è riunita la Commissione Regionale – Lazio per la Tutela al fine di decidere sul vincolo dell’Ippodromo di Tor di Valle.
Non sappiamo quindi quali siano le motivazioni che avrebbero spinto a rivedere la procedura del vincolo avviata nel Febbraio 2017 così come emerge dal comunicato (Agenzia Dire) apparso nel primo pomeriggio del 13 Giugno scorso dove il soprintendente F. Prosperetti ha definito «impraticabile» la proposta di vincolo sull’Ippodromo.
Forse hanno deciso in tutta fretta e senza prendersi un giorno di riflessione in più, il segretario regionale e i soprintendenti del Lazio: un’archeologa, un amministrativo, uno storico dell’arte, un archivista (il dirigente dell’ufficio che vincolò l’archivio di J. Lafuente progettista dell’ippodromo) e F. Prosperetti, unico architetto.
Questo vuole la tutela “olistica”. Chissà che carte avranno visionato e con che tipo di approfondimento le hanno analizzate.
Il vincolo era stato avviato dalla soprintendenza di Roma con il parere favorevole dei comitati tecnico scientifici del medesimo ministero dei Beni Culturali (MiBACT) e con l’appoggio della Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee.
Più di una lettera era stata inviata da quest’ultimo ufficio per evidenziare l’assoluta unicità del bene Ippodromo ed in particolare le sue tribune, censite come architettura di eccellenza nel portale Architetture del Novecento del MiBACT. Oggetto di decine di studi, fin dai tempi della costruzione; negli ultimi giorni anche il DOCOMOMO Italia (Associazione internazionale per la tutela del patrimonio architettonico ed urbano del Moderno) si era speso per raccomandarne la tutela.
A nulla però sono valsi gli appelli di fronte agli “strilli” della società proponente la costruzione del nuovo stadio che comporterà la distruzione dell’ippodromo. «Abbiamo riscontrato tutte le osservazioni di carattere tecnico e storico artistico» dicono i funzionari ministeriali incaricati del procedimento per la tutela dichiarando in più di essere disposti a rendere pubblica l’enorme quantità di materiale scientifico accumulato durante la loro attività di ricerca.
Purtroppo F. Prosperetti non ha voluto nessuno di questi funzionari ovvero proprio coloro che così intensamente avevano lavorato per la tutela dell’ippodromo.
Mentre negli uffici del MiBACT accadeva quello che abbiamo raccontato, il consiglio comunale di Roma, fin dal 12 Giugno scorso, aveva all’ordine del giorno proprio la questione dello stadio della Roma e quindi dell’ippodromo. Di coincidenze questa storia ne conta diverse. Questa maggioranza comunale, ad esempio, con un ricorso vinto la settimana scorsa, ha riportato nelle mani di F. Prosperetti il Colosseo ed i Fori.
Sarebbe da capire meglio la posizione di F. Prosperetti perché qualche perplessità fa sorgere il fatto che, come già qui detto, non si è avvalso della collaborazione di chi quel vincolo per la tutela dell’ippodromo aveva fortemente voluto e condiviso anche con i comitati tecnico scientifici del MiBACT.
«Faglielo fa’ sto stadio!», ci racconta la ex soprintendente M. Eichberg che il vincolo sull’ippodromo ha proposto, «Così mi disse Prosperetti, quando il 1 dicembre 2016, l’ho incontrato mentre andavo ad una riunione con la Regione ed i proponenti».
Era una battuta alla Totti o l’anticipazione, alla Nostradamus, di un futuro poi non così lontano?
F. Prosperetti è subentrato alla soprintendente M. Eichberg nel procedimento di tutela dell’Ippodromo a seguito di un Decreto Ministeriale che gli passava automaticamente la tutela del territorio di un intero ufficio accorpandolo ad un altro.
Questo ha comportato di fatto che un ministro, attraverso un decreto, ha incaricato indirettamente, ma per certi versi provvidenzialmente verrebbe da dire, un dirigente anche di un procedimento in particolare, quello del nuovo stadio, fra i cui sostenitori vi era anche la moglie del ministro stesso la quale è capogruppo del suo partito nel consiglio comunale di Roma.
In questo valzer di provvedimenti (e anche dei molti milioni e milioni di euro necessari alla realizzazione del nuovo stadio) si è trovato incuneato proprio l’affare “stadio”. Un caso, un semplice caso. Chi trae vantaggio da tutta questa situazione? Evidentemente la maggioranza comunale, parte dell’opposizione, e naturalmente chi quel progetto faraonico ha proposto. A perderci sono invece tutti i cittadini e quel patrimonio culturale dell’intero paese che il MiBACT e solo l’indipendenza delle Soprintendenze dal potere politico deve o dovrebbe tutelare sempre.
E l’ippodromo? Dopo il velodromo olimpico distrutto con la dinamite sempre a Roma, fatto davvero tragico per la storia della tutela dei beni culturali nel nostro paese, siamo in presenza per l’ippodromo di un’azione di “#tragicatutela” (perché l’hastag va di moda) che rimarrà legata al nome di F. Prosperetti, a quello di un ministro, Dario Franceschini, e a quello di un sindaco, Virginia Raggi. Nel 2008, quando si decideva di abbattere il velodromo, F. Prosperetti era Direttore Regionale del Lazio; solo qualche giorno fa inoltre lo stesso F. Prosperetti, oggi soprintendente unico per Roma, dichiarava (e ad oggi non abbiamo notizie di sue smentite) a proposito del palco sul Palatino sempre a Roma, in piena area archeologica, di «aver trasecolato vedendo quell’enorme palco sul Palatino», ma – continua chi l’ha intervistato – «di essersi fidato e conformato all’istruttoria e alla volontà della politica di realizzare lo show» (https://www.pugliapress.org/2017/06/09/il-palco-del-palatino-lippodromo-di-tor-di-valle-e-la-morte-della-tutela/). Per chi ama il cinema più recente di Carlo Verdone verrebbe da commentare tutta questa vicenda con quel «Famolo strano» riassuntivo di un ben preciso modo di essere e fare; altri invece potrebbero pensare a Marco Tullio Cicerone e al suo: «Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?». Ognuno di voi decida da quale parte stare.
(Le foto sono relative all’Ippodromo di Tor di Valle)
Fabio A. Grasso