Foggia – la situazione del “gran ghetto” di Rignano Garganico, il punto dell’organizzazione “Rete della Conoscenza Puglia”
Lo sgombero del “gran ghetto” di Rignano Garganico avvenuto mercoledì scorso è un atto di forza che non pone una soluzione esaustiva ai problemi vissuti dai migranti lavoratori. Il piano di dislocazione dei migranti che sta attuando la Regione non risulta essere quantitativamente e qualitativamente adeguato: la nuova struttura di San Severo “Casa Sankara” in cui sono stati trasferiti non garantisce nemmeno la possibilità di ospitare tutte le centinaia di persone che popolavano il ghetto fino a ieri e li lascia alla mercé del sistema del caporalato, poiché l’unico contatto con il mondo del lavoro resterebbe comunque quello delle campagne della Capitanata. Le modalità dello sgombero forzato con un fortissimo dispiegamento di forze dell’ordine, inoltre, sono poco rispettose della dignità di chi vive in condizioni di «riduzione in schiavitù», come denunciato dal Presidente Emiliano, il quale, tuttavia, ritiene opportuna una soluzione del genere che è tutt’altro che risolutiva di questa complessa questione. Una richiesta di intervento della prefettura che si concretizza con la realizzazione di sgomberi e trasferimenti con un approccio securitario alla questione, senza un piano organico di accoglienza, di integrazione e di riconoscimento politico e culturale di queste persone. Il caso della provincia di Foggia è parte di un vero e proprio sistema di sfruttamento e di profitto che avviene in tutto il territorio pugliese sulla pelle dei migranti e di tutti coloro che sono più ricattabili in questa fase.
Pertanto l’amministrazione regionale piuttosto che ordinare alle questure sgomberi senza un piano di azione strutturato e ragionato per risolvere alla radice tale annosa questione, dovrebbe interessarsi dell’applicazione della Legge sul caporalato e della sanzione di chi non la rispetta, dando priorità all’inclusione sociale e alla dignità di tutte e tutti, a prescindere dal colore della pelle. Chiediamo, inoltre, investimenti economici da parte delle Istituzioni regionali e territoriali per creare strutture che possano accogliere i migranti e dare loro strumenti di emancipazione (inserimento nel mondo del lavoro e assistenza sanitaria e legale), eliminando ghetti e altri luoghi di segregazione e affrontando il fatto che il sistema degli Spraar non è bastevole in proporzione agli aventi diritto. Il caso di Rignano è emblematico della (mala) gestione miope di tale fenomeno, lontana dai bisogni materiali delle persone a cui bisognerebbe rivolgere le proprie politiche, senza considerarli come “pacchi” da spostare da un centro all’altro. È altresì urgente che la Regione si interroghi a proposito dell’effettivo inserimento dei migranti di prima o di seconda generazione nel mondo della formazione, in quanto sono proprio i migranti più giovani tra i soggetti più a rischio di incorrere in dinamiche di sfruttamento o di affiliazione alle criminalità organizzate.