Il temutissimo pet-coke sbarca al Porto di Taranto. Un documento dell’Autorità Portuale lo testimonia.
Se il petrolio della Val d’Agri ha fatto quasi saltare in aria il progetto della Total denominato Tempa Rossa causa aumento di petroliere in Mar Grande e di incidenti rilevanti con rischi di sversamento di greggio, l’arrivo del temutissimo cancerogeno pet-coke cosa dovrebbe far scattare in rada?
E’ quello che ci siamo chiesti noi appena abbiamo avuto tra le mani il documento che vi alleghiamo al presente articolo.
Secondo il documento dell’Autorità Portuale di Taranto datato 14 novembre 2014 con numero di protocollo 14117 all’interno per molo polisettoriale ci sarebbe da un bel po’ di tempo una attività costante di movimentazione di pet-coke, un vero e proprio cronoprogramma aggiornato al 2014/2015 . Il pet-coke, il prodotto che si ottiene dal processo di condensazione per piroscissione di residui petroliferi pesanti e oleosi, arriverebbe a Taranto – ma non sappiamo da dove – stivato in containers e pronto per andare nella discarica di Italcave per essere stoccato.
Ora, il coke è costituito da idrocarburi policiclici aromatici (IPA) ad alto peso molecolare e presenta un elevato tenore di carbonio e basso contenuto di ceneri.
Adesso, secondo le procedure standard l’Autorità Portuale dovrebbe avvisare della presenza e della movimentazione del pet-coke sia l’Asl che l’Arpa Puglia e a loro spetterebbe il controllo e l’analisi del materiale che dal porto di Taranto dovrebbe finire diritto diritto in discarica senza perdersi per strada.
Già perché “a pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” . Perché come i ben informati sanno il pet-coke più che un sottoprodotto scomodo da gestire e da stoccare, per alcune aziende può divenire un ottimo prodotto da utilizzare nei vari processi industriali.
Il pet-coke infatti viene utilizzato sia come combustibile che come fonte di carbone. In quali tipi di industrie?
Sul sito assocarboni.it leggiamo che il pet-coke viene “destinato ad un uso energetico (come combustibile in raffineria, nella generazione elettrica, nell’industria del cemento, nell’industria del biossido di titanio, ecc), mentre la quota restante viene utilizzata in settori non energetici (industria dell’alluminio, calcinazione, ferro e acciaio, ecc)”.
Sul territorio di Taranto guarda caso insistono imprese come Cementir (cementificio), Eni (raffineria), Ilva (acciaio). E se dovessimo stare a sentire tutte ma tutte le campane e gli uccellini che ci parlano nell’orecchio allora dovremmo credere, ma noi non vogliamo credere, che il pet-coke arrivato a Taranto forse non è andato a finire proprio tutto in discarica.
Antonello Corigliano