Taranto – Endometriosi, approvazione ed euforia in Regione. Ma la legge dov’è?
Il 30 settembre 2014, in consiglio Regionale, con allora alle redini Nichi Vendola, viene approvata all’unanimità la legge numero 40, a tutela delle donne affette da endometriosi. Una legge, che vede la Puglia come seconda regione in Italia – dopo il Friuli Venezia Giulia – ottenere un risultato così importante. La stessa legge, prevede anche l’istituzione di un registro regionale dei malati di endometriosi. Il tutto grazie al lavoro del comitato cittadino Taranto Lider, che ha lottato, con il supporto dell’allora consigliera regionale Anna Rita Lemma, affinché questa legge fosse approvata. Ma l’entusiasmo dell’approvazione cessa dinanzi al fatto, che ad oggi, a 10 mesi dalla scadenza dei termini per l’applicazione della legge, la stessa non è ancora stata applicata. Non solo non è stata applicata, ma manca l’istituzione del registro regionale dell’endometriosi, per la quale vi è bisogno di tenere presente alcuni parametri che solo un tavolo tecnico può stabilire. Neppure questo tavolo tecnico è stato istituito.
L’endometriosi è una patologia altamente invalidante. E’ l’incubo delle donne “a metà”, una patologia che oltre all’invalidità fisica interferisce nella sfera interpersonale, nella vita di coppia e lavorativa della donna che né è affetta. E cosa ben più grave, pone un grosso masso su quello che è il sogno, diritto, scopo di vita di ogni donna: diventare madre. La donna affetta da endometriosi soffre di dolori atroci, che le impediscono di compiere anche le banali attività quotidiane. Non riesce più ad essere donna, poiché tutto è doloroso. Colpite nel loro essere donne, le affette da endometriosi, soprattutto in una città come Taranto, in cui è stata accertata l’incidenza della patologia connessa all’esposizione continua ad agenti inquinanti, chiedono di avere voce, chiedono che questa legge sia applicata. A Taranto la situazione non è da sottovalutare, è semplicemente taciuta. Per questo motivo il comitato Taranto Lider continua con le petizioni in piazza e con la sensibilizzazione. A Taranto e provincia come dicevamo, la situazione è alquanto grave. La malattia viene diagnosticata con 9-10 anni di ritardo; le liste d’attesa per un intervento chirurgico sono lunghissime (come tutte le prestazioni d’altronde, nella nostra città) arrivando anche ad un anno; non esiste un centro che possa diagnosticare, prevenire e dare supporto alle donne ammalate di endometriosi. Ma ancora, cosa sconvolgente, non esiste un’esenzione ticket.
Noi abbiamo ascoltato Grazia Maremonti, una delle coordinatrici del comitato Taranto Lider. La stessa ci ha detto che anche l’ordine dei medici di Taranto ha sollecitato la Regione Puglia per l’applicazione della legge. Abbiamo chiesto a Grazia Maremonti se si fossero già rivolti alla Regione Puglia per chiedere spiegazioni in merito. Come la Maremonti ci spiega, l’allora assessore Pentassuglia, avrebbe risposto che l’iter era già iniziato, e di non sapere come mai il tutto fosse bloccato. Probabilmente l’impegno elettorale, il cambio di giunta, avrà causato qualche ritardo, chissà, non è dato saperlo. Fatto sta, che la patologia non è da sottovalutare, e soprattutto a Taranto. Non si tratta affatto di un ‘male’ secondario, tenendo conto che nei casi più gravi, si arriva anche alla resezione intestinale. Taranto, ma anche Brindisi, sono interessate negativamente da questo fenomeno. Esistono nessi scientifici, e basta pensare a quanto affermarono gli epidemiologi interpellati dal Tribunale di Taranto negli ambiti dell’inchiesta Ambiente Svenduto. Gli epidemiologi hanno accertato un nesso causale tra inquinamento e tumore, ma hanno anche sottolineato – come ci spiega sempre la Maremonti – che vanno considerate tutte quelle patologie a carattere cronico ed infiammatorio, come appunto l’endometriosi. Anche negli ambiti della ricerca per la fecondazione assistita, è stato accertato che le donne provenienti dall’area tarantina hanno più difficoltà nel concepimento, e sono più esposte alla patologia. Una patologia, che lo ripetiamo, oltre a cancellare la natura materna della donna, abbassa notevolmente la qualità della vita, e ci sono casi di donne, che per frequenti assenze dal posto di lavoro, dovuti ai disagi causati dalla malattia, sono state licenziate. Dunque, chi dà voce a queste donne? Chi le tutela? Ma soprattutto, quello che proprio non riusciamo a spiegarci, perché approvare una legge all’unanimità (e sottolineiamo all’unanimità) e poi non applicarla? Gli impegni elettorali sono finiti, la speranza è quella che i nostri amministratori regionali trovino il tempo per portare a termine un impegno assunto. Perché qui si parla di impegno, di responsabilità nei confronti di donne che hanno il diritto di sentirsi tali.