Mesagne e Latiano unite dal grido: “Palestina libera”!

Molto si sta disquisendo attorno all’appropriatezza del termine “genocidio” per definire quanto sta accadendo nella Striscia di Gaza, come se questo fosse l’aspetto più importante.
Come se invece di fermarsi alla terribile sostanza dei fatti, alla distruzione quasi totale delle infrastrutture civili, delle abitazioni, di una regione, alla crisi umanitaria, alla fame, alla sete di cui soffrono i superstiti, alle intere famiglie spazzate via dai colpi sparati dall’artiglieria israeliana, ai bambini (o agli adulti) orribilmente mutilati, a quello a cui insomma stiamo assistendo da un anno e mezzo (non da qualche settimana, aggiungiamo, a buon intenditor poche parole) importasse fermarsi all’aspetto nominalistico della questione: massacro, strage, pulizia etnica, caccia agli uomini e alle donne, pure dentro gli ospedali e i ricoveri di fortuna, c’è solo l’imbarazzo della scelta, questa vicenda ci ha riservato e ci sta riservando l’inimmaginabile. Chiamatale come volete. Cosa importa?
Davanti a tutto questo, l’impotenza è il sentimento prevalente, visto che la Striscia vive pure all’ombra di un infame embargo, che lascia passare qualche carico di cibo solo perché gli occupanti, su pressione di qualche cancelleria occidentale, non vogliono mostrare una faccia troppo feroce agli occhi del mondo (sic!)
L’impotenza non è però sinonimo di arrendevolezza, né qualcosa che sopprime alla base lo spirito di partecipazione, il senso civico, delle persone più sensibili. Molto più facile sarebbe certamente scrollare le spalle, fregarsene, o considerare con semplice pietismo l’assedio disumano imposto alla popolazione palestinese.
Davanti a tutto questo, invece, anche in Puglia e nel Salento si stanno succedendo tanti momenti di mobilitazione collettiva. Alle manifestazioni assai partecipate delle scorse settimane nei capoluoghi, a Lecce e a Brindisi, ha fatto seguito oggi una marcia dall’alto valore simbolico, che ha unito due comunità, quella di Mesagne e quella di Latiano, con l’aggiunta di una nutrita partecipazione anche da altre città del territorio, provinciale e non solo.

Circa 300 persone si sono quindi ritrovate alle ore 9 nella centralissima piazza Vittorio Emanuele di Mesagne, nei pressi della “Porta grande”, e un’ora dopo hanno intrapreso un cammino di alcune ore, terminato alle 13.30 in piazza Umberto I, nel cuore di Latiano, dopo aver percorso un itinerario che, per la maggior parte, si è sovrapposto a quello dell’antica Via Appia, privo di traffico e dal paesaggio suggestivo.
La temperatura, elevata ma ancora non proibitiva, non ha minimamente scoraggiato chi aveva il desiderio di far parte di una sia pur piccola impresa, visto che fra i partecipanti c’erano persone anche poco dedite alla pratica sportiva. La motivazione affratellante, che ha avuto chiaramente il sopravvento, era quella di dare un segno, una testimonianza del proprio impegno civile, di farsi coraggio anche, reciprocamente, perché quanto osserviamo, pur non toccandoci direttamente, a livello puramente materiale, ci devasta comunque l’animo.
Questo non ha impedito di trascorrere le ore passate in campagna anche con giovialità e piacevolezza, mentre i tratti all’interno dei due Comuni coinvolti sono stati frequentemente scanditi da slogan di supporto alla martoriata popolazione palestinese.

L’evento ha avuto il patrocinio e l’assistenza tecnica essenziale dei Comuni di Mesagne e Latiano, rappresentate dai sindaci, rispettivamente Matarrelli e Maiorano, all’inizio e alla fine della lunga mattinata quando, in occasione anche della ricorrenza del 2 giugno, il sindaco di Latiano ha voluto che i partecipanti più giovani deponessero due corone d’alloro davanti al monumentale Palazzo degli Imperiali che si affaccia su piazza Umberto I: una per la Festa nazionale, l’altra per le vittime di quella che, questo va assolutamente ribadito, non può assolutamente essere definita una “guerra”.




