TOTÒ DE VITIS, L’ARTISTA “SPALLE ALLA PORTA”
Un artista del pallone, Totò De Vitis. Il popolo tarantino si innamorò di lui vedendolo giocare con la Salernitana allo Iacovone.
Leccese di nascita, col numero nove stampato sulla pelle. Antonio, classe ‘64, bomber per eccellenza, caratteristiche: silenzio e fatti.
A volte, fare tanti gol non basta per raggiungere gli obiettivi che ci si propone. Da Salerno a Taranto – passando per Palermo, Verona e, soprattutto, Udine – Totò ha dato sempre spettacolo, giocando con le spalle alla porta come solo gli attaccanti di razza sanno fare. In riva allo Jonio aveva due “complici”: Silvio Paolucci e Pietro Maiellaro. Con loro andare in rete era una semplice formalità. Con il suo sorriso conquistò immediatamente i tarantini che lo osannavano dopo ogni rete. Ma dovunque, da Udine a Piacenza, da Palermo a Salerno, diranno di lui un’unica cosa: è stato un grande centravanti. Con Antonio, in maniera datata, si possono ricordare con piacere le due gare di spareggio che valsero l’ultima permanenza in B di quel glorioso Taranto: “Era un altro calcio e soprattutto c’era una società solida all’epoca, quindi quella permanenza fu frutto anche di quest’ultimo aspetto, senza nulla togliere alla risalita che facemmo da gennaio in poi. Oltretutto negli ultimi cinque mesi di quella stagione, dimostrammo di essere la compagine più in forma del momento e questo traguardo centrato ripagò i tanti sacrifici effettuati”. Totò De Vitis giocava spalle alla porta ed aveva un modo tutto suo di fare l’attaccante: “In effetti sono pochi quelli che giocano come solevo fare io. Ultimamente il calcio è cambiato in modo radicale. Ora si basa tutto sulla profondità di gioco, palla a terra. Attaccanti di razza ce ne sono sempre meno perché oggi la punta deve saper fare tutto, compreso il difensore, all’occorrenza. Giocavo nei pressi dell’area di rigore e gli ultimi 16-18 metri, erano il mio territorio”. Il calcio non è più lo stesso. “Semplice: bisogna riscrivere le regole. Non è possibile fallire dopo pochi mesi per mancanza di denaro. Troppi gli inesperti, ora, in questo mondo. E i ruoli, se esistono, devono essere occupati da gente esperta di ogni settore”. Insomma: se aveva talento da vendere da calciatore, nel post attività, De Vitis, resta fuoriclasse. E chi l’avrebbe mai messo in dubbio. Il calcio ha bisogno ancora oggi della sua esperienza: ci piacerebbe rivederlo in ruolo che conta e non quello di semplice osservatore o consulente. Dopo il ritiro ritorna al Piacenza, dapprima come allenatore degli Allievi e poi entrando nello staff dirigenziale all’indomani della retrocessione in serie B nel 2003. Affianca e successivamente sostituisce Fulvio Collovati nel ruolo di direttore sportivo degli emiliani, prima di trasferirsi alla Fiorentina nel 2005, con la qualifica di osservatore. Lascia l’incarico sei anni dopo, nel 2011.
È stato opinionista televisivo a TeleArena. Dopo l’esperienza a Firenze si accasa al Parma calcio fino al 2015 sempre come osservatore e uomo di fiducia di Francesco Palmieri, responsabile del settore giovanile crociato. Dopo il fallimento del Parma calcio, nel giugno del 2015 segue sempre Francesco Palmieri nel Sassuolo calcio in qualità di responsabile degli osservatori del club nero verde. Questo è quanto sappiamo del suo recente calcistico.
Calciatori come lo è stato lui, possono e devono dare di più perché il calcio è nel loro DNA.
Francesco Leggieri