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Scontro durissimo fra Governo e Procura di Taranto sull’incidente all’ex Ilva

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I fatti accaduti lo scorso 7 maggio, con l’incendio divampato in una delle tubiere dell’impianto, cui seguì il sequestro senza facoltà d’uso da parte della Procura di Taranto, e soprattutto gli eventi avvenuti nelle giornate immediatamente seguenti, stanno alimentando una fortissima polemica attorno all’operato della Procura tarantina.

Tutto ruota infatti attorno agli interventi di messa in sicurezza dell’impianto, che i responsabili di Acciaierie d’Italia (AdI) avrebbero sollecitato senza ottenere adeguati riscontri da parte dei magistrati.

Il risultato, sostengono Adolfo Urso e Gilberto Pichetto Fratin, rispettivamente ministro delle Imprese e dell’Ambiente, è stato il danneggiamento irreversibile dell’altoforno 1, elemento che potrebbe pregiudicare anche le trattative di acquisto intavolate con la compagnia azera Baku Steel nonché, nell’immediato, la messa in cassa integrazione di ulteriori mille unità impiegate presso l’impianto.

Dal canto suo la Procura ha replicato con una nota del procuratore capo Eugenia Pontassuglia, nel quale si ricostruisce sostanzialmente la cronologia ed il contenuto delle richieste pervenute da parte di AdI, nelle giornate dell’8 e del 9 maggio. A queste richieste, nelle quali l’azienda faceva presente la necessità di intervenire immediatamente per realizzare il colaggio dei minerali che si stava realizzando al momento dell’incendio, poiché il loro raffreddamento avrebbe compromesso il funzionamento dell’altoforno, la Procura avrebbe risposto con un “no”, in base al parere di Arpa Puglia ed anche alla necessità di realizzare l’incidente probatorio, poi svolto nella giornata di giovedì, per accertare la dinamica dell’incidente e le relative responsabilità.

Così, se il Ministro Urso sostiene che quanto accaduto sia “di una gravità inaudita”, a difesa dei magistrati si schiera il vicepresidente del gruppo dei 5 Stelle alla Camera, il deputato tarantino Mario Turco, per il quale: ““Urso oggi ha deciso di vestire i panni di ministro dell’ovvietà: quando sostiene che metà produzione per l’ex Ilva di Taranto significa metà occupati, dimentica però che l’altoforno venuto meno nell’incendio dello scorso 7 maggio è stato inaugurato da lui stesso. E deve solo ringraziare il cielo che il giorno dell’incendio i lavoratori siano rimasti miracolosamente illesi.

E’ ora che il ministro la smetta di delirare. E a questo punto, anche di occuparsi dell’ex Ilva, perché in due anni ha messo insieme solo disastri. Buttare al vento 1,5 miliardi per insistere sulla strada folle del ciclo integrale a carbone è stato il più imperdonabile degli errori, che ora sta conducendo l’acciaieria alla sua lenta dipartita. E pure sulla trattativa con gli azeri ha fallito su tutta la linea. Abbiamo ripetuto per mesi che l’unica strada percorribile era quella della nazionalizzazione, della chiusura progressiva degli altoforni, ormai prossimi al fine vita e della riconversione industriale con la realizzazione di due forni elettrici alimentati a idrogeno verde”.

Dello stesso tono le dichiarazioni del Governatore Michele Emiliano, intervenuto a Bari al congresso nazionale della Uil, per il quale è totalmente sbagliato mettere in dubbio l’operato dei magistrati, che col divieto della facoltà d’uso hanno inteso innanzitutto garantire il ripetersi di altri incidenti. Anche per Emiliano le responsabilità primarie sono da addebitare alla gestione di Arcelor Mittal, che ha lasciato in eredità un impianto privo di ogni sicurezza, antiquato e inquinante.

Da parte sua, il sindacato guidato da Pierpaolo Bombardieri, oltre a manifestare grande preoccupazione per il previsto aumento dei cassintegrati nell’impianto siderurgico tarantino, chiede allo Stato d’intervenire per realizzare un’almeno momentanea nazionalizzazione dell’ex Ilva, indispensabile per garantire il futuro della siderurgia in Italia in un modo compatibile con l’ambiente (realizzando cioè degli altiforni elettrici) e la sicurezza dei lavoratori.

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