Il Primitivo di Manduria “Rosso Sinner” spedito al campione e ripudiato per uso indebito del nome: il caso

In un’epoca nella quale tutto è monetizzabile, non è possibile neppure fare un regalo. Questa è la sintesi di una vicenda surreale, che ha per protagonisti il Comune di Manduria ed il numero 1 al mondo del tennis mondiale, l’altoatesino Jannik Sinner, fresco di conferma come vincitore agli Open d’Australia.
Anzi, bisogna anche ringraziare la magnanimità di sua maestà poiché, tranquillizza il suo rappresentante legale Gino Maria Scarpellini nella missiva inviata al Comune di Manduria, egli non ha intenzione di muovere una causa legale milionaria alle casse, immaginiamo non particolarmente floride di questi tempi, dell’Amministrazione comunale guidata da Gregorio Pecoraro, perché ne riconosce le “buone intenzioni”, ma a patto che le bottiglie confezionate col marchio Rosso Sinner vengano tutte distrutte, e che l’operazione sia poi documentata adeguatamente.
In sintesi è accaduto questo: il Comune di Manduria ha fatto produrre alle “Vinerie Baldari”, di proprietà dell’assessore comunale Isidoro Baldari, 73 bottiglie di Primitivo, tante quante sono state le partite vinte da Sinner nel 2024, assolutamente fuori commercio, con un’etichetta che omaggiava il tennista. Di queste, 66 sono state spedite come regalo natalizio al paese natale del campione e 7 sono state trattenute dal produttore.
Il legale chiede quindi che sia offerta garanzia che non esistano altre bottiglie che rechino l’immagine ed il nome di Jannick Sinner al di fuori di quelle inviate a Natale 2024, ed il sindaco ha già provveduto a chiarire che ne esistono effettivamente altre 7 di questa edizione tanto limitata quanto ripudiata, che ora dovranno essere subito distrutte.
A Manduria si tira un sospiro di sollievo per la causa evitata, ma tutta la vicenda appare viziata da una puntigliosità, da un’avarizia, da un fiscalismo, da una totale mancanza di qualsiasi slancio di umanità, meritevoli certamente di miglior causa. Stante il fatto, innanzitutto, che si trattava di un vino non in commercio. E se il campione, visto il caso ancora aperto con la Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, per una questione del tutto veniale legata ad una pomata col quale si curava il suo massaggiatore, non ne avrebbe assaggiato neppure un sorso, poteva ringraziare e basta.
I fuoriclasse dello sport contemporaneo, ridotti esclusivamente ad aziende commerciali, fanno rimpiangere ogni giorno che passa, sempre di più, lo sportivo davvero nazional-popolare.