Chiaroscuri nel quadro occupazionale pugliese del 2023 redatto dall’INPS
Nel contesto di una crescita economica che a livello regionale si può considerare complessivamente accettabile (il PIL pugliese ha contribuito nel 2023 per il 4,31 a quello annuale nazionale) il quadro dell’occupazione, redatto e presentato dal rapporto INPS per lo scorso anno, risente di indicatori altalenanti, nulla di clamoroso rispetto alle dinamiche consolidate e pregresse, ma meritevole di attenzione e opportune valutazioni.
La differenza fra le assunzioni di lavoro complessive (490 mila) e le cessazioni (459 mila) fa segnare un discreto saldo positivo di più 31 mila. In questo ammontare complessivo di nuovi posti di lavoro, c’è tuttavia da registrare, rispetto al 2022, un aumento dei contratti a termine ed un decremento di quelli a tempo indeterminato, motivo per il quale il tasso di occupazione è cresciuto complessivamente di un 1,3%, dal 49,4 al 50,7, pur restando superiore al milione di residenti in Puglia il numero di coloro i quali, pur essendo in età lavorativa, non lavorano.
Tanto è vero che il tasso di occupazione misura una distanza di quasi 11 punti percentuali con la media nazionale, che è del 61,5%.
Di poco superiore al milione di persone è anche la quota di pensionati complessivi, un dato che non potrà che aumentare in virtù dell’invecchiamento demografico. Nel meridione d’Italia, entro pochi anni, stante l’attuale dinamica demografica, i pensionati supereranno i cittadini attivi lavorativamente, e questo è un dato ovviamente che desta grande preoccupazione, anche perché non si scorgono elementi che possano invertire la tendenza nel prossimo futuro.
Quali sono le ragioni di questo imminente e pericoloso sorpasso? Essenzialmente due.
Il primo è che il tasso di occupazione delle donne è significativamente più basso di quello degli uomini (e nel privato percepiscono una retribuzione media netta inferiore del 25% rispetto agli uomini).
Il secondo riguarda invece i cosiddetti Neet, acronimo inglese che rappresenta la quota di coloro i quali non sono né occupati né in formazione in età giovanile, fra i 15 ed i 29 anni, quasi un giovane pugliese ogni quattro. Questi due fattori si riverberano ovviamente anche sul saldo demografico, perché incentivano alla fuga dalla Puglia, per mancanza di lavaoro, una parte significativa di popolazione che si trova nel periodo della piena fertilità.
Desta inoltre occupazione, nel quadro del dato regionale scorporato per province, e dove il nord della Puglia e soprattutto il capoluogo regionale registrano i dati migliori, la situazione di quelle di Taranto e Brindisi, dove il tasso di disoccupazione non è diminuito o è addirittura aumentato (Brindisi). Il dato statistico rafforza in questo caso una percezione derivante dall’osservazione della realtà di questi territori.