Nessuna sorpresa nelle elezioni provinciali di Brindisi.
Si sono svolte ieri le elezioni per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Brindisi.
Le Legge n.56 del 2014, voluta dall’allora Ministro delle Riforme del PD Del Rio, declassando l’ente amministrativo provinciale ad ente di “aria vasta”, con elezione indiretta e non più diretta sia del presidente sia dei consiglieri della giunta, stabiliva che hanno diritto di voto tutti i sindaci ed i consiglieri comunali dei Comuni afferenti la provincia in questione, nonché il numero dei consiglieri da eleggere in proporzione al numero della popolazione residente. In particolare, alle province con una popolazione fra i 300 mila ed i 700 mila residenti spettano 12 consiglieri provinciali.
L’articolazione degli eletti è la seguente: la lista civica “Impegno per la provincia” ha eletto 5 consiglieri (Fumarola Rosalia, Muolo Rocco, Ciccarese Elio, Luperti Pasquale, Marra Marco), la lista di centro-sinistra “Democratici e Progressisti” ha eletto 4 consiglieri (Vincenti Antonella, Tanzarella Domenico, Latartara Serafina, Ventrella Giuseppe) e infine, quella denominata “Centro-Destra per la Provincia di Brindisi”, ne ha eletti 3 (Lariccia Michele Tommaso, Santoro Pasquale, Di Maggio Susanna). Essendo la Civica alleata con quella di Centro-sinistra, il Presidente della Provincia di Brindisi Antonio Matarrelli, dispone di una maggioranza all’interno del nuovo Consiglio, la cui durata stabilita dalla legge Del Rio misura due anni, di 9 membri a 3.
Come è facilmente intuibile, l’esito del voto non ha alcun valore politico, essendo gli eletti il risultato esclusivamente della sommatoria delle maggioranze espresse dai singoli consigli comunali, o al massimo di accordi con le tantissime liste civiche messe in piedi solamente per conquistare la vittoria in un Comune e che, specialmente nei piccoli centri, hanno completamente esautorato il ruolo dei partiti e delle appartenenze ideologiche.
Detto dell’esito delle elezioni di ieri, diamo conto anche del fatto che, trasversalmente all’arco politico, anche a livello nazionale, si sta formando un fronte che vorrebbe ridare alle Province il rango perduto, restituendo ai cittadini la possibilità di eleggere direttamente le giunte provinciali.
Non ci pare onestamente questo l’aspetto peggiore della riforma del 2014, quanto piuttosto il fatto che la stessa avesse lasciato, come pure più volte denunciato dall’UPI, l’Unione delle Province Italiane, alle stesse esattamente le medesime importanti funzioni che aveva sempre svolto, ma svuotandole di quelle risorse che già prima dell’avvento della riforma non riuscivano a soddisfare i servizi ad esse assegnati: cura delle strade provinciali innanzitutto, sulla cui situazione va steso il più ampio velo pietoso possibile, manutenzione delle strutture scolastiche e del verde pubblico, pianificazione della rete di trasporti provinciale, tutela e valorizzazione dell’ambiente. Su quest’ultimo aspetto, per la verità, molto prima dell’intervento degli enti amministrativi e degli uffici preposti, dovrebbe essere il senso civico a fare la differenza ma, purtroppo, è una percentuale non trascurabile di cittadini a mettere in atto azioni che deturpano vergognosamente le nostre campagne ed il nostro tessuto extraurbano.