Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese

Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese In ogni epoca della storia dell’umanità sono esistiti matti, visionari, folli, nevrotici gravi e individui che la psichiatria definirebbe malati di mente. Persone di questo tipo hanno lasciato un’impronta profonda sugli uomini del loro tempo e dei tempi avvenire. Non si può negare che proprio gli attributi patologici della loro natura, gli orientamenti unilaterali del loro sviluppo, l’abnorme intensificarsi di alcuni moti del desiderio, ha dato ad un artista più amato del Novecento, Antonio Ligabue, la forza di trascinare con sè uomini e di superare le resistenze del mondo esterno.
Pazzia? Qual è il segreto che dentro vi annida? L’interrogativo è pauroso, qualcuno ha osservato, che il folle è folle per noi, ma noi siamo folli per il folle. Il pazzo è un anarchico: un individuo che si è annoiato di pensare come gli altri e ha dato fuoco alle micce per far saltare il senso comune, un io alla rovescia.
Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese
Antonio Ligabue l’artista definito folle/matto, l’artista naif, che ha usato l’arte come mezzo di comunicazione diventando esempio narrazione e al tempo stesso veicolo di riscatto e redenzione. Forse soltanto così si possono spiegare tante cose: le evasioni della coscienza, le fughe dell’io, la fatica di ritrovare se stesso. Gli sconfinamenti della ragione nelle zone imperscrutabili, ove nessuno riesce a vedere se la pazzia sia l’ombra del genio, e il genio si esaurisce nella notturna corsa verso il mondo dell’impossibile.
Nietzsche in modo sonante ha asserito nella sua monumentale opera postuma: “La volontà di potenza”: « l’arte è quella che più rende possibile la vita», per poi citare «l’arte come la redenzione di chi sa, di colui che vede il carattere terribile ed enigmatico dell’esistenza, di chi vuole vederlo, di chi conosce tragicamente» e ancora, «l’arte come redenzione del sofferente, la via verso condizioni in cui la sofferenza viene voluta, trasfigurata, divinizzata, in cui la sofferenza è una forma del grande rapimento».
Vita e arte, un binomio certamente vincente, soprattutto quando a promuovere e organizzare l’esposizione della famosa storia di rivalsa di Antonio Ligabue, tra i pittori più amati del Novecento, è Arthemisia, il Comune di Conversano in collaborazione con Pugliapromozione, Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari e la Fondazione Museo Antonio Ligabue.
Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese
Pensiero naif e pennelli si sono felicemente incontrati nella mostra di Antonio Ligabue presso il Castello Aragonese in Conversano dal 25 marzo al 8 ottobre 2023, un artista in grado attraverso le sue opere di raccontare qualcosa di importante e condividere con il mondo, l’atto creativo in quanto necessità e capacità ostensiva dell’artista, rappresentazione di emozioni soggettive e profonde, sostanzialmente libero dai vincoli della logica formale.
Sono diversi i temi ricorrenti nelle opere di Ligabue. Negli autoritratti l’artista esprime la sua condizione sofferta e il proprio disagio, una situazione aggravata dalla sua psicosi. C’è poi il mondo naturale e la vita delle campagne, che non abbandonano mai l’arte di Antonio Ligabue neppure nell’ultimo periodo. E ci sono poi i dipinti probabilmente più iconici della sua produzione, quelli con le belve feroci, con le quali l’artista peraltro si identificava, tanto da assumere i loro atteggiamenti prima di dipingerle (si metteva davanti allo specchio e imitava i loro versi e le loro movenze prima di mettersi al lavoro). Questi animali esprimono la voglia di libertà e di affermazione dell’artista, ma sono anche simbolo della sua enorme energia che si manifestava attraverso l’arte. Una forza che Ligabue espresse anche con le numerose scene di lotte tra animali, che abbondano sia tra i suoi dipinti che tra le sue sculture.
Cosa separa l’arte dalla follia? Il confine in Antonio Ligabue appare netto, sfiorando il paradosso che essa possa essere considerata l’espressione più nobile della follia stessa, provata dagli aspetti distruttivi, resa elevata nelle forme e nei contenuti, ma in fondo con la medesima finalità di gridare le ragioni della propria individualità in mezzo alla complessità del mondo.
Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese
L’arte di Ligabue nasce dal tentativo di riparare e riorganizzare un sè con deficit, per colmare le falle originate durante lo sviluppo maturativo e tentare una sorta di integrazione, di completezza dell’Io, in questo senso la creazione di Antonio Ligabue è autocreazione, e l’atto creativo trae il proprio impulso profondo dal desiderio di mitigare con mezzi propri le mancanze provocate da altri.
Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese
Colore, animali feroci, paesaggi e un pò di sana follia, sono gli ingredienti presenti all’interno del Castello Aragonese, un luogo iconico in cui si concentrano 60 opere del pittore naif per antonomasia, privo di formazione accademica, capace di immedesimarsi totalmente nel prodotto delle sue mani (sia che si trattasse di dipinti, sia che si trattasse di sculture: Ligabue infatti fu anche scultore), oltre che di emozionare l’osservatore e di catturarlo trascinandolo con sé nel suo mondo visionario, fatto di animali feroci, ricordi della Svizzera (la sua terra natale), vedute della campagna emiliana e molto altro. Tra i capolavori esposti vi sono Carrozza con cavalli e paesaggio svizzero, Autoritratto con sciarpa rossa e Ritratto di Marino, accanto a sculture in bronzo come Gufo con preda. In grafica anche una sezione dedicata alla produzione grafica con disegni e incisioni quali Iena e Cavallo con asino, e una sezione sulla sua incredibile vicenda umana.
Un artista in grado di evidenziare gli elementi della natura e gli animali e mettere in circolo una ragnatela di idee e emozioni. Appare necessario volgere lo sguardo ai tormenti della sua vita, alla sua sofferenza e talento, e godere di quello che è, ed è stato, una sensibile intuizione dell’artista. Follia e sentimento si incontrano per un viaggio straordinario destinato a durare nel tempo, un viaggio che ha un biglietto di andata e ritorno e con le sue opere ha garantito nel tempo comunicazione, ritorni sotto gli occhi dei fruitori delle sue emozioni, gli stati e i moti dell’anima solo che arte e pittura riescono a produrre e regalare al fruitore. Scopo è quello di riportare l’uomo a ciò che è nella sua interezza, nella sua capacità di comprensione delle cose e nel recupero e risveglio delle coscienze.
Sanità e follia, l’arte di Antonio Ligabue al Castello Aragonese
Gli spettatori sono invitati a partire da questo viaggio, provvisti dell’unico bagaglio possibile, la curiosità per un grande artista che molti chiamavano folle, ma non è chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell’intelletto, se tutto ciò che è profondo non nasca da una malattia della mente, da stati di esaltazione a spese dell’intelletto umano.
Un percorso espositivo dal filo conduttore cronologico e che fa riferimento ai periodi e luoghi dove Antonio Ligabue visse, da quello italiano a quello svizzero, una mostra per celebrare la grandezza universale, un territorio neutro, senza ambiti precostituiti, nel quale non è necessario misurare o interpretare l’artista, quanto comprenderne finalità e implicazioni: linguaggio che si esprime al di fuori dei codici razionali e condivisi, per poter meglio raccontare la profondità individuale.
Arte sempre “fuori luogo” tanto da scomporre l’ordine naturale di ogni territorio, nella prospettiva di vedere quel che manca in quel che c’è e che è reso invisibile dalla visibilità imposta.
Se si pensasse che la vita è in ognuno di noi e non fuori di noi, ognuno coglierebbe l’io caduco e saprebbe comprenderne i volti della follia.




