I “guastafeste” del giuramento
I “guastafeste” del giuramento
E nel giorno della festa, del trionfo, delle urla di acclamazione, nel giorno in cui Taranto ha finalmente sperimentato cosa vuol dire essere al proverbiale “centro dei riflettori”, i guastafeste non mancan mai. Mentre a qualche isolato di distanza, non più di due o trecento metri, oltre quattrocento ragazzi freschi di giuramento per le forze armate – Marina Militare e Carabinieri, in Piazza della Vittoria, un gruppo di ragazzi con qualche striscione ed un megafono cercano di portare all’attenzione, di “urlare” una realtà che il clima di festa aveva taciuto.
“Soldi all’istruzione, non alla guerra”: il loro punto è d’importanza vitale in un mondo e specie in un’Italia che, dall’iniziale clamore generale, ha costretto la questione Russia-Ucraina ad occupare uno spazio assai limitato sui giornali e nei telegiornali. Nel giorno del giuramento, nel giorno del trionfo delle forze armate, in cui centinaia di ragazzi giurano con la mano sul petto fedeltà alla propria patria, un gruppetto nemmeno troppo folto di ragazzi inneggia al pacifismo.
“Differentemente dallo schieramento dell’opinione pubblica, noi non siamo né dalla parte di Putin né da quella di Biden. Per la prima volta, l’indifferenza a questa guerra imperialista è l’unica arma adoperabile”; il riferimento è chiaro (“Odio gli indifferenti”, Antonio Gramsci), il punto politico ancor di più. L’astensione dall’interventismo per questi ragazzi e per molte altre persone che, mentre passeggiano per le vie del centro, dichiarano il proprio appoggio alla loro causa è di vitale importanza.
“La guerra non contempla buoni e cattivi, oppressi ed oppressori. Questa è la guerra fra due capitali: quello occidentale, statunitense, e quello orientale, russo. Continuare ad inviare armi all’Ucraina equivale a sostenere un capitale a discapito di un altro, equivale a sostenere una parte rispetto ad un’altra. Equivale ad una dichiarazione di guerra”: proclama un ragazzo urlando quanto più forte egli possa, come se più urlasse, più lontano possa arrivare il suo messaggio e chissà che non arrivi a chi le sorti di questo paese, di questa guerra le detiene in un palmo di mano. Chissà.