Si risveglia il mondo ambientalista di Taranto ma attenti ai lupi travestiti d’agnelli
Da tempo si erano perse le tracce del mondo ambientalista di Taranto. Quel mondo fatto da militanti e cittadini che dalla prima marcia per l’ambiente organizzata nel 2008, portando in piazza centinaia di persone, fecero sentire la propria voce di denuncia: il siderurgico tarantino ammorbava l’ambiente facendo ammalare la popolazione.
All’epoca c’era AltaMarea, un cartello di associazioni e comitati pro ambiente, che chiedeva a gran voce la chiusura del siderurgico ILVA, oggi nelle mani di Acciaierie d’Italia, sull’evidenza di dati e analisi che ne attestavano la pericolosità.
All’epoca gli ambientalisti lottavano contro tutto e tutti: la politica, le associazioni industriali e i sindacati. Lottavano per sensibilizzare la popolazione a interessarsi del problema ambientale e sanitario ma combattevano contro una classe dirigente che faceva finta di non sapere quanto quella fabbrica fosse pericolosa per tutti: lavoratori e cittadini.
Dal 2008 al 2012 le battaglie di quei comitati, associazioni e cittadini, portarono la magistratura tarantina ad accendere un faro sul siderurgico e sulla sua governance.
Un mondo che con l’inchiesta “Ambiente Svenduto”, si è scoperto parallelo a quello apparente e votato al dio denaro e asservito alla famiglia che gestiva la fabbrica più grande d’Europa. Nomi illustri di politici, controllori e, ahinoi, giornalisti tutti assoggettati completamente alla politica dell’acciaio e della produzione a tutti i costi.
Gli yesman di allora sono colpevoli del risultato di oggi: una fabbrica al collasso con centinaia di posti di lavoro a rischio e con una situazione ambientale e sanitaria pressoché uguale a quella degli anni della lotta ambientale.
Il nascondere il problema, a volte anche minimizzandolo, non ha permesso in tempi utili a intervenire su quegli impianti causa, secondo una perizia richiesta dalla magistratura, di “malattie e morte”.
Pubblicità su giornali e tv, pagata fior di quattrini, diceva che la fabbrica poteva essere considerata il fiore all’occhiello della siderurgia italiana. La fabbrica, la più controllata e la più ecologica d’Europa, che il “Rapporto Ambiente e Sicurezza” immortalava con i fenicotteri rosa. Quando di rosa, rosso sbiadito meglio dire, c’era soltanto il minerale nelle case, sulle lapidi del San Brunone e nei polmoni dei tarantini.
Oggi giunge il comunicato stampa che forse, chi ha a cuore le sorti della città di Taranto, si aspettava da tempo. Da quando il cortocircuito del 26 luglio 2012, con il primo sequestro dell’area a caldo dell’ILVA, ha portato il mondo ambientalista a evaporare nel nulla. 10 anni di timidi gemiti che non hanno di certo permesso quanto si voleva inizialmente: Taranto libera.
Ma libera, oggi più che mai, da soggetti che si sono rivelati più tossici delle polveri e dei fumi del siderurgico. Liberi come ad esempio da chi si schiera oggi a favore dell’ambiente e della salute facendolo solo per questioni di opportunità e apparenza quando era a libro paga della famiglia Riva e parlava sotto dettatura. E libero da chi ha sfruttato la questione ambientale per avere un posto comodo e sicuro nello scenario della politica nazionale degli ultimi 10 anni tradendo i principi nobili della lotta agli inquinatori.
Il nuovo mondo ambientalista, il neo costituito “Coordinamento Taranto”, deve mettersi in guardia prima da questi individui tossici e pericolosi: lupi travestiti d’agnelli.
Si legge nel primo comunicato: “Il mondo ambientalista si ricompatta per dire «No» all’immunità penale in favore dell’ex Ilva reintrodotta dal Governo con il decreto legge del 5 gennaio scorso. Nei prossimi giorni questo nuovo coordinamento associativo si allargherà a tutte le realtà che vedono nel provvedimento normativo un serio e preoccupante pericolo ai danni della salute della popolazione, dell’ambiente e che danneggia gli stessi lavoratori dello stabilimento siderurgico”.
Nella concretezza: la prima mossa del Coordinamento Taranto sarà quella di giorno 17 gennaio quando consegneranno al Prefetto di Taranto un documento contenente le motivazioni del no allo scudo penale in favore di Acciaierie d’Italia.
Buon vento Taranto.