E’ andato in pensione Patrizio Mazza tra i più affermati oncologi ematologi italiani
E’ andato in pensione Patrizio Mazza tra i più affermati oncologi ematologi italiani
quel dottore che arrivò dall’Emilia creò al Moscati un reparto che non esisteva facendolo diventare una eccellenza
Il dott. Patrizio Mazza da qualche mese è in pensione. La notizia ha destato molto clamore in tutta la provincia di Taranto, scatenando molte reazioni sui social.
Sono stati tanti coloro che hanno scritto attestazioni di stima ed affetto.
Oncologo, ematologo, direttore della Struttura complessa di Ematologia dell’Ospedale San Giuseppe Moscati di Taranto che lui stesso ha creato e nel quale sono stati curati tantissimi malati di leucemia e di altre malattie del sangue.
E’ andato in pensione Patrizio Mazza tra i più affermati oncologi ematologi italiani,
a settant’anni ha lasciato quel reparto che in tanti anni ha fatto parlare l’Italia per i tanti bambini curati dall’assalto di un mostro che ha violentato ripetutamente la città.
In 22 anni, questa testata ha raccontato tante di queste storie. Mazza, non solo ha combattuto con la sua professione le conseguenze provocate dall’ambiente inquinato, ma ad un certo punto della sua vita ha cercato di farlo anche attraverso la politica.
Eletto Consigliere Regionale, fece scalpore quando, a mezzo mandato, si dimise per tornare a curare i suoi pazienti, deluso dalla inerzia dell’Amministrazione regionale, allora guidata dal Governatore Nicky Vendola.
Ne scaturì un processo denominato “Ambiente Svenduto”, al quale sono seguite 26 condanne in primo grado; e tra queste anche quella per lo stesso ex Governatore.
Più volte abbiamo intervistato il dottor Mazza, non potevamo non rifarlo all’indomani della sua, speriamo momentanea, uscita di scena da medico di un reparto di eccellenza del Moscati.
E’ andato in pensione Patrizio Mazza tra i più affermati oncologi ematologi italiani
La notizia del suo pensionamento, dott. Mazza, ha destato sconcerto e non solo nei suoi pazienti.
Raggiungere 70 anni di età non è una cosa da poco. Secondo la legge italiana, si è al capolinea per cui non si può continuare a esercitare la professione nell’ambito pubblico, forse perché si ritiene che un medico a questa età sia diventato decrepito e pieno di acciacchi.
Lei è un oncologo ed un ematologo. Ci spieghi meglio il suo lavoro.
Io sono ematologo che prevalentemente fa oncologia ematologica, in quanto la maggior parte dei pazienti che ricorrono alla ematologia sono affetti da malattia oncologica; ma l’ematologia è fatta di tante sfaccettature che si interfacciano con molte branche della medicina.
Il riferimento all’ ematologo è quindi molto frequente, anche da parte di medici specialisti del cuore, dei reni, dei polmoni. L’ematologo è richiesto ogni qualvolta c’è un’anemia, una carenza di piastrine o qualche problema che interessa i linfociti. L’ematologo ha un ruolo molto vasto nell’ambito della medicina moderna.
Dott. Mazza, lei è emiliano; come mai decise di venirsene in Puglia ed in particolare a Taranto?
Sono un animale dallo spirito libero, per cui quando tornai dagli Stati Uniti il mio direttore mi propose la carriera universitaria; io gli risposi che preferivo l’attività ed ero pronto ad andare ovunque, vista l’esperienza che avevo maturato negli Stati Uniti dove i medici si spostavano anche di 5000 km, dalla sera alla mattina, pur di migliorare la loro posizione.
Mi misi, quindi, a disposizione per una qualsiasi destinazione. A Lecce dovevano creare l’ematologia, ma con i politici di allora tutto andava lentamente. Taranto invece, grazie all’arcivescovo Motolese e al professor Mandelli di Roma chiese al prof. Tura, allora mio direttore, se c’era qualcuno disponibile al trasferimento. Io accettai subito.
Come fu il suo approccio con Taranto?
C’era molto da lavorare. Bisognava creare l’ematologia che non esisteva. Ero da solo e si doveva creare lo staff con persone del posto. Inoltre era necessario cambiare la mentalità. C’era infatti un atteggiamento negativo, si diceva che qui non si poteva fare quello che proponevo e ti tarpavano le ali.
Mi misi allora a lavorare con assiduità. Alla fine ci riuscii. In 30 anni della mia vita non ho mai avuto una reale interlocuzione con i direttori generali. Tutto ciò che è stato fatto è partito dal sottoscritto. Credo che i nostri risultati si siano raggiunti grazie alla gente che ha fatto di tutto affinché questo progetto si realizzasse. Ci vuole tanta forza di volontà, perché se si aspetta un direttore generale che ti dica: “Ti diamo questo o quest’altro”, e la politica non è d’accordo non se ne fa nulla.
Ma c’è stato almeno uno Direttore generale che l’ha più o meno assecondato?
Tra quelli che hanno dato un po’ di svolta, ricordo il dottor Brizio. Quando cercammo di far capire che occorreva fare i trapianti a Taranto, ci diede la possibilità di acquisire le macchine che servivano. Un altro che ci ha aiutati è stato il dottor Giuseppe Nocco il quale ci fornì una macchina sottratta ad un laboratorio centralizzato che la utilizzava pochissimo.
L’acquisii il 20 di agosto quando non c’era nessuno e la feci portare nel mio reparto, anziché al laboratorio centralizzato. Quella è stata la chiave di volta sul piano delle diagnosi corrette alla quale è seguita, poi, anche l’assunzione delle biologhe che dovevano lavorarci su.
Il dottor Nocco fu anche quello che favorì lo spostamento dell’ematologia dell’ospedale vecchio, che era nel centro di Taranto; sicché si diede vita all’ospedale Nord, oggi Polo oncologico. Tutto iniziò da qui.
Lei ha sostenuto in qualche modo una battaglia contro le fonti inquinanti di Taranto. La pensa ancora come allora?
Non ho cambiato idea. Fui il primo a denunciare che gli ammalati aumentavano. Fui tacciato di terrorismo, ma pian piano la gente prese coscienza della situazione. Fu uno dei motivi che mi permise di essere eletto come consigliere regionale.
Durante quei due anni di carica, feci delle proposte, ma commisi l’errore di stare a sentire quello che Vendola e company dicevano, così persi quel treno, in quanto mi trovai spiazzato e fuori, praticamente relegato in minoranza nella maggioranza stessa.
Quando comprese i veri danni che l’inquinamento causava a Taranto?
Emblematica fu la storia di un bambino con la diagnosi di un tumore che di solito viene diagnosticato alle persone di una certa età o ad anziani incalliti fumatori. Si trattava di un carcinoma differenziato del rinofaringe. Fortunatamente credo che quel bambino stia bene. Fu curato adeguatamente.
Segnalai questo episodio e la gente lo visse come speranza per il futuro in quanto dalla segnalazione potevano venire delle scelte correttive perché si smettesse di inquinare. Questo non è avvenuto, anche se oggi si inquina meno, perché si lavora di meno.
C’è una crisi del settore aziendale, quindi l’inquinamento si è ridotto. Lo dissi allora e lo ripeto oggi, per poter arrivare ad una riduzione delle malattie occorre smettere di inquinare.
Grazie alla sua attività c’è stata mobilità attiva per la sua AUSL in tutti questi anni, ovvero tanti pazienti sono venuti a Taranto per curarsi da ogni parte d’Italia.
Di fatto abbiamo visto crescere l’utenza progressivamente grazie a pazienti provenienti anche dalla Calabria, dalla Basilicata, dalla Lombardia, dalla Toscana, dal Lazio e via dicendo.
Sono soprattutto pazienti testimoni di Geova che come si sa non accettano il sangue di altri e vengono da noi perché siamo stati i primi in Italia ad effettuare trapianti senza bisogno di sangue altrui; addirittura qualche mese fa, abbiamo fatto un trapianto ad una giovane donna francese, dalla sorella a lei, senza l’impiego di sangue.
Che reparto lascia?
Di tutto rispetto perché si fanno delle cose di alto livello. Il reparto non ha problemi se non per gli spazi limitati e per la difficoltà di reperire specialisti.
Come mai non le è stato proposto un contratto di consulenza che le avrebbe permesso di rimanere al Moscati? Mi sembra sia quello che si voglia fare al nuovo ospedale San Cataldo, con la differenza che lei qui può essere molto d’aiuto.
Non sono stato contattato. Lei tocca un tasto particolare. Dipende tutto dall’amministrazione! Sicuramente fare il medico sul piano dell’ematologia territoriale sarebbe possibile.
Prof. Mazza, lei comunque continua a fare attività privata.
Ho dei pazienti che chiedono dei pareri oppure vogliono essere visitati perché hanno dei dubbi e quando il problema esiste non disdegno di consigliare le strutture sanitarie di Taranto. I pazienti cerco di canalizzarli dove possono essere trattati doverosamente.
La politica l’ha messa da parte o tornerà a farla?
La politica vera è la parte essenziale per poter dirigere situazioni come quelle di cui abbiamo parlato.
La sanità è ancorata fortemente alle scelte di carattere politico. Per cui credo che il pallino resti nel mio sangue.
Lei alle scorse elezioni regionali si è candidato con Fitto che oggi esercita un ruolo importante ed è anche Ministro, ma è soprattutto tra i leader del Governo. Come sono i suoi rapporti con lui?
Gli ho fatto i complimenti. Non ci sentiamo più per questioni politiche. Io però resto aperto a qualunque progetto purché serva a garantire la salute.
Grazie professor Mazza, buona vita