I Liuzzi, medici di famiglia
Medico di medicina generale, Stefano Liuzzi è nato a Taranto 62 anni fa. E’ tra i medici più rinomati della provincia di Taranto. Parafrasando una serie televisiva, potremmo fare una similitudine con “Un medico in famiglia” solo che il cognome Liuzzi, nella città natia, rappresenta la tradizione che ha radici piuttosto profonde e prospettive a lungo termine. Suo padre, Francesco Paolo, era il classico medico di paese, punto di riferimento di tutta la comunità sempre a disposizione, 24 ore su 24 per sette giorni la settimana, Cicì (così lo chiamavano in paese), era amato da tutti, tanto da essere eletto, a furor di popolo, prima sindaco, poi consigliere provinciale e successivamente parlamentare. In realtà una malattia ereditaria, i Liuzzi, l’hanno sempre avuta: la politica. Coerentemente di destra per tutta la vita, Cicì l’ha trasmessa al figlio Stefano, il quale è arrivato al gradino di vicesindaco, sempre nella sua città. Tornando alla medicina, Stefano si sposa con Valeria, conosciuta all’università. Entrambi frequentavano la stessa facoltà. Lui si specializza in pediatria e solo due giorni dopo la specializzazione diventa medico di base per gli adulti. Non ha più cambiato, nonostante ne abbia avuto la possibilità. Valeria invece, più piccola, dopo la laurea decide di fare la pediatra. Da due medici non poteva che nascere un altro futuro medico: Francesco Paolo (si chiama come il nonno) il quale è al secondo anno di medicina e sta dando ai genitori già grosse soddisfazioni. La sua decisione è stata autonoma e non condizionata dai alcuno, così come quella di Marco, al terzo anno di liceo, che è l’informatico della famiglia.
La competenza professionale del dott. Stefano Liuzzi è tale da essere spesso invitato da diversi media, tra questi le nostre testate, come opinionista esperto in materia di contagi, vaccini e tutto quello che riguarda il Covid 19.
Dottor Liuzzi, lei ha da sempre respirato la medicina fin da quando era piccolo. Quanto è stato condizionato da suo padre nell’intraprendere la stessa carriera?
Papà aveva una personalità molto forte, ma non mi ha assolutamente influenzato a seguire la sua stessa professione. Ancora meno mio figlio al quale, sia io che mia moglie, abbiamo detto di fare ciò che voleva. La medicina è una professione bellissima, ma non se fatta controvoglia.
All’improvviso la sua professione sembra essere cambiata con l’avvento di un virus che ha cambiato la nostra esistenza
Nella mia vita non mi sarei mai immaginato di fronteggiare una pandemia. Una cosa un po’ simile l’ho vissuta con l’AIDS quando ero all’università. C’è da dire però che colpiva solo alcuni soggetti, vista la difficile trasmissione.
Quando ha avuto contezza di quello che stava accadendo con questo nuovo virus chiamato COVID 19?
Quando si sono verificati i primi casi in Lombardia. Ho iniziato a rendermi conto della situazione. Nella prima ondata in Puglia siamo stati fortunati, in quanto abbiamo avuto pochi casi. Probabilmente questo è avvenuto anche grazie al lockdown che ha impedito la diffusione del virus. Nella prima ondata, nella mia città nessun mio paziente ha contratto il virus. Oggi, purtroppo, ricevo sicuramente diverse chiamate. In un piccolo paese ti rendi subito conto della situazione, anche parlandone con i colleghi. Quando ti chiamano interi nuclei familiari, capisci che la situazione sta sfuggendo di mano. I comportamenti, soprattutto quelli nel periodo natalizio, sono stati quelli che hanno fatto proliferare i contagi.
Però l’influenza stagionale è diminuita. Secondo lei perché?
Beh, perché le persone hanno fatto sicuramente più attenzione. Poi sono aumentate quelle che hanno fatto il vaccino antinfluenzale. Io, ad esempio, ho triplicato il numero delle dosi somministrate ai miei assistiti, rispetto agli altri anni.
Stanno aumentando i contagi e quella di Taranto, la sua provincia, sembra essere la più colpita: colpa della variante inglese?
Con la variante inglese i giovani sono i più colpiti. L’età media dei contagiati è scesa a 44 anni. Questo è un problema. I ragazzi fanno meno attenzione a rispettare le regole. Un terzo degli ammalati è rappresentato da adolescenti.
Per un medico quanto è difficile capire da una telefonata se il suo assistito ha contratto il Covid?
Riconoscere i sintomi ora è più semplice rispetto a prima. All’inizio era difficile in quanto i sintomi erano riconducibili ad una semplice influenza. Ovviamente ci si accerta dei contatti che il soggetto ha avuto e successivamente si analizzano i sintomi.
Da quando i medici si sono vaccinati, cosa è cambiato riguardo ai vostri pazienti che possono aver contratto il virus?
Che possiamo visitarli, soprattutto gli anziani. Prima era rischioso, sia per noi che per loro. Avere contatti con il paziente è sempre utile, poiché bisogna essere attenti alla minima variazione dei sintomi.
Che tipo di protocollo attuate?
Prima si procede con dei normali antinfiammatori, poi, se non dovessero avere dei miglioramenti potremmo prescrivere il cortisone. Successivamente si può passare agli anti aggreganti. Tenere d’occhio l’ossigenazione è sempre fondamentale. Bisogna intervenire quando necessario.
L’ospedalizzazione non serve per tutti i pazienti gravi. Liberare i posti letto è fondamentale. Ho assistito molti pazienti anziani direttamente nelle loro abitazioni tra queste una signora di 98 anni ed un’altra che aveva anche la leucemia. Solo nel caso di un aggravamento delle condizioni, si ricorre al 118 ed al ricovero in ospedale.
Quando effettivamente è possibile uscire da casa dopo aver contratto il Covid?
Dopo 21 giorni dalla comparsa dei sintomi, purché non se ne abbiano da una settimana. Anche con un tampone positivo si è comunque guariti. I tamponi molecolari hanno una tecnica particolare, chiamata PCR. Vanno ad individuare gli acidi nucleici, evidenziandoli. Può capitare che questi siano solo dei residui del virus e diano esito positivo del tampone. Ma non si è infettivi. Perciò dopo tre settimane si è comunque guariti, a patto che non si abbiano sintomi.
Per l’isolamento fiduciario invece?
Dura 14 giorni. Passate le due settimane ed il tampone risulta negativo, non si è stati contagiati. Se il positivo è un convivente, l’isolamento continua fin quando non si negativizza.
Il ruolo dei medici di base è quanto mai fondamentale in questo momento?
Vanno valorizzati i medici del territorio. Sono fondamentali a non intasare gli ospedali, soprattutto andando a ricoverare persone che non ne hanno bisogno. La variante inglese è molto più contagiosa e più rapida. Non è però più grave.
La modifica del virus vi preoccupa?
Qualsiasi virus si modifica per resistere alle difese dell’organismo. I vaccini sono la cura migliore e fondamentale per il futuro. Si stanno studiando delle terapie che possano curare gli ammalati che hanno contratto il virus. Gli studi per il siero iperimmune hanno ridotto le aspettative per questo tipo di cura. Per quanto riguarda i farmaci, è tutto ancora in fase iniziale. Si sta finalmente valutando il vaccino Sputnik che sembrerebbe ottimo. Rispetto ad altri vaccini, ad adenovirus, che stimolano gli anticorpi per la proteina S lo Sputnik sembrerebbe produrre anticorpi per due diverse proteine S. Naturalmente è tutto da verificare. Comunque Il sistema sanitario Italiano è il migliore possibile. Viene garantita l’assistenza gratuita o quasi a tutti.
Purtroppo, dottor Liuzzi i problemi non riguardano solo il Covid, soprattutto la mancata diagnosi per chi ha altri tipi di complicazioni
Purtroppo sorgeranno fuori altre problematiche per coloro che non possono fare esami di routine come nel caso dei diabetici, i cardiopatici e ad altre patologie che hanno bisogno di diagnostica e visite specializzate. Purtroppo con la chiusura dei CUP molti non hanno potuto prenotare le varie visite. Ritengo sarebbe ora di riaprirli anche perché mi risulta che tutto il personale è stato vaccinato. Soprattutto questo per aiutare le persone anziane o chi non è avvezzo alla tecnologia per ricorrere alle prenotazioni online.
Il suo ottimismo e la sua pacatezza per il futuro sembrano beneauguranti!
Non si può essere pessimisti. La ricerca scientifica ha fatto passi da gigante. Sono fiducioso, purché si investa nella ricerca. Il nostro di stile di vita è comunque cambiato. Non so quando potremo tornare al passato, almeno fino a quando non ci sarà una imponente copertura vaccinale. L’Italia deve arrivare a produrre i vaccini. Ne abbiamo sia la competenza che le capacità, ma c’è bisogno che chi ci governa si assuma le proprie responsabilità e prenda delle decisioni”.