Andare in bici è quasi come andare in guerra: rispetto reciproco sulle strade.

Prima domenica di agosto segnata da un’immane tragedia sulle strade pugliesi: tre ciclisti del Gruppo Ciclistico “Avis” di Andria, Sandro Abruzzese, Vincenzo Mantovani e Antonio Porro, rispettivamente di 30, di 50 e di 70 anni, sono stati falciati e uccisi da Lancia Delta sulla strada provinciale 231, nei pressi di Terlizzi.
Il guidatore dell’automobile, un 32enne di Ruvo, evidentemente per la velocità eccessiva con la quale viaggiava, ha perso il controllo della sua auto, e a seguito dell’impatto è andato a sbattere contro il guardrail che delimita le due carreggiate della strada in questione, che da Andria conduce in direzione Bari. Egli stesso ha provveduto ad allertare immediatamente i soccorsi, che nulla hanno potuto fare per Sandro, Vincenzo e Antonio, mentre la carreggiata sud veniva chiusa alla circolazione, i mezzi sequestrati e le salme trasferite a bordo dei carri funebri, in un tristissimo rituale col quale occorre fare i conti ogni volta.
Enorme lo schock per l’accaduto. Il gruppo di ciclisti, di cui facevano parte stamane altri due atleti, che si sono salvati perché trovatisi in quel momento nelle posizioni di testa dello stesso, rappresentava e dava visibilità ad una realtà tanto impegnata nel sociale quale quella dell’Avis. Il Sindaco di Andria, Giovanna Bruno, ha dato voce al dolore di tutta la sua città: “Provo solo immenso dolore. Stordita, incredula, penso e ripenso al bene di questi nostri concittadini, profuso attraverso la splendida realtà associativa dell’Avis.
Il loro amore per la due ruote e per lo sport; le iniziative condivise, la campagna di sensibilizzazione alla donazione di sangue non più tardi di qualche settimana fa…sono un pezzo della nostra Comunità, la parte bella e sana di una Città che intorno al valore delle persone ha impostato il suo riscatto e la sua crescita…sono profondamente addolorata, sgomenta”.
Oltre alla partecipazione emotiva verso il terribile accaduto, alla consapevolezza che uscire in bici può significare non tornare vivo a casa (questo spiega il titolo dell’articolo, ovviamente un po’ forzato) vogliamo esprimere un parere il più possibile costruttivo e consapevole, essendo in prima persona accaniti amanti delle due ruote a pedali.
Il ciclista è un utente della strada con pari diritti e pari doveri degli automobilisti. Egli è chiaramente molto, enormemente più esposto ai pericoli della strada, e deve prendere per questo più cautele possibili, per rendersi visibile con abbigliamento vistoso, per pedalare sempre il più possibile sulla destra della carreggiata, anche quando si va in gruppo, per evitare le strade più trafficate e battute delle automobili.
Gli automobilisti hanno l’enorme responsabilità di guidare un mezzo che è una potenziale arma offensiva, sicuramente verso gli utenti deboli della strada, ciclisti e pedoni, ma anche verso gli altri automobilisti. Per questo sono chiamati a porre il massimo dell’attenzione alla guida e a moderare la velocità in base alla strada che percorrono.
La convivenza fra ciclisti ed automobilisti sulla strada spesso è complicata: è nota l’insofferenza di tanti automobilisti, che si trovano gruppi di ciclisti numerosi sulla strada, non in fila indiana. Ma è vero pure che tanti automobilisti hanno comportamenti sconsiderati: sorpassano a volte lasciando pochissimo margine di distanza, anche chi sta da solo e sta sul margine, compiono sorpassi azzardati, esponendo se stessi e gli altri, ciclisti o automobilisti che arrivano dalla parte opposta, ad immani rischi, si distraggono usando il telefono cellulare.
La tragedia di stamane, ha come vittima solo gli utenti deboli, i poveri Sandro, Vincenzo e Antonio, ma ha alla base anche una loro imprudenza e dei loro due altri amici, quella di aver scelto di pedalare su una superstrada a doppia carreggiata, invece di percorrere la viabilità di servizio al limite, di cui quella strada è dotata. E ha poi una grande responsabilità, è ovvio, anche qualora il giovane che li ha investiti non avesse assunto sostanze alcoliche, in chi non ha saputo condurre il proprio mezzo ad una velocità tale da consentirgli, vista comunque l’ampiezza della sede stradale, di compiere un sorpasso in tutta sicurezza.
Oltre a ribadire l’importanza delle reciproche regole del rispetto e della sicurezza sulla strada, il consiglio che chi scrive si sente di fornire a tutti gli amanti del ciclismo è quello di frequentare il più possibile le strade meno praticate dai mezzi a motore. Ogni territorio, ogni provincia ne offre. Mappare strade e percorsi alternativi ci consente, da una parte di pedalare in maggiore sicurezza e di goderci meglio i tanti benefici della pratica, dall’altra di nutrire la nostra passione anche del piacere della scoperta.
Il dolore di questa giornata può avere qualcosa di buono solo se diventa occasione di riflessione.




