Taranto – Operazione “Sophia”: chiude i battenti il fortino dello spaccio
TARANTO – Ha chiuso i battenti il “fortino” dello spaccio allestito nel quartiere “Salinella”, dopo il duro colpo inferto, nella mattinata di ieri, 6 maggio, dalla Squadra Mobile della Questura di Taranto. In carcere, infatti, sono finiti 5 soggetti che possono essere considerate le menti, gli organizzatori della piazza di spaccio, coloro che, impartendo disposizioni a fiancheggiatori, complici e conniventi, erano riusciti a dar vita a uno shop degli stupefacenti (in particolare cocaina), aperto 24 ore su 24, che era divenuto un riferimento sicuro per gli assuntori, provenienti anche da fuori città.
Il sistema era stato messo a punto con metodo e precisione, quasi imprenditoriali, al fine di raggiungere il duplice scopo di poter soddisfare, da un lato, la continua domanda di sostanza stupefacente da parte della clientela e, dall’altro, di limitare le perdite in caso di controlli da parte delle forze dell’ordine. I clienti, infatti, con una frequenza degna di una avviata attività commerciale, si recavano presso l’abitazione degli arrestati, direttamente, senza avere la necessità di concordare alcunché in relazione allo scambio illecito. Come certificato dalle immagini riprese in oltre un anno di indagine, tutto si svolgeva nel giro di qualche minuto: la macchina veniva parcheggiata nell’ampio piazzale di pertinenza della palazzina (con una disinvoltura che lasciava intendere l’abitualità della frequentazione), il cliente entrava nella palazzina per poi uscirne, appunto, dopo pochissimi secondi, rientrare in macchina e poi allontanarsi velocemente dal posto, come se si fosse trattato di una qualsiasi commissione quotidiana cui dar corso. Centinaia le cessioni documentate nel corso dell’attività di indagine, tutte avvenute con le stesse modalità. Una efficienza garantita da un apparato logistico che gli arrestati avevano messo in piedi, come si è detto, con capacità imprenditoriale. Le abitazioni teatro dell’attività di spaccio erano state messe al centro di una rete costituita da numerosi complici, fiancheggiatori, conniventi, ognuno dei quali forniva un contributo prezioso per consentire allo shop di operare con collaudata efficienza. C’era chi (in particolare le donne) era incaricato di allertare i familiari adibiti alla vendita in caso di arrivo della Polizia – indicata spesso con nomi di donna, come “Sofia” – (da qui il nome dato all’operazione); chi si occupava della custodia della sostanza stupefacente e del suo trasporto; chi, in caso di intervento delle forze di polizia, si rendeva disponibile a prelevare ed occultare la sostanza stupefacente, consentendo ai complici di sottrarsi ai controlli; chi, infine, fra cui alcuni minori, si rendeva disponibile alle attività di confezionamento e vendita della sostanza stupefacente, trasportandola nei luoghi adibiti alla vendita. In particolare, tale ultima attività veniva effettuata, soprattutto, a bordo di potenti motocicli, che garantivano la possibilità di muoversi agevolmente e rapidamente nel traffico cittadino, come dei pony express della droga e, quindi, di poter effettuare delle puntuali consegne, e di essere anche più difficilmente intercettabili dalle pattuglie delle forze dell’ordine con le quali, nel corso dell’attività, vi sono stati anche rocamboleschi inseguimenti.
Come nell’ottobre 2018, allorquando due degli indagati – a bordo del solito ciclomotore – eludevano un controllo delle forze dell’ordine, nonostante il formale “ALT” intimato dai poliziotti, speronando un motociclo di servizio e continuando la corsa a velocità sostenuta. Ma la tenuta del meccanismo messo in piedi, oltre che dalle capacità organizzative, era anche favorita dai legami di parentela intercorrenti tra gli arrestati / indagati nelle cui conversazioni i riferimenti agli stupefacenti spesso erano celati nei richiami alle esigenze di vita quotidiana, anche della prole in tenera età, in un mix di linguaggi che è stato possibile decriptare grazie all’abilità, alla professionalità e all’esperienza degli investigatori della Sezione Antidroga. Il carattere di familiarità ed unione fra tutti gli indagati è stato sottolineato in occasione della scarcerazione di uno di loro, accolto presso la sua abitazione, una delle “basi operative”, con festeggiamenti. Nell’occasione, inoltre, sono stati esplosi anche dei fuochi d’artificio, nel solco di quella consuetudine, mutuata da numerose fiction televisive e anche da altre realtà territoriali, e forse ormai acquisita alle nostre latitudini, che mira evidentemente a palesare agli occhi di tutti, e anzi ad ostentare, quella che è una propria capacità di condizionamento del territorio, infiltrato dalla piaga degli stupefacenti. Si commetterebbe un errore nell’immaginare che i protagonisti di questa vicenda si muovessero in un contesto degradato, come la presenza degli stupefacenti potrebbe lasciar pensare. Più corrispondente al vero, invece, è un quadro i cui protagonisti si muovevano come dei piccoli imprenditori, quasi dei titolari di una impresa familiare. Impresa familiare la cui attività è stata interrotta dalla Polizia di Stato.