Taranto – “Ambiente svenduto”: risvolti inquietanti emersi nelle testimonianze, durante il processo.
In Corte d’Assise, durante il processo Ambiente svenduto, in cui si contesta all’Ilva il reato di disastro ambientale, e che vede imputate con diversi capi d’accusa, 44 persone – tra cui Nicola e Fabio Riva, figli di Emiliano Riva, con l’accusa di associazione a delinquere, Nichi Vendola con l’accusa di concussione aggravata, nonché di aver fatto pressioni ad Arpa Puglia pro Ilva, Ippazio Stefàno, Sindaco ormai uscente di Taranto, accusato di omissione di atti d’ufficio e di non aver agito con i poteri sanitari di cui disponeva a seguito della denuncia dell’inquinamento dell’Ilva presentata alla Procura della Repubblica, e altri tra dirigenti ed ex dirigenti – sono venuti a galla dettagli inquietanti.
Ieri, in particolare, dalle dichiarazioni del Maresciallo della capitaneria di porto di Taranto, Massimo Giuliano – interrogato dal Procuratore aggiunto Pietro Argentino e dal Sostituto Mariano Buccoliero – sono emersi dettagli inquietanti circa lo smaltimento dei mitili contaminati da diossina e Pcb.
Tra il 2011 e il 2012, solo 141 tonnellate sarebbero state effettivamente messe al macero, per una quantità di 20.000 tonnellate con obbligo di smaltimento, perchè ritenute tossiche.
In quella circostanza un’ordinanza sindacale obbligava lo smaltimento, anche coattivo, dei mitili allevati nel Mar Piccolo, risultati contaminati.
Durante la deposizione del Maresciallo Giuliano è emerso che delle 33 società censite, solo 19 avevano attestato il macero dei molluschi, così come riportato sulla documentazione da lui richiesta al Centro Ittico di Taranto. Parla di anomalia il Maresciallo, poiché la mole di molluschi da smaltire era di grandi proporzioni e, come ipotizza, un grande quantitativo di mitili sarebbe stato messo nel mercato abusivamente, o trasferito nel secondo seno del Mar Piccolo, in cui ancora era consentita la coltura dei molluschi.