Lo stadio di Roma, la Soprintendenza e quella storia già scritta
Mancano pochi giorni ed a Roma verrà messo in scena l’ultimo atto di quella tragedia del nuovo stadio per la A. S. Roma. Per chi si fosse alzato durante quella rappresentazione per andare al bar o altro ripercorriamone i fatti principali. Nel Gennaio scorso spiccava il volo su giornali e tv un faraonico progetto che prevedeva è vero la costruzione del nuovo stadio per i “giallorossi” ma anche una vera e propria città nella città con tanto di grattacieli. Tutto perfetto, si disse, perché sull’onda del più azzardato project financing si costruivano migliaia e migliaia di metri cubi di uffici, abitazioni, etc. per finanziare la costruzione dello stadio. Sempre tutto perfetto, ancora tutto perfetto a parte il fatto che la città nella città non è Manhattan e soprattutto che la città su cui si sarebbe dovuto innestare questa Manhattan de noartri non è a New York ma Roma. Tutti felici se non fosse il fatto che un ufficio periferico del Ministero dei Beni e Attività Culturali (MiBACT) ovvero la Soprintendenza di Roma interviene con rilievi in materia di tutela del Paesaggio ed apponendo in più il vincolo sull’Ippodromo di Tor di Valle blocca di fatto i sogni di molti o meglio diventa l’incubo dei più. Ebbene sì, quel progetto prevedeva l’abbattimento dell’ippodromo, opera moderna fra le più significative nella storia dell’architettura non fosse altro perché oggetto di studio in più di qualche corso universitario. Da copione naturalmente anche i fragorosi, a tratti di pessimo gusto, attacchi alla Soprintendenza di Roma. Eravamo a Gennaio-Febbraio, lo abbiamo detto, da allora poi il silenzio durante il quale i soggetti proponenti il progetto faraonico hanno avuto il tempo, sancito dal Diritto, di fare le loro osservazioni all’apposizione del vincolo.
Ed è proprio questa fase che in questi giorni terminerà e si avrà un punto di svolta decisivo a patto che tutti i protagonisti di questa rappresentazione recitino le loro parti. Quali sono le loro parti? Come reciteranno? Nel frattempo, ovvero mentre i proponenti il progetto dello stadio ed annessi (anche se il punto fondamentale non è il tempio del calcio romanista ma tutto il resto) affinavano le loro valutazioni, qualcosa è accaduto ancora a Roma e più precisamente nel MiBACT ovvero l’ennesimo tassello della riforma voluta da Dario Franceschini (“benedetto sempre sia il suo nome” come si dice secondo un’abitudine mussulmana inneggiando però al Profeta). Per effetto della riforma la Soprintendenza di Roma è sparita ed è stata sostituita da altra con altro nome e territorio di competenza molto più ampio. Il soprintendente che aveva proposto il vincolo sull’Ippodromo di Tor di Valle salvaguardandolo è stato trasferito (lo avevamo anticipato), sempre per effetto della riforma, e sostituito da un altro soprintendente l’architetto Francesco Prosperetti (avevamo anticipato anche questo). Operazione geniale è quella che, nel bel mezzo di un’offensiva, trasferisce il generale che meglio conosce truppe e territorio sostituendolo con altro a digiuno proprio degli argomenti che più sarebbero utili per salvaguardare, mutatis mutandis, l’Ippodromo e quel tratto di paesaggio. A qualcuno potrebbe pure piacere questa intercambiabilità dei dirigenti per cui tutti devono saper far tutto. A sentir prediche di questo genere c’è proprio da crederci se non fossimo in Italia dove, sotto la calda coperta di una logica apparente, sonnecchia la regola del “tutti devono far bene il proprio mestiere ma soprattutto quello degli altri”. Poco conta che questo modo di fare vada a discapito di molto se non di tutto quello per cui il MiBACT è nato ovvero la tutela dei beni culturali. Ed il caso dell’Ippodromo è lampante. Nei giorni prossimi si riunirà una commissione MiBACT che dovrà valutare proprio l’attuabilità del vincolo sull’Ippodromo. Per effetto della riforma di D. Franceschini (“benedetto sempre sia il suo nome”) il soprintendente che ha proposto quel vincolo non sarà presente in commissione; salvo imprevisti, sempre per effetto della medesima riforma, in questa commissione ci saranno soprintendenti archivisti, storici dell’arte ma un solo architetto ovvero F. Prosperetti. Andrebbe aggiunto che, sempre per la stessa riforma, la Soprintendenza diretta da F. Prosperetti ha perso alcuni tasselli, anzi gioielli, come il Colosseo, la Domus Aurea ed Fori Imperiali-Palatino il che significa un fiume di denaro proveniente dai biglietti venduti per l’accesso in questi siti archeologici (si consideri a titolo di esempio che il Colosseo è il monumento italiano più visitato in un anno).
A questo si aggiunga pure la politica romana: l’attuale sindaco di Roma non ha nessuno interesse ad inimicarsi la tifoseria romanista. In queste due direzioni inoltre sembrano muoversi alcune affermazioni sempre del sindaco che vorrebbe riportare il Colosseo (si leggano anche gli altri siti) nell’alveo più specificatamente romano. Non è da escludere un impegno quindi del partito del sindaco a che quei siti ritornino, ad esempio, sotto il controllo della Soprintendenza diretta da F. Prosperetti che così riavrebbe i suoi gioielli. Tutte queste vicende nulla hanno a che fare con la tutela di un bene culturale tanto più quella dell’Ippodromo il quale, proprio in questo scenario, finirebbe con lo svolgere il ruolo di capro espiatorio, vittima sacrificale. A questo dobbiamo aggiungere un altro dettaglio: sempre per effetto della riforma ministeriale voluta da D. Franceschini (“benedetto sempre sia il suo nome”) i membri di quella commissione (archivisti, archeologi, storici dell’arte ed un solo architetto ricordiamolo) dovranno discutere dell’apposizione del vincolo su una architettura degli anni Cinquanta del secolo scorso dando per scontato che abbiano una adeguata preparazione in materia di architettura moderna, che sappiano leggere almeno piante, sezioni e prospetti che, soprattutto, abbiano una conoscenza puntuale di tutta la storia dell’architettura moderna e delle sue criticità. Ribadiamolo: non abbiamo dubbi sulle qualità dei singoli componenti la commissione ma chi, da architetto, si occupa di architettura è pienamente consapevole di quanto sia complesso affrontare il tema dell’architettura moderna e da qui l’apposizione di un vincolo in casi del genere. Non sappiamo quanto la mancanza dei gioielli influenzerà le scelte di F. Prosperetti né quanto la politica del sindaco di Roma influenzerà questa vicenda, però la sensazione che il finale di questo film sia già scritto è molto forte.
Insomma gli spettatori di questa rappresentazione sembrano non si siano proprio persi niente: il finale sembra già scritto e la storia sarebbe da chiudere anzi da alzarsi ed uscirsene dalla sala. Non è proprio così però perché anche in questo caso c’è l’imprevisto, quel sano imprevisto che anche la leggerezza del web rende possibile a patto che i problemi li si voglia risolvere e che la memoria sia ancora uno strumento per la tutela. Prima però è necessario porsi una domanda e riaffermare un principio. Cosa vuole il vincolo della Soprintendenza? A che serve questo vincolo? In questi mesi se ne sono sentite di tutti i colori incluso il fatto che si voglia impedire ad una squadra di calcio di avere un proprio stadio. Chiariamolo: la Soprintendenza o meglio il vincolo non è contro la Roma, contro i tifosi, contro qualcuno; il vincolo vuole tutelare il paesaggio ed un bene architettonico (l’ippodromo di Tor di Valle). Detto questo la memoria ci obbliga a tornare indietro di qualche anno ed esattamente al 2008 allorché fu approntato un progetto per il nuovo stadio della Roma nella medesima area a Tor di Valle (http://roma.repubblica.it/cronaca/2011/10/05/news/nuovo_stadio_della_roma_a_tor_di_valle_ecco_il_maxiprogetto_proposto_al_comune-22709875/; http://www.atp-progetti.it/gencont.html). Il colpo di scena è che la soluzione del 2008 conserva l’ippodromo di Tor di Valle esattamente così come vuole il vincolo richiesto dalla Soprintendenza. La soluzione quindi già c’è e soddisferebbe per certo: la Soprintendenza che vuole principalmente la salvaguardia dell’ippodromo; le aspettative dei tifosi e della società sportiva che avrebbero il loro stadio e quella dei cittadini che non si vedrebbero costruire un pezzo di Manhattan a Roma. Questa soluzione ha un solo problema: mette a nudo altre mire che prendono la forma delle migliaia e migliaia di metri cubi di cemento inutili alla tutela, agli sportivi, al paesaggio e alla bellezza di Roma, quella vera. Certo poi è, altro colpo di scena, che la sentenza del TAR di ieri, in virtù della quale i gioielli di Roma come il Colosseo rimarrebbero alla Soprintendenza diretta da F. Prosperetti, potrebbe avere una ricaduta positiva anche sulla salvaguardia dell’ippodromo di Tor di Valle.
Fra pochi giorni a Roma pertanto qualcuno prenderà una decisione; fra pochi giorni scopriremo quindi se viviamo già nella repubblica che qualcuno, in vena di battute, potrebbe definire anche delle banane dove potrebbe accadere che un laureato in filosofia senza una specifica conoscenza di storia dell’arte o dell’architettura può diventare anche il direttore di un grande museo, una reggia, etc. Battute a parte, come quest’ultima, dobbiamo rimanere tranquilli, anzi sereni, perché in Italia non accadrà mai una cosa del genere.
(Nelle foto allegate il progetto dello stadio elaborato nel 2008)
Fabio A. Grasso