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Piste ciclabili a Brindisi e Francavilla: soldi pubblici spesi per nulla

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Come abbiamo altre volte raccontato, la questione relativa alla costruzione di piste ciclabili nei centri urbani si sta scontrando molto spesso con una serie di problematiche comuni, di difficile risoluzione.

A Brindisi, l’Amministrazione comunale guidata da Giuseppe Marchionna (centrodestra) ha garantito, per voce del sindaco e dell’assessore alle Opere pubbliche Cosimo Elmo, che lo smantellamento delle due corsie costruite lungo viale Palmiro Togliatti e viale Aldo Moro, volute dalla precedente Giunta di centrosinistra e cofinanziate con un bando del ministero dell’Ambiente, sarebbe davvero in dirittura d’arrivo.

Siccome però, tale smantellamento, il Ministero lo ha vincolato al riposizionamento della pista ciclabile in altra sede, oppure sulla stessa direttrice ma evidentemente con altri soluzioni realizzative, che non pongano i problemi oggettivi alla circolazione che l’attuale pista ha comportato, non si conosce ancora bene quale sarà il ripiego sul quale l’attuale Giunta deciderà di attestarsi.

Va ricordato che la pista in questione ha vissuto un iter realizzativo tribolatissimo, molto farraginoso, che Confesercenti ha più volte pubblicamente denunciato i danni che gli esercizi commerciali di questa importante arteria cittadina hanno patito in virtù della ridotta possibilità per le automobili di fermarsi, che si sono segnalate criticità per il passaggio dei mezzi di soccorso in caso circolazione bloccata, e che, soprattutto, l’opera è di fatto inutilizzata dalla categoria per la quale essa è stata concepita.

In provincia, a Francavilla Fontana, una situazione analoga si è venuta a creare con la realizzazione di una pista ciclopedonale che, partendo dal centrale viale Madonna delle Grazie, raggiunge l’ospedale “Camberlingo”. Anche qui, la realizzazione ha proceduto a singhiozzo, fra le polemiche di associazioni e delle opposizioni alla Giunta comunale guidata da Antonello De Nuzzo (centrosinistra).

In questo caso vi sarebbe anche una questione relativa al non soddisfacimento dei requisiti standard previsti per questo tipo di infrastrutture, poiché essa misura 97 cm di larghezza invece del metro e mezzo canonico. Attualmente, parte della pista, è in fase di smantellamento a causa dei lavori di inserimento della fibra ottica. Sarà riposizionata o no? Il ministero delle Infrastrutture ha finanziato con 853 mila euro l’opera. Per quale reale utilità?

Anche a Lecce si è reso necessario intervenire su alcune piste ciclabili costruite senza tenere conto delle problematiche che esse avrebbero comportato per il traffico automobilistico. A Cerignola hanno fatto in tempo a rivalutare l’opportunità di costruirne una, per analoghe ragioni.

Il punto è ugualmente lo stesso: tali infrastrutture, pensate e realizzate con cordoli di separazione dal resto della carreggiata, non possono in alcun modo essere costruite se le dimensioni della strada in questione non lo consentano. E siccome le strade urbane delle nostre città, quelle centrali soprattutto, rare volte soddisfano questa condizione, spendere soldi pubblici per pura ottusità ideologica, in nome della “mobilità sostenibile”, significa soltanto sprecarli.

Si prenda esempio da altri Paesi europei, nei quali c’è una vera cultura della bicicletta piuttosto: piste ciclabili sì, ma extraurbane, per mettere in sicurezza chi pratica questo sport. E siamo i primi a volerle, in quanto ciclisti noi stessi. Piste ciclabili urbane nì, solo laddove esse siano compatibili.

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