Taranto – Incidente Ilva, D’Amato (M5S): Fare luce anche su sicurezza lavoratori indotto
Cinquanta morti negli ultimi 22 anni, gli ultimi cinque dal 2012.
Sono questi i numeri che oggi alcuni organi di stampa evidenziano.
Dentro l’Ilva, azienda accusata di spargere veleno intorno, si muore mentre si lavora.
Tempo fa, INAIL dimostro’ l’andamento crescente dei casi di infortuni per i lavoratori del siderurgico dal 2005 al 2011. Poi gli infortuni sul lavoro sono diminuiti … Prima di riprendere ad aumentare dal 2012, l’anno dei sequestri e degli arresti.
Questo dato va letto ricordando il taglio delle ore di lavoro a causa della crisi e della fermata di alcuni impianti che necessitano di ammodernamento, secondo chi ritiene che rimodernare sia utile.
Una questione salta subito agli occhi, è relativa alla fascia di età maggiormente interessata dagli infortuni, rappresentata dai lavoratori tra i 20 ed i 29 anni seguiti subito dalla fascia 40-49.
Ciò non può essere spiegato dalla “inesperienza lavorativa” perché, come la stessa INAIL ammette, gli infortuni sono occorsi nella stragrande maggioranza dei casi a chi ha una esperienza lavorativa superiore a 3 anni.
Come si spiega? Forse perché i ragazzi assunti da più di tre anni a questa parte accettano i rischi che altri non vogliono accettare… per non rischiare il posto di lavoro?
Mancano, però, altri dati. Per esempio quelli che non ricorrono all’infermeria dello stabilimento e vanno a farsi medicare fuori, magari non dicendo che si sono infortunati all’ILVA, così come mancano i dati di chi, anche per ottenere un premio a fine mese, preferisce non dichiarare un infortunio.
Si piange un’altra vittima, intanto.
Un uomo di 49 anni, di una ditta dell’appalto, in circostanze da chiarire e sulle quali auspichiamo una verifica celere, ricordando che il sequestro dell’area è stato possibile solo perché la stessa non è necessaria alla produzione. Altrimenti, grazie all’ottavo decreto del Governo, per la magistratura sarebbe stato anche impossibile sigillare quei metri quadrati di morte!
E stamane si è rischiato ancora a causa dello scoppio di una siviera nell’Acciaieria 1, episodio che fortunatamente non ha provocato danni alle persone.
Ma cosa è imposto ad ILVA per decreto?
Da un lato, la prosecuzione degli impianti sotto sequestro che hanno generato già la morte di un operaio e dall’altro (con il DPCM del 14 marzo 2014) obblighi di natura documentale tramite le prescrizioni UA22, UA23 e UA24.
Tali prescrizioni obbligano ad effettuare valutazioni tecniche, formazione, procedure operative ma NESSUN INTERVENTO SPECIFICO, demandando il tutto alla semplice «verifica della conformità e adeguamento degli ambienti di
lavoro ai requisiti minimi di cui all’Allegato IV del D.Lgs 81/2008 e
s.m.i, nonche’ all’art. 63 «Requisiti di salute e sicurezza».
Il progetto è fin troppo chiaro, nella sua fredda determinazione:
produrre a tutti i costi, anche a quello della vita umana, perché per il governo è prioritaria la produzione dell’acciaio, non la salute dei lavoratori e dei cittadini.
A Taranto si muore dentro e fuori la fabbrica pur di assicurare un prodotto che al mercato, a quanto pare, non risulta nemmeno appetibile.