Taranto – Che fine farà l’Ilva di Taranto?
Ilva con conti in rosso ed incidenti sempre più frequenti. La corsa disperata del Governo per rianimarla.
Ma le decine di associazioni ambientaliste che fine hanno fatto?
Che fine farà l’Ilva di Taranto? Rispondere in maniera chiara a questa domanda, oggi, è alquanto impossibile. L’analisi della situazione attuale, però, potrebbe portare anche il più degli ottimisti tra gli economisti a dire che qualche piccolo problema il siderurgico lo sta vivendo. Lo ha vissuto prima che lo scandalo giudiziario investisse la fabbrica dei Riva – con un calo della produzione di ghisa a causa del mercato dell’acciaio in flessione a livello mondiale – e lo sta vivendo anche dopo la data di luglio 2012 quando la magistratura ha avuto il coraggio (a differenza della politica) di dire basta ad una gestione “assassina” della fabbrica.
Assassina non solo perché la fabbrica inquinerebbe ( condizionale d’obbligo ma, credeteci, ci sta molto stretto) ma soprattutto perché in quasi 20 anni di gestione dei Riva poco, o nulla, si è fatto per rendere gli impianti competitivi a livello mondiale. Questi, gli impianti, non solo sarebbero stati performanti ed avrebbero garantito produzione e continuità lavorativa ad oltre 13mila operai più il sistema dell’indotto ma avrebbero garantito, forse, anche un impatto ambientale meno forte seppur sempre allarmante.
I Riva, in tutti questi anni di “lavoro” a Taranto, hanno ben pensato di tappare bocche, orecchie, nasi a chi avrebbe dovuto controllare. Ha sponsorizzato quella iniziativa o quella campagna elettorale, badate bene, da destra a sinistra, nessuno escluso. Ha appoggiato questo o quel politic(i)uccio.
Gli industriali, (ex) magnati dell’acciaio, non avevano nemici nelle stanze prestigiose del potere, credendo che solo loro avessero potuto mettergli il bastone tra le ruote. Ma i Riva non avevano fatto i conti con gli unici nasi, bocche ed orecchie “liberi” della città di Taranto. I cittadini si sono riuniti ed hanno urlato ai quattro venti, la malattia, il dolore, la morte causati da un inquinamento “eccessivo”.
Ma oggi, cosa succede nella città di Taranto?
L’Ilva è ancora lì a sbuffare sempre e comunque sulla testa dei tarantini come a volersi prendere gioco di loro. La città, la parte buona della città, ha fatto di tutto per soffocare quelle fiamme che ancora oggi vomitano sull’istmo morte e dolore. E, ancora una volta, consentiteci di non utilizzare il condizionale: a Taranto si muore. Ma la morte ormai non fa più notizia tra di noi. Giovani vite addirittura neonati stroncati da tumori e leucemie. Tutto normale per questa città che piano piano, forse, ha deciso di chinare il capo.
Un processo, quello di “Ambiente Svenduto”, che non cambierà le sorti di Taranto, dei suoi cittadini e dell’acciaieria ospite di un territorio che, dopo quasi 50 anni, deve avere la forza e la voglia di dire basta!
Sembrano passati secoli da quando la città pullulava di sano associazionismo. Quando si facevano le battaglie in piazza con cartelloni e striscioni senza gruppi di fecebook e leoni da tastiera.
Si possono contare sulle dita di una mano chi ancora studia e denuncia il caso Ilva.
Eppure di fenomeni di inquinamento, di incidenti rilevanti, l’acciaieria ne è piena. Ultimo in ordine di tempo: lo sversamento in Mar Grande di una “sostanza oleosa” dai canali dell’azienda. L’Ilva questa volta ha anticipato tutti, ambientalisti in primis, diramando una nota stampa – che ovviamente noi come redazione non abbiamo ricevuto come ai tempi dei Riva – nella quale si spiegavano le cause dell’accaduto rassicurando il controllo della situazione.
Ci saremmo aspettati, però, che qualche associazione, vista la mancanza di indicazioni da parte del siderurgico, chiedesse agli organi competenti cose del tipo: materiale specifico sversato in mare e la sua quantità. Invece no. Abbiamo notato il disinteresse per un episodio gravissimo.
Bisogna continuare a denunciare, a scavare, per scoprire cosa accade in Ilva. Non basta solo dissentire dai provvedimenti governativi a favore di questa, provvedimenti che alla fine ne stanno allungando l’agonia.
Ilva è in codice rosso. Gli aiuti di Governo, adesso, le stanno dando quell’ossigeno per campare ancora qualche mese. Sono i soldi dei prestiti che la mantengono in vita. Non c’è un piano economico ed industriale di vero rilancio dell’azienda più grande d’Europa.
E lo ha detto anche lo stesso Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: Ilva si sta spegnendo piano piano a causa di perdite stimate intorno a 50milioni di euro al mese.
Inutili sono i convegni organizzati in città per rassicurare gli operai. La situazione è più che chiara.
Bisogna riprendere quella voglia di combattere, di denunciare. Ilva è ancora là a sputare veleno normato dal Governo.