Foggia – La triste realtà del caporalato nella Capitanata: l’intervista allo scrittore Leonardo Palmisano
FOGGIA –
Il grave fenomeno del caporalato da anni occupa un ruolo di primo piano nelle cronache di telegiornali, rotocalchi televisivi e rubriche, forum di siti web, prime pagine di quotidiani online e cartacei. Una triste piaga, mai sopita, ma sempre più oggetto di diffusione in un’ area ogni giorno più estesa della regione Puglia, del territorio meridionale, come anche di tutta Italia. Le marce di protesta organizzate recentemente a Foggia, dopo i recenti incidenti stradali in cui hanno perso la vita diversi lavoratori agricoli africani, hanno riacceso a livello mediatico i riflettori su di un problema da sempre presente nel territorio pugliese, come in tutta la realtà della Capitanata. Braccianti che hanno sfilato per le strade del capoluogo per dire No alle condizioni di lavoro barbare in cui riversano da anni nelle campagne del foggiano. La realtà di un territorio di provincia che da anni combatte contro l’ingiustizia di tale piaga. Encomiabile e sfiancante è risultato il lavoro delle forze dell’ordine, che in questa provincia, come in altre zone delle Puglia, hanno proceduto negli anni ad incessanti arresti, sequestri di aziende, denunce. Sempre più di frequente, in tale territorio, avvengono i sequestri di furgoni modificati nel loro interno con l’inserimento di panche in legno per aumentare la capienza. Una situazione diventata tristemente famosa.
Memorabili rimangono le inchieste portate avanti da diversi giornalisti sull’argomento, come straordinario è stato il ruolo di quelle persone, che hanno deciso di affrontare duramente il fenomeno, senza remore, né alcun timore.
Leonardo Palmisano, scrittore e docente universitario, è uno di quelli che da anni combattono una dura battaglia per il rispetto dei diritti dei lavoratori nelle campagne, che ha deciso di scendere in piazza organizzando marce di protesta o scrivendo saggi ed opere per la sensibilizzazione contro questo drammatico fenomeno. Nel mese di aprile dello scorso anno, durante la settimana di Pasqua, fu tra i promotori, insieme ad altri scrittori e illustri personaggi anti – caporalato, di una marcia di protesta contro il fenomeno, che si prefisse di attraversare le campagne del nord foggiano giungendo da un ghetto all’altro. Una vera sfida ai caporali e al loro potere. Numerosi i suoi testi di denuncia del fenomeno: da ricordare “Mafia caporale”, “Tutto torna”,e ”Ghetto Italia”, scritto in collaborazione con un altro grande protagonista della lotta al caporalato, il sindacalista Yvan Sagnet.
Nel seguito l’intervista allo scrittore Leonardo Palmisano:
Qual è a suo avviso l’attuale situazione del caporalato nella provincia di Foggia?
“ E’ una condizione simile a quella dell’ultimo decennio. Non è cambiato molto in meglio, salvo qualche cosina. Rispetto agli alloggi, continuiamo ad avere i ghetti, e questo è drammatico: ghetti in condizioni di salute spaventosamente precarie. E poi c’è un aumento della compenetrazione tra il sistema dei caporali e le mafie della provincia di Foggia. “
Cosa andrebbe fatto attualmente per combattere, e prevenire sul nascere il drammatico fenomeno del caporalato?
“Andrebbero fatte nell’immediato due cose: la prima, aumentare le forze dell’ordine sul territorio; la seconda, aumentare le ispezioni e gli ispettori del lavoro.”
Cosa pensa della recente Legge 199 del 2016 per il reato di sfruttamento del lavoro? Secondo lei quali risultati ha ottenuto?
“La legge ha posto un tema che è quello della mafiosità del sistema, e questo è importantissimo. Però la legge non basta. Manca tutta la parte della prevenzione, e lo ha ammesso il Ministro Maurizio Martina, e poi non vengono toccati i rapporti di forza sul mercato del lavoro. Il mio timore è che le procure vengano lasciate sole a contrastare un fenomeno che ha una portata criminale molto forte. “
Quale messaggio vorrebbe rivolgere a tutti coloro che sono state vittime del caporalato, o che lo sono tuttora?
“Il primo è andare da un sindacato per avere immediatamente una denuncia, perché il caporalato è un fatto molto grave, e chi lo subisce lo sa. Il secondo è non essere soli a denunciare, ma provare ad aumentare il numero di chi denuncia, portare i propri compagni di lavoro a denunciare”.