Taranto- “Ho 28 anni, sono disabile e non ho mai fatto sesso”. L’Italia e il diritto alla sessualità.
Antonio, è il nome di fantasia che abbiamo scelto per raccontarvi questa storia, è un giovane disabile 28enne della provincia di Taranto affetto da tetraparesi spastica; una condizione che lo rende totalmente dipendente dalle cure della famiglia. Costretto su una sedia a rotelle, deve essere assistito in tutto, anche nel lavarsi e nel vestirsi. “Fortunatamente- ci racconta, quando riusciamo a metterci in contatto con lui- ho sempre mangiato da solo! Ci metto un po’ a finire, ma riesco a farlo!”
Per una persona disabile grave come lo è Antonio, che necessita di un’attenzione costante, la quotidianità assume spesso la stessa forma delle pareti della sua camera. Uscire di casa non è sempre facile, come ci dice lo stesso Antonio, nonostante lui abbia molti amici, perciò, sempre più spesso, l’unico modo per poter evadere è Internet. Antonio è giovane e ha un cassetto pieno di sogni come molti suoi coetanei; alcuni di questi sono uguali agli altri, come lo è quello di entrare nel mondo del calcio e fare l’addetto stampa, altri invece sono desideri esclusivi come riuscire a stare in piedi e finalmente camminare da solo. Ma non basta. Antonio ha 28 anni e non ha mai fatto sesso.
“Mi piacerebbe avere una esperienza di quel tipo,- ci confessa – ma per me non è semplice.”
Causa la sua disabilità fisica, che spesso genera la paura del rifiuto, e la forte timidezza, per Antonio relazionarsi con le ragazze non è esperienza facile e quei pochi contatti memorizzati in rubrica sono solo conoscenze virtuali. Allora come può un giovane ragazzo disabile approcciarsi al sesso? Esiste in Italia il diritto alla sessualità?
Per rispondere a queste domande dovremmo fare un salto indietro, quando nel 2008 a Galatina si è discusso, per la prima volta in un format così esplicito, di “ASSISTENZA SESSUALE ALLE PERSONE DISABILI GRAVI” , nell’ambito di un convegno organizzato dal sindacato SFIDA al quale ha preso parte anche l’Onorevole Ugo Lisi, Commissione Affari Sociali della Camera.
Nell’occasione, si è discusso ampiamente di capacità e potenzialità sessuali di un disabile e della sua possibilità di esprimerle nella maniera più consona alla propria condizione. Alcuni luoghi comuni sono stati analizzati e sfatati, come ad esempio quell’immagine collettiva che vede il disabile come soggetto cui non possono applicarsi tutti gli schemi convenzionalmente idonei per le persone “normali”, fra tanti proprio il sesso. Eppure, se da un lato già dagli anni ’80 le persone portatrici di handicap hanno subito un processo di integrazione nella sfera del lavoro, della scuola e del mondo sociale, dall’altra quando la rotta si inverte sul sesso allora i risultati sono immobilismo e ignavia, forse per paura o per pudore. In maniera paradossale, il più delle volte, la prima, vera, disparità riguardo al sesso tra persone handicappate e non avviene proprio nel contesto famigliare, dove le prime vengono considerate asessuate, priva di qualsiasi pulsione di tipo affettivo-sessuale. Eppure, su questo, qualcuno avrebbe di ché ribattere.
Nel dibattito del 2008, inoltre, si porta a conoscenza (e per alcuni risulta ancora un inedito) di figure professionali, uomini e donne, che in paesi come Olanda, Belgio e Germania forniscono assistenza sessuale ai disabili. Non una terapia, ma un vero e proprio cammino condiviso intrapreso dall’assistente e il disabile nella scoperta del piacere sessuale, intimo, e dell’affettività, con orari e costi predefiniti; infatti una prestazione di questo tipo dura dai 40 minuti a un’ora e mezzo e il costo medio è di circa 85 euro. In Italia, però, simile prestazione non è permessa perché prefigurerebbe il reato di induzione alla prostituzione, quindi è illegale.
Ma non solo la legge si frappone tra Antonio e il suo diritto di vivere la propria vita in maniera completa, anche una cultura diseducata e pigra difronte a cambiamenti così repentini ci mette del suo e allontana dalla fattibilità dell’impresa.
“Bisognerebbe parlarne di più,” conclude il nostro amico. “Portare il problema all’attenzione della Provincia, poi della Regione e del Parlamento perché si smuovano le acque.”
E allora noi raccogliamo la storia di Antonio e vogliamo qui piantare un seme per rimettere in moto una macchina che, stando ai fatti, è rimasta ferma proprio a Galatina, a quel 26 Gennaio 2008.
“Nessuna persona di buon senso si opporrebbe al diritto alla sessualità,- dichiara a riguardo Vito Berti, presidente uscente della commissione cittadina per le Pari Opportunità di Nardò, – E’ come avere il diritto al cibo, all’istruzione. L’obiettivo non è quello di surrogare l’affettività attraverso dei servizi di sessualità. Non si eroga affetto e amore per legge o per decreto. Si può erogare sessualità però. La sessualità deve far parte delle esigenze primarie. E su questa base che si dovrebbe legiferare. Dal 2008 a oggi non abbiamo ricevuto nessun segnale. La classe politica ha fatto finta di non vedere e di non capire. L’Italia è un paese straordinario, ma non riesce ad affrontare temi di questa portata!”