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La Fiera del Levante esclude Israele dal novero dei partecipanti. Le reazioni.

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E’ di ieri la notizia che la Direzione della Fiera del Levante ha escluso aziende riconducibili allo Stato di Israele dalla possibilità di partecipare come espositori all’88esima edizione della Campionaria, che avrà come sempre luogo a Bari, dal 13 al 21 settembre prossimi.

La decisione è stata giustificata con un comunicato che chiarisce le motivazioni alla base della decisione: “


 Al fine di rendere noto e trasparente l’agire di Nuova Fiera del Levante, si informa che la società ha accettato l’invito formale da parte del Sindaco di Bari Vito Leccese del 1 luglio scorso di non far partecipare Israele alle attività fieristiche all’interno del quartiere fieristico barese, istituzionali ed economiche.

 
Nella pec inviata veniva comunicato che: “Il Consiglio comunale dichiara non gradita, per le prossime edizioni della Fiera del Levate e in occasione del Saloni Specializzati, la partecipazione in qualsiasi forma dello Stato di Israele o di suoi rappresentanti fino a quando non porrà fine all’intervento militare nella Striscia di Gaza e alla sistematica violazione di diritti umani della popolazione civile”.
Non in virtù di un legame giuridico, ma per una comunanza di vedute etiche e politiche, la Nuova Fiera del Levante ha espresso da subito una netta presa di distanza dalle atrocità del genocidio in corso contro il popolo palestinese e ha sostenuto, diventandone promotrice, l’iniziativa per proporre il Premio Nobel per la Pace 2025 ai bambini di Gaza.

Una scelta, quella dell’Amministrazione comunale del Capoluogo pugliese, in coerenza con la recente assegnazione a Francesca Albanese, rappresentante dell’ONU per la questione palestinese, della cittadinanza onorifica di Bari, per la denuncia da lei pubblicata sulla situazione umanitaria a Gaza, così come sulle responsabilità storiche di Israele.

La reazione di certa destra, che fa iniziare la storia della vicenda israelo-palestinese con i fatti del 7 ottobre 2023, e continua a sostenere che la fame a Gaza (per lasciare perdere tutto il resto…) sia una frottola, pendendo in questo dalle labbra di Nethanyahu, non era quotata per la sua scontatezza.

Soprattutto, non era quotato l’intervento a gamba tesa sulla vicenda dell’ineffabile Maurizio Gasparri, il quale ci prova col solito artificio retorico, assai usurato, della confusione fra antisemitismo e antisionismo: “A Bari si premiano personaggi sconcertanti, come la ben nota Albanese, e si mette al bando Israele per la Fiera del Levante – ha tuonato il senatore Gasparri – Il Comune condotto dalla sinistra e dal pessimo Leccese è in preda a un attacco di autentico antisemitismo. Una vergogna per la nobile città di Bari”.

Il Sindaco di Bari, Vito Leccese, ha trovato modo di spiegare come ” l’esclusione di Israele dalla Fiera del Levante non ha nulla a che vedere con il popolo israeliano. È solo un piccolo, doveroso gesto simbolico di protesta nei confronti del governo Netanyahu, responsabile della morte di 60mila esseri umani e dell’annientamento per fame di un popolo intero”.

Per altro verso, meritano di essere riportate le argomentazioni contrarie alla decisione di escludere aziende israeliane dalla Fiera perché consentono di fare un parallelismo con quanto avvenuto nell’altra questione internazionale di questi anni, il conflitto russo-ucraino ed il trattamento riservato non tanto al Governo russo o alla sua economia, quanto alle sue stesse espressioni culturali.

Ad esempio, il deputato barese di Forza Italia Davide Bellomo asserisce che “con questa scelta non si colpisce Netanyahu, ma il popolo di Israele, finendo persino per legittimare Hamas e le sue azioni terroristiche”, mentre i rappresentanti baresi del Partito LIberaldemocratico, fondato da Luigi Marattin, ex braccio destro di Matteo, affermano che “La Fiera del Levante, da sempre crocevia di scambi, cooperazione e dialogo tra le culture del Mediterraneo, si trasforma così in un terreno di esclusione ideologica. Non viene colpito uno Stato: vengono censurati imprenditori e cittadini privati che hanno come unica “colpa” quella di avere passaporto israeliano”.

Peccato che le stesse sottigliezze, gli stessi distinguo, non siano mai state minimamente tirati in ballo per distinguere, eventualmente, Putin dalle aziende russe, dai rappresentanti dello sport russo, per non parlare degli intellettuali ed artisti russi, scrittori o musicisti che siano, verso i quali continua a vigere una damnatio memoriae incomprensibile.

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