Sulla via di Santiago, terza città santa per la cristianità
Ci fu un tempo in cui i confini dell’uomo non lo separavano dalla grande culla che è Gaia, la Terra nelle sue linee più selvagge e arcaiche, il più importante farmaco che l’intero universo ci ha messo a disposizione. Un tempo gli alberi erano amici e i loro sospiri erano fonte di energia vitale per le membra umane. Il cielo azzurro, le stelle che danzando catturavano gli sguardi e rilassavano, con le loro geometrie i corpi stanchi e le fatiche della sopravvivenza. L’ uomo viveva in un rapporto simbiotico con la natura, in
perfetta armonia con la terra, il cielo e i cicli energetici del cosmo.
Sostituire il grigio del cemento con il verde della natura, questo l’ obiettivo dei camminatori sulla via di Santiago. Francese, Portoghese, Inglese, Primitivo, del Nord, la Plata.
Non importa quale percorso, l’importante è continuare a camminare, passo dopo passo, giorno dopo giorno, circa 800 Km di strada da divorare.
Dal 2014 ad oggi più di 250.000 le persone che hanno intrapreso il cammino. Di queste, più di 20.000 sono di nazionalità italiana, sovente gli italiani scelgono il percorso “francese“.
Da Altamura, Terlizzi, Rutigliano, Ruvo di Puglia, Modugno e Bari un gruppo di sei persone hanno deciso di partire, tra le tante opzioni estive di un aperitivo in riva al mare, hanno deciso e optato per il peso dello zaino e del sudore. Chi lo ha fatto per onorare la memoria di un familiare venuto a mancare, chi per curiosità, chi per elaborare la separazione di un matrimonio o di una storia naufragata.
Francesca, giovane giurista di Altamura, ha deciso di accogliere il martirio in nome della veridicità delle idee che professa, di intraprendere il cammino per scrutare in ogni piccolo dettaglio, il perché, le motivazioni, la forza e la paura e le faticose quotidianità che hanno contraddistinto e segnato la sua vita, oltrepassando i limiti che ha nel cuore.
Raffaele di Terlizzi, ha affrontato questa sfida per superare un periodo buio della sua vita, afferma che lungo il cammino ognuno di noi non è più guidato dal cervello ma dallo spirito, non si cammina solo con le gambe, ma soprattutto col nostro cuore. Solo allora il cammino prende forma, ci avvolge in un abbraccio che i pellegrini successivamente trasmetteranno agli altri facendoci riscoprire valori come la fratellanza, la condivisione, il volerci davvero bene, ci fa riscoprire il nostro prossimo e soprattutto ci fa leggere dentro di noi il cammino della nostra vita.
Teresa, di Ruvo di Puglia, ha affrontato questa sfida senza avere particolari aspettative, ha affermato che cercare, trovare respirare le impronte dei tantissimi pellegrini che hanno percorso questa via, è come lasciare le nostre di impronte, forse è proprio questa la parte più intima del cammino, ascoltando solo la voce della natura, la sola in grado di trasmettere la dimensione esatta della nostra vita.
Nel suo peregrinare spesso ha camminato da sola , molte donne scelgono di partire da sole, a volte sfatando dei timori sulla sicurezza del viaggio da sole. La sua esperienza racconta come il cammino non sia prerogativa per pochi eletti, non solo per atleti allenati, ma la conditio sine qua non, che si rivolga a coloro che scelgono di fare il primo passo. La difficoltà l’ha ravvisata durante il suo I cammino “Francese“ che ha rappresentato il battesimo dei suoi cammini e segnato la sua sete di cammini. La difficoltà del suo primo cammino con tutte le ansie e paure, dove la sola difficoltà è che non sai come gestire l’ignoto. Gli altri cammini sono stati gradualmente sempre più difficili tecnicamente, parla del dislivello, anche per la pochissima presenza di pellegrini sul cammino stesso, in alcuni casi dichiara che ha camminato per giorni
senza incontrare nessuno. Mi viene in mente la poesia Il sabato del villaggio di Leopardi: la parte più bella e la preparazione, non la festa.
Il cammino mi ha messo di fronte a me stessa perché, mentre lo percorri, sei costretta ad andare piano, fai fatica, hai sete, muori dal caldo. A volte sei costretta a fermarti, e in quei momenti ti chiedi: “dove sto andando, e cosa sto facendo?”. Sperimentare la lentezza mi ha permesso di “strambare”, cambiare rotta, avere un nuovo sguardo sulla mia vita. Come nel film Sliding doors, capire attraverso quale porta passare, al momento giusto.
Il cammino per molti è una sfida con se stessi prima che un pellegrinaggio ascetico e che di certo ha la difficoltà di un percorso misto in cui il tracciato è autogestito con la partenza posta o in Francia o da Lisbona per l’arrivo a Compostela in Spagna.
Una sfida vista dai camminatori che affrontano le asperità del tracciato con una preparazione psico-fisica ottimale e con straordinaria caparbietà per conquistare dopo mille chilometri la “Compostela“, l’attestato redatto rigorosamente in latino e rilasciato dall’autorità ecclesiastica di Santiago che certifica l’avvenuto pellegrinaggio presso la tomba dell’apostolo San Giacomo.
Lungo il Cammino di Santiago s’incontra uno spaccato di umanità. Agnostici, credenti, scettici, laici e religiosi. Amanti del trekking, anime in cerca di risposte, coraggio per cambiare vita o esorcizzare un dolore passato e mai superato.
Tutti uguali in cammino anche se diversi in tutto: per età, provenienza, esperienza, gusti personali, persone con le quali fuori da questo sentiero forse neanche si condividerebbe nulla.
Addosso solo lo zaino con lo stretto necessario, un carico di esperienza e speranza. Indispensabile è la “Credencial“, il passaporto del pellegrino. Macini passo dopo passo, i chilometri si accumulano e la quotidianità annega in uno stato di quiete e sfinimento fisico, una sensazione che manca nella vita di tutti i giorni, perché si conosce la stanchezza ma non quella del corpo. La fame che squarcia e sorprende, le caviglie che si gonfiano, i tendini che sfregano, le vesciche, i crampi, i dolori muscolari, la stanchezza.
La natura ci permette di aumentare il senso di appartenenza, si ritorna all’essenzialità delle cose, permettendo di tracciare il confine fra utile e indispensabile. Il cammino permette di riappropriarsi della nostra natura di bipedi perché ci fa muovere al ritmo del respiro del cuore. Attraverso il cammino si vive, si osserva, si ragiona. Un modo per purificarsi, rigenerarsi, elevarsi perché ti mette a nudo solo per raggiungere Santiago de Compostela (San Giacomo di Campo Stellato) la terza città santa per la cristianità dopo Gerusalemme e Roma.
E poi, per tutti, dopo l’arrivo a Santiago de Compostela, l’immancabile tappa a Finisterre (nome della località spagnola il cui nome deriva dal latino “Finis terrae“, fine della terra). Per guardare l’orizzonte dove cielo e mare si confondono
Mettersi in cammino, non per camminare, è l’iniziazione del principio di trasformazione.