“Ambiente Svenduto” – I Fornaro chiedono sequestro immobili per i dirigenti e spronano: “Fatelo con i politici”
E’ risaputo oramai, come la Masseria “Carmine” sia il simbolo di questa Taranto che lotta contro l’inquinamento. Una Taranto martoriata, abbandonata, alla quale si promette il mondo, e puntualmente tutto finisce in fumo. Si in fumo, lo stesso maledetto fumo che ha inquinato il nostro mare, che ha visto morire padri, madri, figli. Lo stesso fumo che fuoriesce dai quei camini, lì al bivio, il maledetto bivio tra salute e lavoro. E il danno peggiore per il cittadino di Taranto è stato costringerlo a scegliere, e non per vivere, ma per sopravvivere in entrambi i casi. Questa è la triste storia di una delle città più belle. Questa è la triste storia dei tarantini, e la Masseria “Carmine” è il simbolo del cambiamento, l’apice, il punto di inizio, di quello che oggi è il più grande processo nella storia per disastro ambientale. I titolari della Masseria, Vincenzo, Vittorio e Angelo Fornaro, allevavano capi di bestiame. I capi di bestiame qualche anno fa, sono stati abbattuti in quanto contaminati da diossina e pcb. La causa? Il pascolo in zone contaminate dall’attività dello stabilimento Ilva. Dunque, capi di bestiame abbattuti, un’azienda al collasso, e un mondo crollato addosso. Ma i Fornaro non si sono dati per vinti, e i primi risultati sono stati i 47 rinvii a giudizio e le prime condanne. Taranto si è improvvisamente mobilitata, e fioccano le prime costituzioni di parte civile nei confronti degli ex dirigenti. Il 20 ottobre prossimo, il processo presso la Corte di Assise di Taranto, per gli imputati Nicola Riva, Fabio Arturo Riva, Giuseppe Casartelli, Cesare Corti, Girolamo Archinà, Francesco Perli, Salvatore D’Alò, Salvatore De Felice, Ivan Di Maggio, Bruno Ferrante, Angelo Cavallo, Adolfo Buffo, Alfredo Ceriani, Giovanni Rebaioli e Lorenzo Liberti, avverso i quali i Fornaro hanno presentato una istanza di sequestro conservativo dei beni immobili. Le proprietà sarebbero in tutto 87.
“Bisogna insistere, bisogna essere più incisivi e non bisogna demordere” ci spiega – raggiunto dal PugliaPress – in un’intervista Vincenzo Fornaro.
Fornaro commenta i primi rinvii a giudizio, riferendosi anche alla classe politica, quella “del bello e cattivo tempo”, affinché la responsabilità del disastro ricada anche su di loro, che questa città avrebbero dovuto proteggerla. “La nostra istanza sia anche da monito – spiega Fornaro – verso tutti coloro che si sono costituiti parte civile nei confronti della classe politica. Io dico loro di fare la stessa cosa, di chiedere il sequestro degli immobili – e continua – sequestrate i beni di queste persone”.
“Tutti i decreti del mondo, ma non ci piegheranno” dice Fornaro.
La Masseria “Carmine” ha segnato l’inizio di questo lungo percorso, spronando anche altri allevatori del territorio a ribellarsi, senza temere poteri forti. Un segnale di forza e coraggio all’intera città, e un segnale di presenza e determinazione anche al Governo, che per quanto cerchi disperatamente di salvare con vari decreti questa fabbrica di morte, non risolve la situazione di una città messa in ginocchio, da quella che chiamavano la sua vocazione.