Taranto, Ilva – La fabbrica della morte. Alessandro una morte annunciata.
E’ una morte annunciata. Lo Stato avrà sulla coscienza il sangue del giovane martinese Alessandro Morricella. Una ennesima vittima, annunciata e legalizzata, che la fabbrica della morte fagocita per il bene di una nazione, della sua economia e della sete di potere dei sindacalisti e politici. Tutti complici, tutti sporchi con le mani di sangue di Alessandro. Il 34enne vittima di un incidente presso l’Altoforno 2 dell’Ilva di Taranto ha lottato per giorni tra la voglia di vivere ed il terrore di morire. Morire così, per portare il pane a casa e sfamare i suoi piccoli.
Non è possibile e non ci capacitiamo ancora. Morire in quella maniera atroce dopo che quei maledetti impianti dell’area a caldo erano stati sequestrati senza facoltà d’uso dal gip Patrizia Todisco nell’ambito del processo Ambiente Svenduto. Impianti poi sequestrati con facoltà d’uso per permettere a quella fabbrica causa di “morti e malattie” – come diceva la stessa perizia oggetto del processo in corso- di continuare a produrre.
La mamma di Alessandro in questi giorni conosceva le condizioni reali del figlio: 90% del corpo completamente inesistente; e sapeva che un miracolo non lo avrebbe di certo salvato da una vita ti dolore e sofferenze. Un calvario che non gliel’avrebbe augurato per il suo bene e per “il cuore di mamma” che era Alessandro.
Adesso è il momento di fermarci un po’ tutti. Riflettere su cosa è accaduto e chi ha sbagliato. E’ il momento del dolore per le persone che amavano e volevano bene ad Alessandro. Non è il momento di fare polemica adesso. Ma qualcuno dovrà dare delle risposte a breve.
Taranto è stanca di pagare con il sangue dei suoi figli la produzione di acciaio. Taranto continua a piangere le morti che ogni santo giorno vengono mietute da una politica economica scellerata.
Tra qualche giorno asciugheremo le nostre lacrime. E ripartiremo con la battaglia. Ai Riva , a chi verrà dopo di loro, e allo Stato diciamo che siamo stufi. Nessuno, nessuno dovrà più piangere un proprio caro perché lo Stato ha deciso che a Taranto, dopo sette leggi salva Ilva, si deve morire legalmente.
Antonello Corigliano