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Antonio Rubino: “Diffamato da alcune donne con l’ufficio dal parrucchiere”

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Il direttore di Puglia Press denuncia attacchi da parte del “circolo delle signore snob”: «E’ il più brutto inizio di una campagna elettorale che ricordi. Vogliono imbavagliare chi critica, ma dopo quarant’anni di giornalismo non sarà certo un phon a fermarmi».

Negli ultimi giorni Antonio Rubino, direttore e fondatore di Puglia Press, nonche della testata nazionale News Italy News, è stato bersaglio di una serie di attacchi personali e diffamazioni partite da un piccolo gruppo di donne che lui definisce ironicamente “il circolo delle signore con l’ufficio dal parrucchiere”. Secondo il direttore, dietro questi attacchi si nasconde un tentativo di condizionare la stampa e limitare la libertà di parola, mascherato da polemica politica.

Direttore, cos’è successo esattamente?

«Sono stato attaccato in modo orchestrato, con una strategia precisa. Si vuole condizionare quello che scriviamo, il nostro diritto–dovere di critica. È un tentativo di imbavagliare la stampa, di intimidirci, di farci smettere di dire la verità. Ma con me non funziona. Dopo quarant’anni di giornalismo, ne ho viste tante, e non sarà certo un gruppo di signore snob a farmi paura.»

Sta dicendo che si tratta di un attacco politico?

«Assolutamente sì. Tutto nasce da una candidata alle prossime regionali, che evidentemente non ha mai lavorato in vita sua. Se andate sul suo profilo personale, alla voce “lavoro” c’è scritto lavora nel partito (Essendo in campagna elettorale non citiamo il partito in questione). E questo dice già tutto. Il vero lavoro è un’altra cosa. Le donne che lavorano davvero sono quelle che si alzano all’alba, che fanno turni in ospedale, che insegnano, che fanno le donne delle pulizia, che mantengono i figli all’università. Non quelle che passano le mattine tra un parrucchiere e un fotografo. Le donne che io rispetto non hanno l’ufficio dal parrucchiere, ma nelle corsie, negli uffici, nei laboratori, nei negozi, nelle case.»

Parla spesso del “circolo delle signore snob con l’ufficio dal parrucchiere”. Chi sono?

«Sono un gruppo ristretto ma rumoroso di donne che scambiano la politica per un salone di bellezza. Le trovi ogni mattina nello stesso posto, alla stessa ora e non voglio fare pubblicità al parrucchiere o all’estetista. Sono sempre in prima fila, tra bigodini e chiacchiere, tra un phon e un filtro Instagram. È lì che decidono chi elogiare e chi attaccare. È lì che si fa la “politica del phon”, fatta di apparenze, di filtri, di sorrisi studiati e parole scritte da altri. Ma la politica, quella vera, si fa tra la gente, non tra le pieghe.»

Non ho nemmeno bisogno di fare nomi, non serve. È tutto facilmente riscontrabile, basta guardarsi intorno. Le protagoniste di questa piccola messinscena si riconoscono da sole, anche senza etichette. Sempre ben pettinate, con abiti eleganti e spesso milionari, unghie perfette, l’immancabile tè delle cinque: appartengono a una categoria diversa, una minima parte, lontana anni luce dalle donne vere.

Tutto in loro è apparenza, perché se si scava un po’ dietro quella facciata scintillante, spesso si scoprono problemi economici rilevanti e fragilità molto più grandi di quelle delle donne che lavorano davvero. Non sono migliori, sono solo diverse: un piccolo nucleo che vive di riflessi e di vanità, riconoscibile a colpo d’occhio, sempre nelle stesse foto, negli stessi eventi, negli stessi salotti.

E poi basta guardare le campagne elettorali: sempre le stesse scene. Le vedi mettersi in posa in prima fila, con il fotografo personale dietro che le immortala da ogni angolazione, scattando dieci foto per sceglierne una da pubblicare sui social. Un set permanente, una messa in scena che sfiora il grottesco. Sembrerebbe la trama di un film, se non fosse che stiamo parlando di chi pretende di rappresentarci, di chi chiede la fiducia dei cittadini. E allora la domanda è semplice: affidereste le chiavi della vostra città, della vostra regione, del vostro paese a chi vive di pose e riflessi? Io, sinceramente, nemmeno quelle del ripostiglio darei.»

Che tipo di strategia pensa ci sia dietro questi attacchi?

«È semplice: si vuole zittire chi fa il suo lavoro, chi non si piega. Vogliono imbavagliare la critica, limitare la libertà di stampa. È un tentativo di intimidire, di far passare il messaggio: “se tocchi certi nomi, ti attacchiamo”. Ma non capiscono che la mia unica fedeltà è verso i lettori e la verità. Non sono né di destra né di sinistra, sono libero. E questo, a molti, dà fastidio.»

Ma la persona in questione, direttore, ha una social manager?

Una professionista esperta di comunicazione digitale, dicono.

«Beh, sono contento per lei. Ognuno ha le risorse che può permettersi. Forse qualcuno dimentica che in ogni mio evento organizzato porto decine di migliaia di persone. E nel 2015 ne portai a Martina Franca cinquecentomila. Quindi non credo proprio di essere secondo a nessuno in fatto di comunicazione. Anzi, direi che quando parlo di pubblico, io parlo per esperienza… non per algoritmo.»

Alcune delle critiche la accusano di misoginia. Come risponde?

«È un’accusa ridicola, anzi grottesca. Io misogino? Ma per favore. Ho trascorso tutta la mia vita accanto a donne vere, a mia moglie, alle mie tre figlie, alle mie nipotine, che sono la mia forza, il mio equilibrio, la mia felicità quotidiana. E ogni giorno incontro donne straordinarie, che lavorano, che si sacrificano, che combattono. Come potrei essere misogino? Mi scagiona la mia stessa vita. Solo chi non ha argomenti inventa certe accuse.»

Chi sono per lei, dunque, le “donne vere”?

«Le donne vere non hanno filtri, hanno dignità. Non si fotografano, si fanno rispettare. Sono le infermiere che montano e smontano i turni di notte. Le dottoresse che lavorano fino a tardi, le insegnanti che preparano le lezioni e correggono i compiti dopo cena. Le operaie che tornano a casa con le mani stanche e la testa alta.

Le donne delle pulizie, che si alzano all’alba per arrotondare lo stipendio, per mantenere i figli all’università, per mandare avanti la famiglia. Le commesse che stanno in piedi tutto il giorno, le donne che aprono piccole attività e non sanno se a fine mese riusciranno a pagare il fitto o la bolletta della luce. E poi le casalinghe, che lavorano forse più di tutte, anche se nessuno le chiama “lavoratrici”: si svegliano all’alba, tengono in piedi la casa, fanno economia su ogni spesa per far bastare lo stipendio del marito, contano gli euro al supermercato e risparmiano su se stesse per non far mancare nulla ai figli.

Quelle sono le donne vere, quelle che lavorano diciotto ore al giorno senza mai timbrare un cartellino. Le madri che si dividono tra casa, lavoro e figli, le donne che combattono ogni giorno per la normalità, quella vera, che non ha filtri e non ha sponsor. Quelle che non conoscono il parrucchiere, che se ci vanno è una volta ogni morte di papa. Donne che non si possono permettere un abito firmato, ma ogni giorno indossano la loro forza. Queste sono le donne che rispetto.

E se andiamo in fondo, scopriamo che qualcuna di quelle sempre perfette e pettinate, dietro le apparenze, ha forse più problemi economici di chi fatica davvero. Solo che lì, dove regna l’estetica, la verità non entra: conta solo l’immagine.»

Lei ha anche criticato la cosiddetta parità di genere. Perché?

«Perché è una boiata. E’ diventata una formula vuota, un alibi politico. Non è la parte inferiore del corpo a fare la differenza tra un uomo e una donna, ma quella superiore. Il cervello, la testa, le idee. Ci sono donne che valgono più degli uomini, e uomini che valgono più di certe donne. Il merito non ha sesso, ha sostanza. E non si vota una donna perché è donna, ma perché è brava e capace. Cosa ha fatto fin’ora? Ecco, fate loro questa domanda. Si sono riscoperte politiche senza aver amministrato nemmeno la loro economia domestica. E mi fermo quì.

Così come non si vota un uomo perché è uomo, ma perché è capace ed ha dimostrato di esserlo nella sua vita fino ad oggi. Io sarei un pessimo politico. Questa è la vera uguaglianza. Io sono a favore delle donne, ma delle donne capaci. Non certo di questo piccolo nucleo di signore, che della realtà non hanno mai sentito nemmeno l’odore.»

E dopo tutti questi attacchi, come intende reagire?

«Io non mi difendo, mi spiego. Tutto quello che è stato scritto o detto è già nelle mani dei miei avvocati. Ogni offesa e diffamazione finirà in tribunale. E ogni euro che sarà risarcito sarà donato pubblicamente a donne in difficoltà. Toglierò alle pseudo-ricche per dare alle donne che ne hanno bisogno, quelle che hanno le mani che odorano di lavoro. Perché chi mi conosce sa che io non faccio le cose di nascosto: io ci metto sempre la faccia.»

Un messaggio finale ai suoi detrattori?

«Sì, uno solo: non è attaccandomi che mi fermerete. Io non mi pettino al vento del potere. Quando i phon si spegneranno e gli specchi non rifletteranno più i filtri, resterà solo la sostanza. E quella, purtroppo per voi, non si compra dal parrucchiere. E parafrasando Lucio Battisti: io ho tante donne per amico. Donne vere, non di cartone. Quelle che non si fanno i capelli, ma si fanno valere.»

Redazione Pugliapress

PugliaPress Quotidiano cartaceo e online dal 7 dicembre del 2000 redazione@pugliapress.it direttore@pugliapress.it

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