Calcio

GIORGIO NARDELLO: OTTANT’ANNI DI MEMORIA, CUORE ROSSOBLÙ E PASSIONE INFINITA

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di GUGLIELMO DE FEIS


Il prossimo 3 marzo compirà ottant’anni, ma la memoria è ancora di ferro ed è ancora un iperattivo come istruttore di calcio in una scuola calcio di un oratorio bresciano, città nella quale si è stabilito da alcuni anni con la moglie Annamaria per stare vicino alla figlia Valentina, nata a fine febbraio del 1978 a Grottaglie pochi giorni dopo la tragedia di Iacovone, e all’adorato nipotino Giacomo di dieci anni. Giorgio Nardello, vicentino doc della vicina Velo d’Astico, ancora oggi si commuove a ricordare i suoi sei anni rossoblù.

“Taranto? Lo sai bene (ci conosciamo da oltre venticinque anni) che per me è parte della vita non solo calcistica. Una città meravigliosa che ancora oggi porto nel cuore, gente stupenda e tifoseria da serie A. La mia venuta da voi fu un po’ grottesca (ride di gusto)… praticamente ero in forza al Brescia (al fianco degli ex Fanti e Berlanda oltre a un giovanissimo Spillo Altobelli) e non trovavo spazio. Allora, tramite il compianto Ivan Romanzini, mio concittadino col quale ero cresciuto nel Vicenza dal settore giovanile (erano coetanei, si passavano appena tredici giorni), ebbi questa possibilità e il presidentissimo Di Maggio fece di tutto per risolvere una trattativa che alla lunga si era rivelata complessa, tanto che venne personalmente a prendermi in Lombardia col treno e mi portò giù da voi col vagone letto. Avevo già un figlio (Luca, oggi 53enne che vive in Alto Adige sul Lago di Garda) e mi trovai a mille chilometri da casa per la prima volta nella mia vita. Però il primo anno fu purtroppo quasi meteora, visto che il compianto Invernizzi non mi fece quasi mai giocare (appena sei presenze)”.

Prima di Taranto pochi sanno di un biennio a Rovereto con al fianco l’ex tecnico rossoblù Massimo Silva e un certo Romeo Anconetani nelle vesti di osservatore della società trentina. “Il primo era un signor centravanti e lo ricordo con enorme affetto, una persona eccezionale che ha vissuto secondo me una carriera meno di quello che meritava, visto che era fortissimo sotto rete. Il secondo cominciai a conoscerlo visto che era spesso al campo a visionare e portare calciatori (era un mediatore squalificato a vita per una vicenda di corruzione dal 1955 e riabilitato dopo il trionfo azzurro in Spagna con la famosa amnistia federale) e notai come capisse di calcio in modo approfondito e metodico. La storia del Pisa parla chiaro: ha portato una cittadina che è un terzo di Taranto addirittura a vincere in Europa (la Mitropa Cup due volte)!”.

Mazzetti, Fantini, Seghedoni e Rosati in seguito come tecnici. “Personaggi diversi del tutto tra loro sotto ogni aspetto. Il primo era un padre e capiva tutti con grande umanità; il secondo era mio conterraneo (originario di Venezia) e spesso sceglieva un po’ in base alle sue simpatie, anche se ho un bellissimo ricordo sul lato umano. Il terzo era il classico sergente di ferro che non transigeva su nulla, un autentico tipo tosto che pretendeva precisione e applicazione nelle sue direttive e non era facile andarci d’accordo. L’ultimo invece lo ricordo come un finto burbero, anche se ci fece correre di brutto sin dal ritiro estivo”.

Taranto oggi annaspa in Eccellenza. “Un’autentica assurdità che la città non merita assolutamente. Ma purtroppo senza società forti non fai strada e qui a Brescia, dove ormai vivo da anni, sono rinati da un fallimento acquisendo il titolo della Feralpisalò e chiaramente ripartire da zero, sebbene sia serie C, non è mica semplice. A Vicenza sono primi (stesso girone) ma hanno una dirigenza concreta e strutturata oltre a una grossa solidità economica. E risalire, posso dirlo senza mezzi termini, è sempre difficile per tutti”.

Oggi allena i giovani calciatori nella città della Leonessa. “Mi diverto a coordinare una scuola calcio di un oratorio locale, mi piace insegnare calcio. L’ho anche fatto quando abitavo in Veneto (nella vicina Arsiero) ma non è facile gestire ragazzini di 10-14 anni, bisogna anche saperli capire sul lato psicologico. Fatico parecchio sotto questo aspetto, tutti sperano di diventare campioni, invece dico sempre che il pallone deve essere solo un divertimento”.

Di quel Taranto quasi tutti sono fuori dal giro e hanno cambiato anche lavoro. “Anche io ho dovuto ricominciare come operaio in una fabbrica di caldaie nel vicentino, se è per questo. Non è una cosa anomala: uscire dal giro implica anche trovarsi in mezzo a mille incognite. Quanti ex calciatori, una volta smesso di giocare, rimangono fuori? Il numero è incalcolabile…”.

Sacrosanta verità, Capitano: portò la fascia al braccio dal 1977 al 1979.


Francesco Leggieri

Giornalista pubblicista. Collaboratore, a vario titolo, di altre redazioni sportive di giornali, radio e televisioni nazionali. Esperto di attività Audiovisive, fotografiche e cinematografiche (diploma don Orione di Roma 1985). Presentatore televisivo e radiofonico per varie emittenti locali e di eventi anche a carattere nazionale. Scrittore. E' in uscita il suo terzo libro. Esperienza nelle attività di pubbliche relazione in ambito militare.

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