Harakiri del centrodestra in Puglia e la vittoria di Pirro


Una Puglia ferita dall’astensione, il centrodestra autore di un clamoroso harakiri e una vittoria che, rapportata agli aventi diritto, diventa politicamente ridicola.
Una vittoria che sa di sconfitta: in Puglia nessuno ha vinto davvero

Le elezioni regionali pugliesi consegnano un quadro politico che ha dell’incredibile: sorridono tutti, ma hanno perso tutti. Chi rivendica il successo lo fa senza considerare un dato fondamentale: la maggioranza dei pugliesi ha scelto di non votare. Senza il popolo, nessuna vittoria è una vera vittoria.
L’astensione, ancora una volta, è stata il primo partito. Una bocciatura generale che colpisce ogni schieramento e che racconta molto più delle percentuali ufficiali. È il segnale di una democrazia che si regge sempre di più su una minoranza della minoranza.
Vent’anni di governo e il rifiuto degli elettori: il passato presenta il conto
La stessa coalizione che governa la Puglia da vent’anni alla guida della regione, ma con un fatto evidente: molti dei suoi elettori storici, questa volta, non si sono presentati alle urne. Non sono passati dall’altra parte, non hanno scelto il fronte opposto, hanno semplicemente scelto il silenzio.
È un ritiro che vale come una bocciatura. Un messaggio chiaro: quel modello di governo, quel modo di intendere il potere regionale, non convince più come prima. Il risultato non è un trionfo, ma un campanello d’allarme per chi pensa di poter continuare come se nulla fosse.
Il harakiri del centrodestra: una candidatura che è sembrata un regalo
Sul fronte opposto, il centrodestra ha compiuto un vero harakiri politico. La candidatura di Lobuono, persona rispettabile ma non certo trascinante, è apparsa sin dall’inizio come un autogol, quasi un regalo fatto agli avversari. Il distacco con Decaro era chiaro già alla vigilia e nessuno, a livello nazionale, ha dato l’impressione di volerlo davvero colmare.
È sembrata una partita giocata per dovere, non per convinzione. Una candidatura messa lì come un tassello su una casella, più per obbligo che per ambizione. In molti, nel centrodestra, hanno persino sussurrato che un candidato come Vannacci avrebbe potuto prendere molti più voti. Che sia vero o no, il messaggio è chiaro: è mancata una figura capace di interpretare il malessere e la rabbia di chi ha preferito stare a casa invece di votare.
Il paradosso dei sorrisi: la minoranza che si comporta da vincitrice
Il quadro finale è surreale: festeggiano anche quelli che hanno perso. Festeggiano quelli che, rispetto al passato, hanno raccolto meno voti. Festeggiano quelli che chiamano vittoria una percentuale che, una volta rapportata agli aventi diritto, si riduce a un numero politicamente ridicolo.
La domanda, a questo punto, è inevitabile: di che cosa state festeggiando? Qual è il mandato reale? Qual è la legittimazione concreta, se la maggioranza dei pugliesi ha voltato le spalle alle urne? La verità è che una vittoria costruita su una base così fragile è formalmente valida, ma politicamente debole.
Decaro e la promessa di una rottura con gli schemi del passato
Nelle prime ore successive al voto, Antonio Decaro ha fatto capire di voler tagliare il cordone ombelicale con certi schemi consolidati del centrosinistra pugliese. Ha lanciato segnali di autonomia rispetto a Michele Emiliano e alla stessa segreteria nazionale del PD, come a dire che una fase è finita e che se ne apre un’altra.
Resta da capire se si tratterà di una rottura vera o soltanto di un aggiustamento tattico. Gli elettori, però, hanno dimostrato di non fare più sconti a nessuno. Nemmeno a chi, fino a ieri, sembrava godere di un consenso quasi automatico.
L’astensione come voto implicito: la grande incomprensione degli elettori
C’è anche un altro dato che andrebbe spiegato con più onestà: non votare è comunque un voto. È un voto ceduto ad altri, un voto passivo ma determinante. Questa volta l’astensione ha inciso più di qualunque lista e di qualunque candidato, orientando il risultato tanto quanto, se non più, delle croci sulle schede.
La Puglia ha scelto anche attraverso il silenzio. E questo silenzio pesa più dei cori di piazza, più dei discorsi trionfalistici nelle sedi di partito, più delle conferenze stampa in cui ci si proclama vincitori senza avere alle spalle la partecipazione del popolo.
Una Regione che sorride senza motivo
Questa analisi ci consegna un’unica verità: la Puglia sorride, ma non ha motivo di sorridere. La democrazia è stata ridotta, la partecipazione è stata umiliata e la politica si comporta come se nulla fosse. Il centrodestra ha compiuto un karakiri, la coalizione vincente ha perso pezzi importanti del suo elettorato, e la maggioranza dei cittadini ha scelto di restare a casa.
In queste elezioni ha perso la Puglia intera, anche chi oggi alza le braccia al cielo. Perché senza partecipazione non c’è rappresentanza, e senza rappresentanza non c’è democrazia. Il resto sono solo numeri da conferenza stampa.
Antonio Rubino è giornalista, editore e direttore del Gruppo Puglia Press e de La Voce del Popolo. Esperto di comunicazione e organizzatore di grandi eventi, ha collaborato anche con la RAI. Leggi la biografia completa




