Filiera della canapa: decisione del Consiglio di Stato apre nuovi scenari
La filiera della canapa italiana potrebbe essere interessata da un cambio di scenario dopo la decisione del Consiglio di Stato di rimettere alla Corte di giustizia dell’Unione europea la valutazione sulla compatibilità del divieto relativo alle infiorescenze. Una scelta considerata significativa per un comparto dal valore stimato di mezzo miliardo di euro, che coinvolge migliaia di imprese e lavoratori. L’associazione agricola regionale ha evidenziato l’importanza del provvedimento per la tutela delle attività produttive del territorio.
La filiera della canapa e il nodo del Decreto Sicurezza
La questione riguarda l’articolo 18 del Decreto Sicurezza, che vieta l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto e la consegna delle infiorescenze di canapa, anche in forma semilavorata o trasformata. Il divieto comprende creme, oli, resine ed estratti derivati dalla pianta, escludendone di fatto la commercializzazione anche quando destinati ad usi non ricreativi.
Secondo le associazioni agricole, equiparare la canapa a una sostanza illegale contrasta con la natura della coltura, che presenta livelli di THC inferiori allo 0,3% e non possiede effetti psicotropi. La lavorazione delle infiorescenze rappresenta inoltre una quota essenziale del reddito dei produttori, e la sua limitazione rischierebbe di compromettere l’intera filiera della canapa, mentre prodotti analoghi continuano a essere distribuiti nei mercati esteri.
Usi, impieghi e valore economico della coltura
Dalla canapa derivano oli per la cosmetica, resine, tessuti naturali e materiali destinati alla bioedilizia, tra cui eco-mattoni con proprietà isolanti. La fibra, resistente e versatile, trova applicazione nell’abbigliamento e nell’arredamento, mentre dagli scarti può essere prodotto pellet per riscaldamento con combustione pulita.
Le produzioni legate alla filiera della canapa risultano inoltre compatibili con uno sviluppo agricolo sostenibile. La coltura contribuisce alla riduzione dell’impatto ambientale, del consumo di suolo, della desertificazione e della perdita di biodiversità, risultando indicata nei contesti rurali del Mezzogiorno caratterizzati da fragilità ambientale.
Un ritorno storico per un comparto tradizionale
La coltivazione della canapa in Italia ha radici consolidate: fino agli anni ’40 il Paese era tra i maggiori produttori mondiali, con circa 100mila ettari coltivati. La progressiva industrializzazione, l’introduzione delle fibre sintetiche e le campagne internazionali contro gli stupefacenti hanno poi determinato una forte contrazione del settore.
Oggi, grazie alla crescente attenzione verso materiali naturali ed economie circolari, la filiera sta vivendo un nuovo interesse e potrebbe beneficiare di un aggiornamento normativo più allineato agli standard europei.
La decisione del Consiglio di Stato apre una fase di attesa per imprese e operatori, che seguono con attenzione il rinvio della normativa alla Corte di giustizia europea. L’esito della valutazione potrebbe incidere sul futuro della coltivazione, sugli investimenti programmati e sulla continuità occupazionale di un settore in rapida evoluzione. Ulteriori sviluppi sono attesi nei prossimi mesi, quando saranno rese note le interpretazioni giuridiche a livello comunitario.
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