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Massafra, firme e intrighi per colpire Renato Perrini e Giacomo Conserva alla vigilia delle regionali

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Un’inchiesta lampo sulle firme scuote la politica pugliese: nel mirino i Consiglieri Regionali Perrini e Conserva e … altre diciotto persone

La politica non smette mai di sorprendere, soprattutto in Puglia. C’è sempre un momento, alla vigilia di una campagna elettorale, in cui spunta un caso capace di turbare il clima e mettere lo sgambetto ai più forti. Questa volta è successo a Massafra.

La storia delle firme in Italia è un romanzo che non finisce mai. Ogni volta che arriva il momento di presentare le liste, ecco la solita questione: firme raccolte, firme duplicate, firme “alla buona”. Diciamolo: da che mondo è mondo, nessun partito è immune dai sospetti. È un rito antico, poco trasparente, che in certi casi diventa quasi folcloristico.

Eppure, stavolta a Massafra non parliamo di folklore ma di un’inchiesta chiusa a tempo di record, forse grazie a delle segnalazioni artatamente costruite da chi ha creato il Fatto. Firme doppie, firme all’insaputa dei cittadini, addirittura quella di un non vedente incapace di firmare. Una giungla, raccontano le carte. E la magistratura? In pochi mesi indaga e chiude il fascicolo. Applausi, verrebbe da dire: magari la giustizia fosse sempre così rapida. Ma guarda caso, la chiusura arriva proprio in coincidenza con la campagna per le regionali. Permetteteci il sospetto: puzza di campagna elettorale.

Intanto, la notizia indebolisce due Consiglieri Regionali uscenti a meno di due mesi dal voto: Renato Perrini, capogruppo alla Regione di Fratelli d’Italia, e Giacomo Conserva, consigliere regionale della Lega. Poi si vedrà. Anche se dovessero arrivare assoluzioni con formula piena, la condanna politica resterebbe comunque e potrebbe intanto influenzare gli elettori. A Renato Perrini intanto è arrivata la solidarietà di tutti i Consiglieri Regionali di Fratelli d’Italia

C’è un dettaglio che rende la vicenda ancora più surreale: il candidato sindaco per cui furono raccolte le firme incriminate non è un politico qualsiasi, ma un ufficiale della Guardia di Finanza. Proprio quella Forza dell’Ordine che dovrebbe già essere sinonimo di correttezza e dovrebbe perlomeno garantire una inchiesta più approfondita .

E qui entra in scena Renato Perrini. Non un consigliere qualunque: alle ultime regionali fu il più votato in assoluto con 10.208 preferenze nella sola circoscrizione di Taranto. Pensare che il capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio Regionale si metta a trafficare con le firme è assurdo. È come immaginare che esca da un bar fingendo di dimenticare di pagare il caffè. Non sta né in cielo né in terra.

La verità è che Perrini è diventato un bersaglio politico. Anche nel suo stesso partito, direte voi? Tempo al tempo. È l’obiettivo da colpire e, possibilmente, da bloccare alla vigilia della nuova competizione elettorale.

Il sospetto, forte, è quello del fuoco amico. Non crediamo a trame di altri partiti: qui il mandante sembra interno. Perrini è stimato da tutti, porta consenso, è un punto di riferimento soprattutto per le battaglie sulla sanità. Ed è per questo che qualcuno, nel suo stesso ambiente politico, lo considera un ostacolo.

Chi potrebbe essere? Forse una “dama nera”, accecata da ambizione esasperata, una sorta di matrigna di Biancaneve ossessionata dallo specchio del consenso e pronta a tutto pur di eliminare chi ne oscura il riflesso?

Ironico il soprannome, ma calzante per chi, presentandosi come sociologa senza esserlo, ha già mostrato spregiudicatezza politica. Una dama che si muove nell’ombra, pronta a sfruttare ogni pretesto pur di indebolire chi rischia di oscurarne la “bellezza” e che, guarda caso, ambisce a una poltrona nel Consiglio Regionale.

La notizia che mette tutti d’accordo sulla dinamica che ha portato alla chiusura delle indagini è la velocità con cui si è mossa la magistratura. In soli quattro mesi (agosto compreso) si è aperta e chiusa un’inchiesta con 20 indagati. Ma alla stampa sono stati comunicati solo due nomi, guarda caso proprio Perrini e Conserva, gli unici candidati alle prossime regionali. Sarà una coincidenza?

Non siamo davanti a un esempio virtuoso di efficienza: sembrerebbe una vicenda che sa di campagna elettorale, quella che ci riporta indietro nel tempo.

Quando la giustizia corre a braccetto con il calendario politico, la democrazia perde credibilità. Quello che resta, al di là delle firme vere, false o inventate, è la sensazione che il cittadino sia usato come pedina in un gioco più grande. Ed è questo l’odore insopportabile: non quello delle firme, ma quello della politica che, ancora una volta, sa di polvere da sparo sparata contro i propri alleati.

Antonio Rubino

Antonio Rubino è giornalista, editore e direttore del Gruppo Puglia Press e de La Voce del Popolo. Esperto di comunicazione e organizzatore di grandi eventi, ha collaborato anche con la RAI. Leggi la biografia completa 

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