MASSIMO BARBUTI: “TARANTO MERITA LA SERIE A, MA SENZA UN PROGETTO NON SI VA LONTANO”

Oggi è uno stimato imprenditore a Parma, città nella quale si è stabilito da oltre quarant’anni. In rossoblù ha militato nella stagione 1981-82, segnando nove reti, anche se passò più alla ribalta per il suo carattere introverso e i rapporti spesso conflittuali con il tecnico Angelo Carrano. A 67 anni ben portati, Massimo Barbuti è ormai fuori dal calcio da molto tempo e si dedica alla sua attività imprenditoriale con Pagine Sì S.p.A., società che opera nel campo dell’editoria in tutta Italia e ha sede proprio nella città emiliana.
“Oggi seguo poco il calcio, visto che svolgo quest’attività da diversi anni. Onestamente non mi manca nemmeno, perché è un ambiente che non mi entusiasma più. Troppe cose sono cambiate rispetto ai miei tempi: procuratori che comandano, società mal gestite, scuole calcio in cui non ti insegnano nulla… una serie di fattori che mi hanno fatto perdere entusiasmo. Ormai ai più piccoli escludono anche la tecnica, una cosa gravissima di cui sono letteralmente basito.”
Una stagione in rossoblù contorta, non solo per l’undicesimo posto finale.
“Ero giovane ed avevo un carattere esuberante, ero anche appena sposato (poi mi sono separato). Ammetto che con Carrano sbagliai quella volta a non accettare la sostituzione (nella gara casalinga contro il Livorno, terminata a reti inviolate), ma ancora oggi gli sono grato per tutto. Purtroppo incisero anche problemi societari, e si era reduci da una retrocessione che fu una botta difficile da smaltire per l’ambiente, dopo tanti anni di Serie B. Ancora oggi mi dispiace e mi scuso personalmente col mister. Mi auguro che stia bene e lo abbraccio di cuore.”
Sull’Eccellenza, una categoria non all’altezza della città.
“Ma certo che no, diamine! Un pubblico come quello tarantino è da Serie A! Ho conosciuto tante tifoserie calorose come quelle di La Spezia, Parma, Ascoli Piceno e Foggia, ma quella rossoblù merita ampia stima e considerazione eterna per la sua enorme passionalità. Mi domando come mai da voi non si sia mai arrivati alla massima divisione, visto che le altre piazze l’hanno vissuta e ad ottimi livelli. Parma ha anche vinto in Europa, come ben sapete, e ha scritto la storia del calcio negli ultimi 35 anni con coppe e piazzamenti di vertice. Ad Ascoli ho debuttato in A e segnai una rete assurda contro il Milan a San Siro, che ci diede una vittoria e sbancò le quote del Totocalcio! Sono da sempre di questo avviso: come dice Arrigo Sacchi, non serve essere un bravo fantino per guidare un cavallo! Questo deve far capire che bisogna saper progettare. Anche se oggi tutte le mie ex squadre stentano in categorie non alla loro altezza, lo stesso Parma da anni lotta per non retrocedere, pur essendo di proprietà americana.”
Dal 1979 ad oggi, Taranto ha cambiato presidenti e denominazioni sociali. Da quasi 33 anni manca dalla Serie B.
“Il problema del calcio odierno risiede in troppa gente inabile a gestire le varie situazioni, ed ecco la risposta. Troppe società falliscono facilmente o hanno segni meno in classifica. Vedi la Serie C, che ogni anno presenta situazioni comiche! Io ho anche allenato a Fidenza, qui vicino (tra i miei dipendenti anche il grottagliese doc Loris Formuso), ed ho capito che senza un manico solido non ottieni nulla! Potevo fare carriera con Massimiliano Allegri, che mi propose anni fa di fargli da secondo, ma dopo una cena insieme decisi di rinunciare. Forse sbagliai, ma non me la sentii. Mi dispiace che Taranto debba militare in una categoria per me incommentabile per il blasone di questa società. Ma finché non costruisci un progetto, non otterrai mai niente.”
Eppure in quella squadra uscì un giovane Angelo Adamo Gregucci, oggi al timone della Sampdoria.
“Un ragazzo in gamba, che aveva qualità. Si allenava spesso con noi già da inizio stagione. Non sapevo che abbia fatto questa carriera da allenatore, anche se da difensore era molto forte. Lo abbraccio affettuosamente. Mi permettete gentilmente di dire una cosa?”
Prego.
“Voglio dire a tutta Taranto e ai tifosi rossoblù che sono sempre legatissimo a loro e che auguro finalmente di uscire da queste categorie ridicole e incommentabili. È scandaloso che una città come la vostra debba disputare il derby con il Massafra, con tutto il rispetto per la società in questione, sia chiaro. O sfide contro l’Acquaviva delle Fonti o l’Ugento… ovviamente senza offendere nessuno, ci mancherebbe altro. Non so ora come è strutturata la società, ma se mi dite che le ambizioni sono di qualità è già un grosso tassello. Qui a Parma, dopo il fallimento del 2015, si è ripartiti dalla Serie D vincendo tre campionati consecutivi. Saper progettare è un fattore importantissimo: senza quello non vinci nemmeno un torneo di quartiere!”
Per concludere, molti suoi compagni oggi sono fuori dal giro.
“Non voglio ripetermi, purtroppo questo è un mondo in cui servono amicizie e sponsor che contano. Altrimenti sei fuori subito. Mi dite che gente come il massaggiatore Brindani, che saluto con enorme affetto per la sua eccezionale umanità, prende una pensione quasi al minimo sindacale? Questo conferma come, purtroppo, quando esci da un portone non ti verrà mai più aperto! Vi dico una cosa: a Parma giocai con un certo Fabrizio Di Pietropaolo (romano, uscito dal vivaio giallorosso), che era un talento di cui si parlava un gran bene, oltre che ottima persona a livello umano. Alla fine, purtroppo, ci ha lasciati nel 2002 a nemmeno quarant’anni (a causa della SLA), senza essere più considerato da nessuno, dopo che — da quanto mi dite — aveva terminato la carriera nei dilettanti dalle parti della capitale, svolgendo un’altra attività lavorativa. E senza che la sua famiglia ricevesse un aiuto o un gesto di cordoglio da parte della società in cui militavamo o dagli addetti ai lavori! Come il povero Crescenzo Scungio, con cui militai da voi: altro caro ragazzo che ricordo con enorme affetto. Io ho scelto di costituire questa società che è una S.p.A. ed ho una buona clientela in tutta Italia. Sinceramente credo che sia stata una scelta coerente.”
Come dargli torto, visto ciò che vive il calcio attuale?
Intervista a cura di Guglielmo De Feis, noto giornalista sportivo.

Giornalista pubblicista. Collaboratore, a vario titolo, di altre redazioni sportive di giornali, radio e televisioni nazionali. Esperto di attività Audiovisive, fotografiche e cinematografiche (diploma don Orione di Roma 1985). Presentatore televisivo e radiofonico per varie emittenti locali e di eventi anche a carattere nazionale. Scrittore. E’ in uscita il suo terzo libro. Esperienza nelle attività di pubbliche relazione in ambito militare.




