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In memoria di chi cercava di raccontare l’orrore

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Una testata giornalistica non può esimersi, in momenti come questi, dal guardare a quello che accade ai professionisti dell’informazione che stanno provando a raccontare, a testimoniare, l’inferno che si vive quotidianamente, da quasi due anni, nella Striscia di Gaza.

Più volte abbiamo espresso il nostro pensiero sulla vicenda israelo-palestinese, dando anche spazio alle diverse iniziative che si sono tenute in Puglia per denunciare i crimini contro l’umanità consumatisi dopo gli attentati del 7 ottobre 2023 e che continuano a consumarsi, davanti ad un mondo che assiste alla situazione impotente.

Con l’attacco di ieri costato la vita a 5 giornalisti, è salito a 268 il conto complessivo delle vittime fra gli operatori dell’informazione dall’inizio dell’invasione dell’esercito israeliano. Sono seguite “scuse per l’errore” da parte di Israele, la solita frase di circostanza che siamo abituati ad ascoltare quasi come se attaccando un ospedale ci si possa meravigliare di colpire degli innocenti. La quasi totalità delle vittime di questo sterminio è composta, come sappiamo, da civili, da medici (tantissime anche le vittime fra questa categoria personale) a fronte di qualche migliaio di miliziani di Hamas.

I giornalisti rimasti uccisi nel raid di ieri sono Hossam al-Masri, un cameraman dell’agenzia di stampa Reuters, Moaz Abu Taha, (reporter che non lavorava per l’emittente statunitense NBC come inizialmente riportato) il fotoreporter di Al Jazeera, Mohammed Salama, e Mariam Abu Daqa, una giornalista che collaborava con diversi media, tra cui l’Independent Arabic e l’Associated Press. Secondo Sky News, il quinto reporter ucciso è Ahmed Abu Aziz, morto a causa delle ferite riportate dopo i raid. Ieri Wafa aveva dato la notizia della morte di un operatore di Palestine Tv, Khaled Al-Madhoun, ucciso in un raid nella zona di Zikim, a nord della Striscia.

Un medico dell’ospedale Nasser di Khan Yunis, sul quale si è schiantato il drone kamikaze inviato dall’esercito israeliano, Saber al-Asmar, ha affermato che i pazienti stanno “scappando” dalla struttura “per paura” di un altro attacco israeliano. “Eravamo come tutti gli altri all’interno dell’ospedale, facevamo semplicemente il nostro lavoro con una grave carenza di attrezzature, strumenti e farmaci. E mentre tutti stavano facendo il proprio lavoro, è arrivato questo massiccio attacco”, ha detto il dottore, aggiungendo che il raid è avvenuto mentre nell’ospedale c’erano studenti, medici e giornalisti.

Una testimonianza che dimostra quanto siano irricevibili le scuse da parte dell’aggressore. Gli ultimi martiri aggiungono pena ulteriore a questo indicibile massacro e meritano, quantomeno, una nota di cordoglio anche da questa pagina d’informazione.

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